LA VOCE ARANCIONE. Il Blog di Matteo Cazzulani

Guerra del gas: Lituania, Lettonia ed Estonia verso il mercato energetico baltico

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on May 26, 2016

Vilna, Riga e Tallinn avviano le trattative per l’abbattimento delle tariffe doganali in materia di energia. Il progetto, che prevede la partecipazione di Polonia e Finlandia, è atto a garantire la sicurezza energetica dell’Europa Centro Orientale



Varsavia – Un mercato unico regionale dell’energia per garantire la sicurezza energetica dei Paesi Baltici ed invitare l’Unione Europea a passi più coraggiosi verso una vera integrazione economica e politica. Questa è la lezione proveniente da Lituania, Lettonia ed Estonia che, nella giornata di martedì, 17 Maggio, hanno avviato un progetto atto a creare un mercato unico del gas dei Paesi Baltici.

Come riportato dall’autorevole Baltic Course, il progetto prevede l’abbattimento delle tariffe doganali tra i Paesi Baltici, così da abbassare i prezzi dell’energia per industrie e popolazione, incrementare la concorrenza nel settore e garantire la sicurezza energetica di Lituania, Lettonia ed Estonia.

La motivazione che ha portato alla concezione del mercato energetico comune baltico è l’alta dipendenza di Lituania, Lettonia ed Estonia dalle importazioni di gas di un unico fornitore, la Russia.

Inoltre, il mercato energetico comune baltico è programmato per essere esteso anche a Polonia e Finlandia, due Paesi dell’Unione Europea che hanno avviato la realizzazione di due gasdotti per collegare il sistema infrastrutturale polacco e quello finlandese rispettivamente a quello lituano ed estone.

La Polonia, in particolare, è il Paese che più di tutti sta spingendo Bruxelles ad attuare misure urgenti per garantire la sicurezza energetica dei Paesi membri dell’Unione Europea. Da un lato, il Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, è l’ideatore dell’Unione Energetica Europea, un progetto atto ad unificare i sistemi infrastrutturali energetici dei Paesi dell’Unione. 

Dall’altro, il Presidente polacco, Andrzej Duda, è il promotore dell’Intermarium, un’alleanza di Paesi dell’Europa Centro Orientale -Polonia, Romania, Lituania, Lettonia, Estonia, Slovacchia e Croazia- che vedono la propria sicurezza energetica messa a serio repentaglio dagli accordi bilaterali stipulati, con la Russia, da Germania, Francia e Italia.

L’attivismo di Tusk e Duda in materia energetica ha portato alla realizzazione del rigassificatore di Świnoujście, grazie al quale la Polonia importa gas liquefatto proveniente dal Qatar, e all’avvio della realizzazione dell’Interconnettore del Gas Polonia Lituania. Inoltre, la Polonia partecipa alla costruzione del Corridoio Nord Sud per veicolare gas dal terminale di Świnoujście al rigassificatore croato di Krk attraverso Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Croazia.

Sul piano strettamente energetico, la realizzazione del mercato energetico comune baltico consente a Lituania, Lettonia ed Estonia di diversificare le forniture di gas e, di conseguenza, abbassare il prezzo dell’energia. Infatti, con l’avvio del terminale LNG di Klaipeda -installazione che permette alla Lituania di importare gas liquefatto dalla Norvegia- e con il collegamento con il sistema infrastrutturale energetico della Polonia, Lettonia ed Estonia potrebbero fin da ora contare su fonti di energia diversificate.

Sul piano politico, il mercato energetico comune baltico sposa sia il progetto dell’Intermarium di Duda, che l’Unione Energetica Europea di Tusk, portando fin da subito ad una maggiore sicurezza energetica per i Paesi dell’Europa Centro Orientale e, in una prospettiva più tarda, ad anticipare l’integrazione dei mercati dell’energia dei Paesi UE, sulla quale Bruxelles sta lavorando con troppo ritardo.


Dalla Russia meno gas nei Paesi Baltici

A conferma della necessità, per i Paesi Baltici, di un mercato energetico comune sono i dati, riportati dal portale Delfi, inerenti all’attività nella regione del monopolista statale russo del gas Gazprom, che ha riportato un decremento sostanziale delle esportazioni di gas in Lituania ed Estonia.

