LA VOCE ARANCIONE. Il Blog di Matteo Cazzulani

LA RUSSIA DICHIARA GUERRA ALL’UCRAINA PER IL GAS

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on June 30, 2012

Il Monopolista russo, Gazprom, nega gli sconti per l’importazione di oro blu chiesti dal colosso ucraino Naftohaz, e minaccia ripercussioni a livello giudiziario. Il disegno politico dietro la questione energetica e i pericoli per l’Unione Europea e l’Italia

Il Capo di Gazprom, Aleksej Miller

Per il prezzo del gas Mosca e Kyiv sono di nuovo ai ferri corti. Nella giornata di venerdì, 29 Giugno, il monopolista russo, Gazprom, ha ventilato l’ipotesi di un ricorso all’Arbitrato Internazionale di Stoccolma se il colosso ucraino Naftohaz importerà una quantità inferiore di oro blu rispetto a quella pattuita da contratto.

Come dichiarato dal Capo di Gazprom, Aleksej Miller, l’Ucraina si è impegnata ad acquistare dalla Russia un minimo di 52 miliardi di metri cubi di gas all’anno, e, ad oggi, non vi è alcuna possibilità di rivedere le clausole contrattuali che Kyiv si è impegnata ad onorare, in quanto il negoziato per il ritocco delle tariffe può essere aperto solo a sei mesi dall’inizio del nuovo anno.

Oltre alla fissazione di un tetto minimo, il contratto tra Gazprom e Naftohaz – imposto dalla Russia all’Ucraina nel Gennaio 2009 per consentire il riavvio delle esportazioni di gas verso Occidente che Mosca ha precedentemente tagliato per destabilizzare il Governo di Kyiv – obbliga gli ucraini a pagare non meno dell’80% dell’oro blu importato nel corso di un anno.

Secondo i dati del 2012, durante il quale l’Ucraina ha importato la quota minima di 52 miliardi di metri cubi di gas, Naftohaz è dunque chiamata a saldare a Gazprom l’acquisto di 41,6 miliardi di metri cubi.

“L’Ucraina dovrà acquistare il minimo pattuito – ha dichiarato Miller all’agenzia RIA Novosti – il mancato rispetto degli accordi può costituire la base di un nostro ricorso”.

Le dichiarazioni di Miller contrastano con la posizione assunta dal Ministro dell’Energia ucraino, Jurij Bojko, che ha dichiarato a più riprese l’intenzione di importare dalla Russia non più di 27 miliardi di metri cubi di gas. Inoltre, lo stesso Bojko ha di recente illustrato all’agenzia Interfax di avere raggiunto un accordo coi russi per l’importazione in Ucraina di una quantità di oro blu russo persino inferiore ai 27 miliardi di metri cubi di gas.

Il giallo energetico tra Russia e Ucraina – l’ennesimo di una lunga serie che si sviluppa oramai da parecchi anni – nasconde però un preciso disegno politico. Mosca infatti intende portare la discussione legata alla riconsiderazione delle tariffe per il gas sul piano politico, con la precisa intenzione di ottenere da Kyiv importanti concessioni.

A renderlo chiaro è stato il Vicecapo di Gazprom, Aleksandr Medvedev, che alla UNIAN ha dichiarato come l’unica maniera per Naftohaz di ottenere uno sconto sul prezzo del gas sia la firma di un accordo internazionale tra le Autorità politiche russe e quelle ucraine.

Medvedev ha inoltre sottolineato come, ad oggi, non vi siano trattative in corso con gli ucraini, in quanto i russi non ritengono che vi siano le condizioni per la revisione delle clausole contrattuali, come invece dichiarato da Bojko.

“Se saranno raggiunti accordi che possono portare alla diminuzione del prezzo del gas, essi dovranno essere riconosciuti dal governo russo – ha dichiarato Medvedev – Il contratto attuale è ancora in corso e ha una valenza decennale dal momento della sua firma, avvenuta nel 2009”.

Su quali siano le concessioni politiche nel mirino della Russia, non vi è alcun dubbio nell’individuare la volontà di Mosca di ottenere il controllo dei gasdotti ucraini. Consapevole di non potere contare a lungo su un’alta disponibilità di gas, Gazprom sta infatti cercando di acquistare le infrastrutture energetiche dei Paesi europei per mantenere la propria egemonia nel Vecchio Continente anche in caso di ammanco dei rifornimenti.

I problemi per l’Italia e per l’Unione Europea

Il braccio di ferro energetico tra i russi e gli ucraini può portare a serie ripercussioni per l’Unione Europea e, in misura particolare, per singoli Paesi UE che dipendono fortemente dall’oro blu inviato dalla Russia attraverso l’Ucraina. In caso di nuovi tagli del gas e interruzioni delle forniture verso Occidente – che Mosca, così come in passato, potrebbe attuare durante i mesi invernali per costringere Kyiv a concessioni politico-contrattuali – gli Stati che più ne risentirebbero sono Slovacchia, Slovenia, Austria e Italia.

Ad oggi, questi Paesi sono privi di fonti di approvvigionamento energetico alternative in grado di supplire a una possibile carenza di gas dalla Russia, e il ritardo con cui vengono realizzati i progetti di diversificazione degli approvvigionamenti energetici messi a punto dalla Commissione Europea – puntualmente contrastato da Paesi filorussi come Germania e Francia e da colossi nazionali come l’italiana ENI – non fanno che rendere dipendente una buona parte del Vecchio Continente dai disegni politici di Mosca, e dai ricatti che il Cremlino impone ai Paesi vicini per ripristinare la sua egemonia imperiale nello spazio ex-sovietico.

Matteo Cazzulani

ALLARGAMENTO UE: MOLDOVA E TURCHIA SUPERANO L’UCRAINA

Posted in Unione Europea by matteocazzulani on June 29, 2012

La Commissione Europea concede a Chisinau il secondo step nel processo di integrazione, mentre i Ministri degli Esteri dei principali Paesi Europei firmano una lettera in sostegno alle aspirazioni europee di Ankara. La Russia esercita pressioni su Kyiv per l’ingresso dell’Ucraina nella Zona di Libero Scambio nello spazio post-sovietico

Il primo ministro moldavo, Vlad Filat

Al via il secondo step per l’integrazione in Europa della Moldova. Questa è la decisione presa dalla Commissione Europea nella giornata di giovedì, 28 Giugno, a conclusione dell’incontro tra il Commissario UE agli Affari Interni, Cecilia Malmstroem, e il Primo Ministro moldavo, Vlad Filat.

Come riportato dalla Malmstroem, Chisinau ha dimostrato un notevole progresso nella strada di avvicinamento agli standard europei, ed è sempre più vicina al completamento del processo di integrazione nell’UE.

L’Unione Europea ha dunque firmato un accordo che prevede la semplificazione della concessione dei visti a lungo termine per industriali, studenti e presidenti di ONG, l’aumento delle categorie di persone esentate dal pagamento dei visti Schengen, e l’eliminazione dell’obbligo del visto per chi possiede un passaporto biometrico e diplomatico.

Un altro Paese che avanza nel processo di avvicinamento all’Europa è la Turchia. Sempre giovedì, 28 Giugno, i Ministri degli Esteri della maggior parte dei Paesi UE – Germania, Polonia, Gran Bretagna, Ungheria, Italia, Bulgaria, Svezia, Lettonia, Estonia, Lituania, Spagna, Slovacchia, Slovenia, Romania, Portogallo, e Finlandia – con una lettera hanno lodato il ruolo ricoperto negli ultimi tempi da Ankara per la diffusione della democrazia in Medio Oriente e il contenimento dell’aggressività di alcuni regimi dittatoriali, come quello della Siria.

Oltre ad avere riconosciuto la capacità della Turchia di saper riformare il proprio sistema militare e giudiziario in senso occidentale, i firmatari della lettera hanno tuttavia invitato Ankara a migliorare la situazione legata ai diritti alle donne e alla tutela delle minoranze, su cui, secondo il documento, il Governo turco deve ancora avvicinarsi ai parametri di Bruxelles.

La Russia si riprende l’Ucraina

Il Paese che invece si sta allontanando dall’Europa è l’Ucraina. Nella giornata di mercoledì, 27 Giugno, il Presidente russo, Dmitrij Medvedev, si è recato in visita ufficiale a Kyiv per incontrare il suo collega, Viktor Janukovych, e il Primo Ministro ucraino Mykola Azarov.

Durante il vertice, Medvedev ha invitato Janukovych a ratificare al più presto il varo della Zona di Libero Scambio nella Comunità di Stati Indipendenti: un processo di integrazione economico fortemente voluto da Mosca per rinsaldare la sua egemonia nello spazio ex-sovietico.

Inoltre, i due Presidenti hanno firmato alcuni contratti per la collaborazione russo-ucraina nel settore dell’aviazione e dell’ingegneria spaziale, e, durante le dichiarazioni ufficiali, hanno riservato poca importanza al conflitto tra Mosca e Kyiv per la revisione delle tariffe del gas, su cui l’Ucraina richiede da tempo uno sconto.

Matteo Cazzulani

INDIPENDENZA ENERGETICA UE: AL VIA IL GASDOTTO TRANSANATOLICO

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on June 28, 2012

Ad Ankara, Turchia e Azerbajdzhan firmano l’accordo per l’avvio della costruzione di un’infrastruttura che consentirà il trasporto del gas dai giacimenti del Mar Caspio all’Europa senza transitare per la Russia, che ad oggi mantiene il monopolio sulle forniture di oro blu al Vecchio Continente. In risposta, Mosca rafforza la pressione sull’Ucraina per ottenere il controllo dei gasdotti di Kyiv e continuare la politica di espansione politica in Europa Orientale

Il sistema energetico della Turchia

Se l’Ucraina cede alla Russia, l’Europa guarda ad Anatolia, Caucaso e Mar Caspio per assicurarsi la propria indipendenza energetica. Questo è il quadro emerso nella giornata di mercoledì, 27 Giugno, durante il quale due sono stati gli episodi significativi che muteranno gli equilibri geopolitici nel Vecchio Continente.

Ad Ankara, con la presenza del Primo Ministro turco Tajip Erdogan e del Presidente Azero, Il’ham Alijev, Turchia e Azerbajdzhan hanno firmato l’accordo definitivo per la costruzione del Gasdotto Transanatolico – TANAP. Questa conduttura – compartecipata per l’80% dal colosso energetico azero SOCAR e per il restante 10% dalle compagnie turche BOTAS e TPAO – è progettata per trasportare 16 Miliardi di metri cubi l’anno di gas proveniente dall’Azerbajdzhan dal confine turco-georgiano alla Turchia Occidentale.

Oltre che per la portata – dai 16 miliardi di metri cubi di gas annui è previsto un ampliamento fino a 29 – la TANAP è importante dal punto di vista geopolitico, in quanto consente un collegamento diretto tra i gasdotti già costruiti per trasportare il gas azero in Turchia e quelli previsti dalla Commissione Europea, ma non ancora realizzati, per collegare la penisola anatolica al Vecchio Continente.

“L’Europa è un passo più vicina alla sua meta: l’importazione diretta di gas dall’Azerbajdzhan – ha dichiarato il Commissario UE all’Energia, Gunther Oettinger – La diversificazione delle forniture è indispensabile per la sicurezza dell’Unione Europea”.

Tra i progetti concepiti dall’UE come prolungamento della TANAP verso ovest, da tempo è in corso una concorrenza tra tre soggetti. Il primo di essi è il Nabucco Occidentale: gasdotto compartecipato dalla Compagnia austriaca OMV, dalla romena Transgaz, dalla bulgara Ven, dalla tedesca RWE, e dall’ungherese MOL, progettato per trasportare il gas azero dalla Turchia in Austria secondo un itinerario che passa per Romania, Ungheria e Austria.

La seconda alternativa, che riguarda l’Italia, è il Gasdotto Transadriatico – TAP. Questo gasdotto è progettato per unire la Turchia all’Italia Meridionale passando per la Grecia e l’Albania. Esso è compartecipato dalla compagnia norvegese Statoil, da quella elvetica EGL e dalla tedesca E.On. Con tutta probabilità, al consorzio si aggiungerà anche l’azienda italiana Enel.

Infine, la terza ipotesi europea è il Gasdotto Europeo Sud Est – SEEP: esso è compartecipato dal colosso britannico British Petroleum e dalla SOCAR, e si caratterizza per la messa in comunicazione delle infrastrutture energetiche già esistenti con lo scopo di trasportare il gas azero in Europa secondo un percorso parallelo a quello del Nabucco Ovest.

Oltre che per l’indipendenza energetica europea, la TANAP è fondamentale anche perché coinvolge nella politica del gas del Vecchio Continente il Turkmenistan. Questo Paese centro-asiatico sta cercando nuovi mercati ove collocare il gas e gli idrocarburi di cui è ricco, e l’Europa, cronicamente assetata di energia, rappresenta il cliente più appetibile.

Non è un caso se la notizia dell’avvio della TANAP è stata accompagnata da una dichiarazione del Presidente turkmeno, Gurbanuli Berdymukhamedov, che ha ventilato l’ipotesi di un accordo a tre tra il suo Paese, l’Azebajdzhan e l’UE per la sicurezza energetica europea.

“L’UE apprezza e sostiene il ruolo del Turkmenistan per la sicurezza delle forniture di gas -riporta una nota della Commissione Europea – Il mezzo con cui essa va ottenuta è la diversificazione delle forniture, attingendo dai giacimenti di provenienza centro-asiatica”.

La via anatolica è una soluzione quasi obbligata per l’Europa, dal momento in cui la Russia – che ad oggi detiene il controllo diretto ed indiretto del controllo delle forniture di oro blu al Vecchio Continente – continua ad avvalersi del monopolio sul gas come mezzo per portare a termine disegni di natura politica.

Dalla Russia niente sconti all’Ucraina

Ne è un esempio quanto accaduto, sempre mercoledì, 27 Giugno, durante la seduta della Commissione intergovernativa Russia-Ucraina. Aleksej Miller, il Capo del monopolista russo del gas, Gazprom, ha dichiarato che Mosca non concederà a Kyiv alcun ribasso delle tariffe per la compravendita di oro blu.

Di pari passo, il Cremlino si è detto pronto a concedere al colosso energetico ucraino Naftohaz un prestito di danaro per permettere all’Ucraina di acquistare il gas dalla Russia e di garantirne il transito verso l’Europa Occidentale.

Ad oggi, l’Ucraina paga il gas alla Russia secondo un tariffario molto più alto rispetto a quello applicato da Gazprom a Germania e Francia, e per questa ragione ha ipotizzato una sensibile riduzione delle importazioni di oro blu russo per potere acquistare carburante da altri fornitori – Turchia, Azerbajdzhan e Turkmenistan – a un prezzo inferiore.

L’altro prezzo imposto dal Cremlino a Kyiv è frutto di un preciso disegno politico, che mira a costringere l’Ucraina a cedere ai russi il possesso dei propri gasdotti. Dinnanzi ai progetti di diversificazione delle forniture varati dalla Commissione Europea, la Russia, pur di mantenere l’egemonia energetica in Europa, sta rilevando la gestione parziale e totale dei sistemi infrastrutturali energetici dei singoli Paesi UE e di quelli appartenenti alla Comunità Energetica Europea come, per l’appunto, l’Ucraina.

L’ulteriore realizzazione di questo scenario avrebbe conseguenze pesanti per la sicurezza nazionale dei Paesi UE, poiché essi si troverebbero fortemente condizionati dalle decisioni politiche di un solo Stato, che, peraltro, si sta ripresentando sulla scena internazionale con una forte connotazione imperiale.

Matteo Cazzulani

CASO TYMOSHENKO: ACCOLTE LE RICHIESTE DELL’ACCUSA

Posted in Ukraina by matteocazzulani on June 27, 2012

Sia la Corte di Cassazione che quella di Primo Grado rinviano l’esame dei procedimenti giudiziari a causa dell’assenza della Leader dell’Opposizione Democratica, nonostante le raccomandazioni dei medici curanti. Le proteste della Difesa, che decide di ricorrere alla Corte Europea per i Diritti Umani

La Leader dell’Opposizione Democratica ucraina, Julija Tymoshenko, durante una seduta del processo per gli accordi del gas

Non è bastata la presenza degli inviati speciali dell’Unione Europea per garantire lo svolgimento di un iter processuale regolare e veloce. Nella giornata di martedì, 26 Giugno, la Corte di Cassazione ha deciso di rinviare la seduta sul ricorso esposto dalla Leader dell’Opposizione Democratica, Julija Tymoshenko, contro la sentenza con cui, l’11 Ottobre 2011, è stata condannata a sette anni di detenzione in regime di isolamento per la firma, durante l’ultimo anno del suo premieranno, nel Gennaio 2009, di accordi energetici ritenuti sconvenienti per le casse dello Stato.

Nonostante una lettera in cui l’imputata ha richiesto esplicitamente di continuare il processo anche in sua assenza, e il referto dei medici tedeschi incaricati di curare la Leader dell’Opposizione Democratica, che hanno confermato l’impossibilità per l’imputata di recarsi in tribunale a causa di una grave ernia al disco, il Giudice, Stanislav Mishchenko, ha disposto un’indagine per appurare le reali condizioni di salute della Tymoshenko.

Critica la reazione dell’Avvocato Difensore, Serhij Vlasenko, che ha evidenziato come la presenza della sua assistita non sia obbligatoria: la Cassazione analizza infatti la maniera in cui è stato svolto il processo in primo grado, e non è un nuovo esame delle imputazioni che hanno portato alla condanna.

“Julija Tymoshenko ha inviato ben due dichiarazioni con cui ha richiesto di analizzare gli atti in sua assenza – ha dichiarato Vlasenko – il Giudice non sa riconoscere la differenza tra il primo grado e la Cassazione. Avevamo persino avvertito di questa differenza la Corte prima della seduta”.

A motivazione del rinvio, Vlasenko ha individuato la volontà da parte del Presidente ucraino, Viktor Janukovych, di impedire il ricorso della Tymoshenko alla Corte Europea dei Diritti Umani. Ciò nonostante, l’Avvocato è intenzionato a esporre ricorso alla Corte di Strasburgo, nonostante l’intero iter giudiziario presso le Corti ucraine non si sia ancora concluso.

“L’imputata si trova in una struttura medica – ha risposto il Procuratore Oksana Drohobyc’ka, della Pubblica Accusa – Abbiamo richiesto alla Corte il rinvio per dare la possibilità all’imputata di espletare appieno il suo diritto a presenziare al processo. E’ quindi importante attendere i risultati delle analisi mediche sulle condizioni di salute”.

Il medesimo scenario è andato in scena il giorno precedente, quando il Tribunale di Kharkiv, per le medesime ragioni della Corte di Cassazione, ha rinviato la seduta del processo di primo grado in cui la Tymoshenko è imputata per evasione fiscale durante la presidenza del colosso energetico JEESU, alla metà degli anni Novanta.

Il Giudice, Kostjantyn Sadovs’kyj, ha accolto la richiesta dell’esponente della Pubblica Accusa, il Procuratore Viktor Lobach, di appurare se veramente la Leader dell’Opposizione Democratica è impossibilitata a presenziare alle sedute del processo, nonostante il parere dei medici, e la richiesta firmata di proprio pugno dalla Tymoshenko.

Particolare durante la seduta del processo di lunedì, 25 Giugno, è stato l’allestimento della zona riservata all’imputata nella sala del Tribunale: al posto della canonica gabbia è stato infatti installato un salotto con divano, tappeti, piante, televisori al plasma e persino un quadretto contenente la foto di Julija Tymoshenko.

Nuove imputazioni a carico della Leader dell’Opposizione Democratica

Sul perché dell’installazione, da parte delle Autorità bocche cucite, ma nulla esclude che si sia trattato di un’iniziativa a scopo propagandistico per dimostrare la buona volontà dei Giudici ucraini dinnanzi agli occhi dell’ex-Capo di Stato polacco, Aleksander Kwasniewski, e dell’ex-Presidente del Parlamento Europeo, Pat Cox: inviati dall’UE a supervisionare l’andamento del procedimento.

Il socialdemocratico polacco e il liberale irlandese, che nella serata di Domenica, 24 Giugno, hanno incontrato per un’ora e mezza la Tymoshenko, non hanno rilasciato alcuna dichiarazione eccetto un apprezzamento per il coraggio e la tenacia con cui la Leader dell’Opposizione Democratica sta affrontando la situazione.

Il continuo rinvio dei processi in cui la Tymoshenko è imputata non è solamente dovuto alla volontà di impedire il ricorso degli avvocati della Leader dell’Opposizione Democratica alla corte di Strasburgo.

Infatti, le Autorità giudiziarie possono approfittare solo della presenza fisica della Tymoshenko in aula per aprire ufficialmente sul suo conto altri capi d’accusa che, secondo indiscrezioni nemmeno troppo nascoste, la Procuratura Generale già ha preparato sul conto dell’eroina della Rivoluzione Arancione.

Tra esse, ci sarebbe anche l’accusa di omicidio del Deputato Jevhen Shcherban, avvenuta nel Novembre 1996 nell’aeroporto di Donec’k. La difesa della Tymoshenko ha tuttavia già evidenziato come l’imputazione sia l’ennesimo comando imposto dal presidente Janukovych. Secondo Vlasenko, è il Capo di Stato ucraino l’unico ad avere ottenuto vantaggio dall’assassinio per la propria carriera politica.

Matteo Cazzulani

FORUM ECONOMICO DI PIETROBURGO: LA RUSSIA SEMPRE PIU PADRONA DELL’EUROPA (E DELL’ITALIA)

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on June 26, 2012

Le principali compagnie energetiche russe stringono contratti di peso con i più importanti enti energetici del Vecchio Continente. Particolarmente onerose le clausole imposte alla compagnie italiane, costrette a consistenti finanziamenti e ad agire per sostenere la politica energetica di Mosca

Il Presidente russo, Vladimir Putin

La Russia monopolista continuerà ad esportare gas e greggio all’Europa e a dargli una mano saranno le principali compagnie del Vecchio Continente. Nella giornata di Domenica, 24 Giugno, si è chiuso il Forum Economico di Pietroburgo: una kermesse alla quale hanno preso parte i principali esponenti del mondo della politica e dell’economia provenienti da Russia ed Europa.

Il tema centrale del vertice è stato l’energia, con la Russia padrona di casa che ha giocato la parte del leone. Essa infatti ha chiuso il summit con un bottino carico di contratti con le più importati compagnie energetiche dell’Unione Europea destinati a garantire a Mosca l’egemonia nel settore per un altra decina di anni.

L’accordo più importante è stato firmato dalla compagnia Rosneft con la norvegese Statoil: i russi si sono assicurati il diritto di sfruttamento di alcuni giacimenti marittimi di gas nella acque territoriali della Norvegia, e hanno impegnato i norvegesi a cooperare con Mosca nello sfruttamento del bacino di greggio nei presso di Stavropol, nel Caucaso.

Significativa è anche l’intesa che, sempre la Rosneft, ha raggiunto con il colosso statunitense Exxonmobil per lo sfruttamento dei giacimenti di gas in Siberia. Inoltre, l’intesa russo-americana è stata rinnovata anche per i lavori presso i ricchi bacini del Mar Glaciale Artico.

Cospicuo è anche il risultato ottenuto dal monopolista russo del gas, Gazprom, che, sempre a Pietroburgo, ha raggiunto con la compagnia francese EDF un accordo per la costruzione di nuove centrali elettriche in Europa e la gestione congiunta di insediamenti già esistenti. Inoltre, Gazprom si è assicurato l’esclusiva sulle forniture di gas alle centrali controllate in collaborazione con EDF.

Ruolo da protagonista è stato giocato anche dall’Italia. Sempre la Rosneft ha firmato un importante accordo con il colosso energetico ENI con cui è stata stabilita la creazione di alcune joint venture per lo sfruttamento congiunto di alcuni giacimenti di gas e greggio nel Mare di Barents e nel Mar Nero.

Tuttavia, le clausole imposte al Cane a Sei Zampe sono particolarmente onerose: come riportato dall’autorevole Bloomberg, nelle joint venture Rosneft manterrà il 66,67% delle azioni, mentre l’ENI si è fatta carico del totale delle spese per ottenere le licenze necessarie per l’avvio delle indagini geofisiche nelle zone ove sono ubicati i giacimenti.

Ancora più significativo è il contratto firmato dalla compagnia russa Lukojl con l’italiana Enel: esso prevede la collaborazione italo-russa nella ricerca di nuove fonti di gas naturale, e il comune impegno a trasportare l’oro blu in Europa attraverso la gestione delle infrastrutture energetiche.

La Russia contro le energie rinnovabili

Infine, durante il forum di Pietroburgo la Russia ha lanciato un chiaro avvertimento all’Europa in merito all’intenzione di Bruxelles di diminuire la dipendenza dalle forniture energetiche di Mosca.

Il vicepresidente di Gazprom, Aleksandr Medvedev, ha messo in guardia il Vecchio Continente dalla concessioni di finanziamenti per lo sviluppo di energie rinnovabili, e ha sottolineato come per raggiungere tale scopo vi sia sempre la necessità di ricorrere al gas naturale, su cui il Cremlino mantiene il monopolio.

Le ultime affermazioni del Vicecapo di Gazprom, e, più in generale, la corsa al contratto con le singole compagnie energetiche del Vecchio Continente, garantiscono un consistente vantaggio alla Russia nella competizione che Mosca sta attuando con l’Unione Europea.

Da due anni, la Commissione Europea ha varato un piano di azioni per la diversificazione delle forniture energetiche che prevede la costruzione di rigassificatori e nuovi gasdotti per trasportare oro blu centro-asiatico in Europa.

Tuttavia, esso è contrastato dai singoli Paesi dell’Occidente del Vecchio Continente, che puntualmente sacrificano l’interesse generale dell’UE per stringere rapporti privilegiati con la Russia.

La condotta dei Paesi dell’Europa Occidentale è pericolosa, poiché porta l’Europa ad essere sempre più dipendente da un unico fornitore sul piano energetico. Da parte sua, Mosca si avvale in maniera palese del settore energetico come mezzo per consolidare la sua egemonia politica nel Vecchio Continente.

Un esempio di ciò lo si è avuto nel mentre del vertice di Pietroburgo, quando la Bulgaria si è vista negare da Gazprom uno sconto sul prezzo del gas precedentemente concordato con accordi firmati.

Infatti, il monopolista russo ha vincolato la concessione dello sconto alla firma da parte di Sofia del contratto di collaborazione col Southstream: gasdotto concepito da Gazprom, in partnership con ENI, EDF, con la compagnia tedesca Wintershall e con quelle nazionali di Grecia, Macedonia, Slovenia, Serbia e Montenegro, sul fondale del Mar Nero per rifornire di oro blu russo l’Europa Occidentale e impedire la costruzione delle infrastrutture energetiche previste dai progetti della Commissione Europea.

Matteo Cazzulani

MINISTRO DEGLI ESTERI GEORGIANO: LA RUSSIA E’ UN IMPERO, IL CAUCASO E’ IN PERICOLO

Posted in Georgia by matteocazzulani on June 25, 2012

In un’intervista allo Dzerkalo Tyzhnja, il Capo della Diplomazia della Georgia, Grygol Vashadze, sottolinea l’inasprirsi della velleità espansionistiche di Mosca, e lancia un allarme affinché non si riaprano conflitti tra il Cremlino e gli Stati dell’ex-Unione Sovietica. Tbilisi resta attaccata all’avvicinamento nella NATO e al mantenimento della democrazia sullo scenario politico interno

Il ministro degli esteri georgiano, Grigol Vashadze

La Russia è ancora una potenza imperiale intenzionata all’espansione geopolitica e l’indipendenza nazionale dei Paesi del Caucaso è in serio pericolo, oggi più che mai. Questo è il messaggio lanciato in un’intervista rilasciata allo Dzerkalo Tyzhnja da parte del Ministro degli Esteri georgiano, Grygol Vashadze.

Interpellato da una delle più autorevoli testate ucraine, il Capo della Diplomazia georgiana ha sottolineato quanto sia concreto il rischio collegato alla possibile riapertura delle ostilità militari nel Caucaso. Secondo Vashadze, la Russia continua a considerare questa regione come appartenente alla propria sfera di influenza, e non ammette in essa la presenza di stati sovrani capaci di approntare una politica estera autonoma dalle linee-guida volute da Mosca.

Inoltre, il Ministro degli Esteri georgiano ha evidenziato come, ad oggi, il rischio di un nuovo attacco militare della Russia nei confronti della Georgia sia altamente probabile: il Cremlino sarebbe pronto ad attaccare Tbilisi per fornire una convincente dimostrazione non solo nei confronti dei georgiani, ma anche degli altri popoli del Caucaso restii ad assecondare le tendenze imperiali di Mosca.

Secondo Vashadze, questa politica aggressiva sarebbe anche utile alla Russia per bloccare il processo di allargamento della NATO a Paesi ex-URSS che oggi si sono decisi a perseguire nella loro politica estera il vettore euro-atlantico.

Infine, Vashadze ha sottolineato come il conflitto russo-georgiano rappresenti un contrasto tra l’autoritarismo e la democrazia: secondo il Ministro, la Russia non potrà mai sviluppare un regime differente dalla verticale del potere, mentre la Georgia, seppur con alcune difficoltà, continua a lavorare duramente per mantenere la divisione dei poteri, la libera partecipazione delle differenti forze partitiche alla vita politica del Paese, e il rispetto della libertà di stampa.

“La motivazione della condotta imperiale della Russia è dettata dal fatto che il Cremlino è intenzionato a rinnovare l’Unione Sovietica – ha dichiarato Vashadze – E’ un obiettivo ben fissato, che a Mosca è chiaro a tutti gli apparati di Governo”.

“I russi sono persone abituate a terrene fede alla parola data – ha continuato il Ministro degli Esteri georgiano – Quando essi parlano della costituzione dell’Unione Eurasiatica si riferiscono espressamente al ripristino dell’URSS, in particolare sul piano militare e politico”.

Nell’intervista, Vashadze ha illustrato come la situazione attuale nel Caucaso ricordi di molto quella dell’estate del 2008, quando la Russia ha infranto la sovranità territoriale georgiana per occupare le regioni di Abkhazia e Ossezia del Sud, storicamente ed etnicamente appartenenti alla Georgia.

“Prima dell’azione militare russa verso la Georgia, Mosca ha approntato le esercitazioni militari denominate Caucaso 2008 – ha dichiarato Vashadze – Quest’anno la Russia ha programmato esercitazioni militari su larga scala a pochi chilometri dai nostri confini denominate Caucaso 2012. Questo evento collima anche con le nostre [georgiane, n.d.a.] elezioni parlamentari”.

L’importanza della Georgia per l’indipendenza energetica europea

Nonostante la pressione della Russia, il Capo della Diplomazia georgiana ha dichiarato che Tbilisi non intende rinunciare né allo sviluppo della democrazia, né al percorso di integrazione nella NATO e nell’Unione Europea.

Come sottolineato da Vashadze, Tbilisi è intenzionata a reintegrare le regioni occupate dalla Russia e a continuare la stretta collaborazione con l’Alleanza Atlantica per mezzo di iniziative nonviolente, basate sui principi del Diritto Internazionale e di quello di autodeterminazione del popolo georgiano.

“E’ una scelta sovrana del nostro Paese e dei suoi cittadini – ha evidenziato il Ministro degli Esteri – la piena integrazione di Tbilisi nella NATO è fondamentale per rinsaldare la democrazia, e portare nel più breve tempo possibile la Georgia alla pari con le strutture Occidentali sul piano del libero mercato”.

Infine, Vashadze ha illustrato l’importanza ricoperta dalla Georgia sul piano energetico, sopratutto in vista della realizzazione dei progetti di indipendenza energetica approntati dalla Commissione Europea per diminuire la dipendenza dell’Europa dal gas di Mosca.

Il Capo della Diplomazia georgiana ha infatti evidenziato come Tbilisi rappresenti uno dei principali promotori della realizzazione del progetto AGRI: un consorzio di Paesi creato per consentire all’Unione Europea rifornimenti sicuri di gas e greggio provenienti dal Mar Caspio e dall’Asia Centrale.

“Il progetto AGRI è un disegno a basso costo, utile non solo per la Gerogia, ma anche per quei Paesi in cerca di fonti alternative di oro blu e oro nero da quelle russe – ha dichiarato Vashadze – Per adesso, del consorzio fanno parte solo Romania e Ungheria, ma spero che altri Paesi appartenenti all’Unione Europea entrino a far parte di questa coalizione per l’indipendenza energetica europea”.

Matteo Cazzulani

POLONIA E UCRAINA: OLTRE AL CALCIO C’E’ ANCHE L’ENERGIA

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on June 24, 2012

Il monopolista russo, Gazprom, riapre il contenzioso per il rinnovo delle forniture di gas con la compagnia nazionale polacca PGNiG e il colosso ucraino Naftohaz. I pericoli della politica imperiale di Mosca attuata attraverso l’uso delle forniture dell’oro blu all’Unione Europea

Il logo del campionato europeo di calcio 2012. FOTO UEFA

Non è solo per una manifestazione sportiva che Polonia e Ucraina sono Paesi importanti per l’Europa. Essi sono infatti due Stati del Vecchio Continente intenti a resistere alla politica energetica della Russia, che si avvale dell’arma del gas per estendere la sua influenza politica in Europa Centro-Orientale: come ai tempi dello zarismo e dell’Unione Sovietica.

Mercoledì, 20 Giugno, il monopolista russo del gas, Gazprom, ha dichiarato l’intenzione di risolvere al più presto le controversie contrattuali con la compagnia statale polacca PGNiG, ma ha mantenuto alta la tensione con il colosso ucraino Naftohaz.

I polacchi, che pagano il gas a un prezzo superiore rispetto a quello imposto da Mosca al resto dei Paesi europei, hanno esposto ricorso all’Arbitrato Internazionale di Stoccolma, e sono determinati nel continuare l’iter giudiziario per ottenere un giusto tariffario.

Secondo indiscrezioni, riportate dall’autorevole Gazeta Wyborcza, PGNiG avrebbe richiesto ai russi uno sconto di più del 10%, mentre Gazprom sarebbe disposto a concedere un ritocco meno incisivo, lasciando le tariffe imposte a Varsavia su di un livello comunque molto alto.

A conferma del clima clima di tensione tra polacchi e russi sono anche le dichiarazioni dei soggetti interessati. Gazprom ha lasciato intendere di non concedere sensibili sconti, mentre il Governo polacco ha dichiarato di procedere con il ricorso presso l’Arbitrato di Stoccolma.

“Sono convinto che troveremo un compromesso accettato da entrambe le parti – ha dichiarato il Vicecapo di Gazprom, Aleksandr Medvedev – Siamo disposti a rivedere le tariffe al ribasso, ma non di molto: il nostro gas non è concorrenziale”.

“La nostra priorità è l’iter giudiziario – ha evidenziato il Ministro del Tesoro polacco, Mikolaj Budzanowski – non escludo che si possa raggiungere un accordo, ma le nostre ragioni sono tutte contenute nel ricorso presentato all’Arbitrato”.

Sempre secondo l’autorevole Gazeta Wyborcza, la riapertura della contesa sul gas tra Russia e Polonia sarebbe motivata dal timore nutrito da Gazprom di una sconfitta presso l’organismo giudiziario internazionale. Del resto, già in altri casi il Monopolista russo è stato costretto dalla Corte di Stoccolma a rivedere clausole contrattuali applicate a partner che si sono rivolti all’Arbitrato.

In Europa Centro-Orientale, il gas ricopre un ruolo fondamentale per determinare i ruoli di forza tra i vari Paesi. La Russia, che detiene il monopolio delle forniture in Europa, si avvale dell’oro blu come arma per destabilizzare i Paesi che si oppongono alle velleità imperiali del Cremlino, rinvigoritesi con la salita al potere di Vladimir Putin.

Così, ad esempio, è stato con la Lituania: l’unico Paese dell’Unione Europea che, per applicare alla lettera il Terzo Pacchetto Energetico UE, ha eliminato dal controllo dei propri gasdotti il monopolista russo.

In pronta risposta, Gazprom ha mantenuto invariato il tariffario imposto da Mosca a Vilna, mentre ha concesso sensibili sconti agli altri Paesi Baltici – Estonia e Lettonia – che nei confronti del Cremlino hanno assunto toni meno aspri.

Un altro caso è quello dell’Ucraina, nei confronti della quale Gazprom in più occasioni ha chiuso i rubinetti del gas diretto in Europa per presentare gli ucraini come ladri e inaffidabili agli occhi degli Europei, e rallentare il processo di integrazione di Kyiv nell’UE. Il conflitto tra Russia e Ucraina si è poi inasprito da quando il monopolista russo ha cercato di rilevare il controllo del sistema infrastrutturale ucraino.

Questa manovra è un passo fondamentale per i disegni geopolitici del Cremlino, poiché il controllo delle condutture dell’Ucraina consente a Mosca di unire i propri gasdotti con quelli già controllati parzialmente in Slovacchia, Slovenia, e Austria: un itinerario attraverso il quale l’Italia importa più del 70% del gas di cui necessita per soddisfare il proprio fabbisogno.

Per quanto riguarda la Polonia, nel Novembre 2010 Varsavia è stata costretta da Mosca ad accettare un contratto oneroso che, tra l’altro, ha previsto la cessione parziale dei gasdotti polacchi a Gazprom: in piena violazione della legge UE che vieta la creazione di monopoli nel settore energetico.

Dopo un intervento dell’Unione Europea, la Polonia ha rinegoziato l’accordo, mantenendo il controllo sui propri gasdotti, ma dovendo accettare un alto tariffario che ha costretto PGNiG ha pagare l’oro blu a prezzi notevolmente più alti rispetto a quelli imposti a Germania e Francia.

L’Europa rischia

La questione del gas tra Russia e Polonia, e i conflitti intercorsi tra Gazprom e l’Ucraina, testimoniano quanto lo strapotere energetico del monopolista russo sia un rischio per l’indipendenza nazionale dell’Unione Europea, e per la sicurezza nazionale dei singoli Paesi UE.

Da tempo, la Commissione Europea ha approntato una serie di manovre che, oltre al Terzo Pacchetto Energetico, mirano alla diversificazione delle forniture di gas e greggio da quelle provenienti da Mosca, ma esse sono puntualmente contrastate da Stati come Germania e Francia, che all’interesse generale europeo antepongono il proprio tornaconto nazionale.

Complice del gioco imperiale in salsa energetica della Russia è anche l’Italia. Il colosso nazionale ENI è tra i più accesi sostenitori della politica di Putin, al punto da figurare come primo partner per la costruzione del gasdotto Southstream: uno dei progetti concepiti dal Cremlino per affossare i disegni di diversificazione delle forniture di gas messi a punto della Commissione Europea.

Matteo Cazzulani

L’EUROPA CENTRALE RISPONDE A MERKEL, HOLLANDE E MONTI: “PIU’ COESIONE IN EUROPA PER BATTERE LA CRISI”

Posted in Unione Europea by matteocazzulani on June 23, 2012

I Primi Ministri del Gruppo di Vysehrad – Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia – adottano a Praga una posizione comune per contrastare l’emarginazione dei Paesi non-Euro dai processi decisionali UE, supportata da Germania e Francia nel concomitante vertice di Roma. Alleanza anche per il rafforzamento delle strutture difensive e per il sostegno alla politica energetica della Commissione Europea

Il Premier polacco, Donald Tusk

Coesione, difesa ed energia sono stati i principali punti su cui si è sviluppato il vertice del quartetto di Vysehrad di venerdì, 22 Giugno. Riuniti a Praga per il passaggio di consegne dalla presidenza ceca a quella polacca, i Primi Ministri di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, e Slovacchia hanno messo a punto le linee guida che, per il prossimo anno, saranno adottate dal Gruppo che riunisce i quattro Paesi più importanti dell’Europa Centrale.

Al centro dei lavori è stata posta l’importanza del mantenimento di una politica di coesione da parte dell’Unione Europea. Nello specifico, i quattro Capi di Governo hanno invitato i colleghi UE a mettere da parte gli interessi personali per adottare misure di ampio respiro atte ad avviare una politica monetaria ed economica capace di dare risposte unitarie alla crisi in Europa.

Inoltre, con una lettera indirizzata ai colleghi UE, i Primi Ministri del quartetto di Vysehrad hanno richiesto di allargare la partecipazione ai vertici dedicati al futuro dell’economia dell’Unione Europea anche a quei Paesi, come Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, che non hanno ancora adottato la moneta unica europea.

I Paesi dell’Europa Centrale hanno quindi deciso di assumere una posizione comune durante i lavori per la stesura del bilancio UE 2014-2020, in occasione del quale il Gruppo di Vysehrad richiederà maggiore collegialità per considerare durante la stesura del budget comunitario delle ragioni e delle problematiche legate a tutti gli Stati dell’Unione: non solo a quelli di eurolandia.

La posizione risoluta dei quattro Paesi dell’Europa Centrale – oggi economicamente più sani rispetto a molti altri Stati del resto del Continente a rischio default – è una risposta ben chiara a Germania e Francia, che, invece, sostengono la necessità di escludere dai processi decisionali dell’UE quei Paesi che non hanno aderito all’Euro.

L’atteggiamento dell’asse Berlino-Parigi è stato evidente nel vertice di Roma, durante il quale – in contemporanea con il summit di Praga – il Cancelliere tedesco, Angela Merkel, il Presidente francese, Francois Hollande, il Primo Ministro italiano, Mario Monti, e il Premier spagnolo, Mariano Rajoy, si sono riuniti per varare una posizione comune dei principali Paesi di eurolandia da adottare durante il prossimo vertice UE.

Sostegno alla politica energetica della Commissione Europea

Oltre alla politica monetaria, il quartetto di Vysehrad ha affrontato il tema della difesa. Il Primo Ministro polacco, Donald Tusk, ha illustrato come la presidenza di Varsavia sarà caratterizzata dall’implementazione della smart defence: la messa in comune delle forze militari e delle strutture difensive di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, e Slovacchia.

“Vogliamo prestare più attenzione alla politica di difesa – ha dichiarato Tusk durante la conferenza stampa di chiusura – riteniamo il progetto ambizioso, ed utile per rafforzare le strutture comuni all’interno del continente europeo”.

Largo spazio è stato dedicato anche alla questione energetica, in merito alla quale il gruppo di Vysehrad ha assunto una posizione in sostengo dei progetti varati dalla Commissione Europea per diversificare le forniture di gas e greggio dalla Russia monopolista.

Come dichiarato dal Primo Ministro ceco, Petr Necas, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, e Slovacchia sostengono i progetti di sviluppo del nucleare, la costruzione di nuove infrastrutture per l’importazione di gas e greggio da fornitori alternativi a Mosca, e la realizzazione del Corridoio Nord-Sud.

Quest’infrastruttura ha lo scopo di unire i gasdotti degli Stati ubicati tra il Mar Baltico e il Mare Adriatico per mettere in circolazione in Europa gas importato da Qatar, Norvegia ed Iraq presso i rigassificatori di Swinoujscie – Polonia Occidentale – e quello di Krk in Croazia.

Matteo Cazzulani

TRA UCRAINA E RUSSIA LA GUERRA DEL GAS SI FA SEMPRE PIU’ ASPRA

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on June 22, 2012

Il colosso nazionale ucraino, Naftohaz, comunica al monopolista russo, Gazprom, l’intenzione di importare una quantità di oro blu di molto inferiore al minimo contrattuale prefissato a causa delle onerose tariffe imposte dal Cremlino. Kyiv attiva anche sul fronte del Mar Nero, dove si consolida l’asse tra Azerbajdzhan, Turkmenistan, Turchia, Romania e Georgia per la realizzazione di progetti atti alla diversificazione  delle forniture dell’Unione Europea

Il Ministro dell’Energia ucraino, Aleksej Miller

E’ a Pietroburgo e a Rio che in questi giorni si stanno disegnando gli assetti geopolitici in materia energetica destinati a condizionare le politiche mondiali ed Europee dei prossimi anni. Nella giornata di giovedì, 21 Giugno, sulle sponde della Neva, dove ha luogo il Forum Economico Mondiale, si è consumato l’ennesimo capitolo del confronto energetico tra l’Ucraina e la Russia.

Come riportato dall’agenzia Interfax, il colosso ucraino, Naftohaz, ha comunicato al al monopolista russo, Gazprom, l’intenzione di abbassare la quantità del gas da acquistare per il prossimo anno a 27 Miliardi di metri cubi, contro i 52 previsti da contratto.

Il Ministro dell’Energia ucraino, Jurij Bojko, ha ritenuto che il tariffario imposto a Kyiv da parte di Mosca sia così oneroso da costringere l’Ucraina a una drastica diminuzione dell’importazione di oro blu.

Tuttavia, in pronta risposta, il Capo di Gazprom, Aleksej Miller, ha ricordato come la clausola del contratto Take or Pay preveda l’obbligo da parte degli ucraini di acquistare almeno 41 miliardi di metri cubi, pena il ricorso all’Arbitrato Internazionale di Stoccolma e una serie di strascichi giudiziari che potrebbero costare molto caro alle casse di Naftohaz.

A complicare la questione è anche la recente decisione di Gazprom di versare un anticipo di 2 milioni di dollari per l’affitto dei siti di stoccaggio di Naftohaz. L’intenzione dei russi è quella di accumulare in essi la quantità di gas sufficiente ad assicurare le forniture di oro blu agli acquirenti dell’Europa Occidentale durante i mesi più freddi.

Questa mossa costringe Naftohaz a mantenere alta la quota di gas importata dalla Russia per potere soddisfare il proprio fabbisogno energetico, e rende Kyiv ancor più dipendente dai flussi di transito e dalle condizioni tariffarie imposte da Mosca.

Una soluzione a questa impasse potrebbe essere il coinvolgimento dell’Ucraina nell’enjeu geopolitico del Mar Nero, nel quale si stanno consolidando alleanze energetiche di particolare importanza.

Sempre nel corso del Forum Economico Mondiale di Pietroburgo, il Ministro degli Esteri turco, Taner Yildiz, ha dichiarato l’interesse del suo Paese a rifornire di gas liquido l’Ucraina. Come riportato dall’autorevole agenzia Trend, la Turchia è pronta a trasportare via mare oro blu importato dal Centro Asia fino al rigassificatore di Odessa, che oggi è ancora in fase di costruzione.

Procedono i progetti per l’indipendenza energetica dell’Europa

La posizione della Turchia è essenziale anche per quanto riguarda la realizzazione di progetti energetici di respiro europeo. Come dichiarato dall’autorevole Reuters, a breve è infatti prevista la firma solenne dell’accordo tra la Turchia e l’Azerbajdzhan per la realizzazione del Gasdotto Transanatolico – TANAP.

Questa conduttura è progettata per trasportare oro blu azero alla penisola Anatolica. Da qui, il carburante sarà inoltrato in territorio europeo mediante la costruzione del Nabucco Ovest: un’infrastruttura concepita dalla Commissione Europea per diminuire la dipendenza dell’UE dal monopolio energetico della Russia.

Proprio in occasione del vertice di Rio, il gasdotto europeo dalla verdiana denominazione è stato al centro di colloqui tra il Presidente turkmeno, Gurbanuli Berdymukhamedov, e i Capi di Stato bulgaro e ungherese, Rozen Plevneliev e Janosz Ader.

Il Turkmenistan, che assieme all’Azerbajdzhan possiede ricchi giacimenti di gas naturale, ed ha già firmato con la Commissione Europea accordi per l’invio dell’oro blu nell’UE, ha espresso pieno sostegno alla costruzione del Nabucco, e ha rilanciato il progetto del gasdotto Azerbajdzhan-Georgia-Romania.

Questa infrastruttura è progettata sul fondale del Mar Nero per collegare direttamente il Centro-Asia all’Europa attraverso il territorio della Georgia: Paese alleato dell’UE, che per difendersi dalle rinate velleità imperiali della Russia è motivato a realizzare il processo di integrazione nelle strutture euroatlantiche nel più breve tempo possibile sia sul piano politico, economico e militare che su quello energetico.

Matteo Cazzulani

GAZPROM HA DECISO: IL SOUTHSTREAM ARRIVERA’ A TREVISO

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on June 21, 2012

Il monopolista russo “premia” la città veneta come terminale di smistamento del gas del Cremlino verso i Paesi dell’Europa Centrale restii a sostenere la politica energetica di Mosca. Il precedente tedesco e l’impatto della progetto nei confronti della sicurezza energetica europea

I percorsi di Nabucco e Southstream

La capitale del radicchio diventerà lo snodo principale della realizzazione dei piani di politica energetica della Russia in Europa centro-meridionale. Nella giornata di mercoledì, 20 Giugno, il monopolista russo, Gazprom, ha comunicato che il punto di arrivo del Southstream in Italia settentrionale sarà ubicato a Treviso.

Noto anche come Gasdotto Ortodosso, il Southstream è un gasdotto concepito dalla Russia per rifornire di gas direttamente l’Europa Occidentale bypassando Paesi politicamente osteggiati dal Cremlino come Polonia, Romania, Moldova e Ucraina. Dopo un primo tratto dalla Federazione Russa alla Bulgaria, Southstream si dividerà in un tronco meridionale verso Grecia e Italia, e un altro, a nord, sarà diretto in Macedonia, Montenegro, Serbia, Slovenia e Pianura Padana.

Il progetto è finanziato da Gazprom e compartecipato dal colosso italiano ENI, dalle compagnie tedesche e francesi Wintershall ed EDF, e da quelle nazionali di Grecia, Macedonia, Serbia, Slovenia e Montenegro.

La scelta di Treviso come punto di arrivo del gasdotto russo non è casuale: la città veneta diventerà infatti il centro di smistamento da cui il gas proveniente dalla Russia sarà inviato ad Austria ed Ungheria attraverso lo sfruttamento in senso contrario della TAG.

Ad oggi, questa conduttura trasporta il gas russo dalla città austriaca di Baumgartner fino a Treviso, e soddisfa più dell’80% del fabbisogno energetico del Nostro Paese. Come illustrato dall’agenzia Finmarket, la Russia intende sfruttare la TAG in senso inverso per consentire l’invio di gas dall’Italia all’Austria e all’Ungheria: il contrario di quanto avviene ora con l’utilizzo di questa conduttura in direzione est-ovest.

La logica del disegno politico che ha premiato Treviso ad avamposto della geopolitica energetica della Russia in Italia è stata sottolineata dal Vice-Capo di Gazprom, Aleksandr Medvedev, che ha ammesso l’esistenza di problemi nelle trattative con l’Ungheria tali da costringere il monopolista russo a individuare percorsi alternativi per rifornire di gas Austria e Italia.

Al tempo dei Governi socialisti, tra il 2006 e il 2009, Budapest ha infatti firmato un accordo com Mosca per la costruzione del Southstream attraverso il proprio territorio, ma i conservatori, saliti al potere nel 2010, hanno congelato la realizzazione del gasdotto sul proprio territorio, preferendo sostenere i progetti sostenuti dall’Unione Europea.

L’Italia come la Germania

Inoltre, la scelta di rifornire Vienna e Budapest per via indiretta attraverso l’Italia è dettato dalle relazioni privilegiate che intercorrono tra Mosca e i singoli Paesi UE. Austria e Ungheria sono infatti tra i Paesi che sostengono la costruzione del Nabucco: gasdotto alternativo al Southstream progettato dalla Commissione Europea per diminuire la dipendenza del Vecchio Continente dal gas russo tramite il trasporto di oro blu estratto in Azerbajdzhan e Turkmenistan.

L’Italia invece ha sempre sostenuto gli interessi energetici di Mosca, anche quando essi sono stati in aperto contrasto con le linee guida dell’Unione Europea. Questo atteggiamento ha fatto sì che il nostro Paese sia stato scelto dalla Russia come principale terminale per l’invio di gas e per il suo smistamento nel centro dell’Europa meridionale.

A confermare questa teoria è la simile politica energetica realizzata da Gazprom in Europa Settentrionale con la costruzione del Nordstream: gasdotto realizzato sul fondale del Mar Baltico per esportare gas in territorio tedesco bypassando Paesi invisi al Cremlino come Polonia e Lituania.

La Germania, che similmente all’Italia è sempre stata tra i più accesi sostenitori della politica energetica di Mosca, è stata “premiata” a terminale di smistamento dell’oro blu russo nella parte settentrionale dell’Europa Centrale, al punto che Polonia e Ucraina saranno presto costrette ad acquistare il gas della Russia da Occidente: e non da Oriente come richiederebbe la logica della geografia.

La realizzazione del Southstream rappresenta un duro colpo per i progetti di diversificazione energetica avviati dalla Commissione Europea. Con la realizzazione del Gasdotto Ortodosso non solo si precluderà lo sfruttamento delle fonti di approvvigionamento alternative centro-asiatica – con cui l’UE ha già firmato accordi – ma aumenterà in maniera esponenziale la dipendenza energetica dell’Europa, in primo luogo dell’Italia, dal solo fornitore russo.

Oltre che danneggiare l’interesse generale europeo, la posizione italiana nell’ambito del Southstream contrasta anche la logica del libero mercato e della concorrenza, ed è molto pericolosa per la sicurezza nazionale di quei Paesi dell’Unione Europea che, essendo privi di rigassificatori e nucleare, non potranno contare su alternative all’oro blu di Mosca in caso di crisi energetica.

Matteo Cazzulani