Nonostante, finora, Lituania ed Estonia abbiano dipeso dalle importazioni dalla Russia per circa il 90% del proprio fabbisogno, la quantità di gas esportata da Gazprom nel mercato lituano è decrementata al 65%, mentre il mercato estone ha ricevuto dal monopolista statale russo del gas una quantità di oro azzurro pari al 73% del proprio fabbisogno. 

A motivare il decremento dell’importazione di gas dalla Russia per Lituania ed Estonia è la recente liberalizzazione del mercato interno del gas dei due Paesi, una misura, incoraggiata dall’Unione Europea, che ha portato alla fine del controllo di Gazprom sulle compagnie energetiche nazionali lituane ed estoni.

Differente è il discorso in merito alla Lettonia, dove Gazprom ha aumentato le esportazioni di gas. Non a caso, la liberalizzazione del mercato interno del gas lettone deve ancora essere avviata.


Matteo Cazzulani

Analista Politico dell’Europa Centro Orientale

@MatteoCazzulani

Guerra del Gas: la Polonia lancia il Corridoio Settentrionale

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on May 9, 2016

Varsavia si accorda con la Danimarca per la realizzazione della Baltic Pipe per l’importazione di gas naturale dalla Norvegia. Progettata anche la costruzione di un nuovo rigassificatore a Danzica, dopo quello di Świnoujście, per importare LNG in Europa Centro Orientale. 



Varsavia – Più sicuri diversificando. Questa è la motivazione che ha spinto la Polonia ad attivarsi in materia di politica energetica con la presentazione di una serie di progetti atti a diversificare le forniture di gas indirizzato non solo al mercato interno polacco, ma anche e sopratutto al costituendo mercato unico del gas dell’Unione Europea.

Nella giornata di lunedì, 18 Aprile, Polonia e Danimarca hanno stabilito un accordo di massima per la realizzazione della Baltic Pipe, gasdotto concepito per veicolare in territorio polacco gas di origine norvegese attraverso il sistema infrastrutturale energetico danese. 

Come dichiarato dal Premier polacco, Beata Szydło, e dal suo collega danese, Lars Lokke Rasmussen, la Baltic Pipe rappresenta un progetto di importanza strategica per Varsavia, Copenaghen e, più in generale, per l’Unione Europea. 

Infatti, dal punto di vista polacco la realizzazione della Baltic Pipe permette la diversificazione delle forniture di gas per mezzo dell’importazione di gas proveniente dalla Norvegia: una mossa necessaria per decrementare la dipendenza di Varsavia dalle forniture di oro azzurro dalla Russia.

Inoltre, il gas importato in Polonia attraverso la Baltic Pipe verrebbe messo a disposizione degli altri Paesi dell’Europa Centro Orientale -una regione fortemente dipendente dalle forniture di energia dalla Russia- attraverso il Corridoio Nord-Sud e l’Interconnettore Polonia Lituania. 

Questi due gasdotti, in via di realizzazione, sono progettati, rispettivamente, per veicolare oro azzurro dal rigassificatore polacco di Świnoujście al rigassificatore croato di Krk e a quello lituano di Klaipeda.

Dal punto di vista danese, la Baltic Pipe rappresenta un progetto di importanza strategica per via della imminente dismissione del bacino di Tyra che, finora, ha reso la Danimarca un Paese produttore di gas. 

Con la realizzazione della Baltic Pipe, Copenaghen diventerebbe un importante Paese di transito del gas della Norvegia verso la Polonia e, di conseguenza, gli altri Stati dell’Europa Centro Orientale.

Dal punto di vista norvegese, la realizzazione della Baltic Pipe rappresenta una possibilità per attrarre investimenti atti ad ampliare la produzione di gas nei propri giacimenti. 

Non a caso, Varsavia ha manifestato la volontà di ampliare la capacità della Baltic Pipe, preventivata a 7 miliardi di metri cubi di gas all’anno, così da garantire un maggiore afflusso di oro azzurro in Europa Centro Orientale.

Oltre alla Baltic Pipe, la Polonia si è attivata per la realizzazione di un rigassificatore a Danzica che, secondo i progetti, dovrebbe ampliare la capacità di Varsavia di importare gas liquefatto dopo l’avvio dell’importazione di LNG dal Qatar per mezzo del rigassificatore di Świnoujście.

Così come per quanto riguarda la Baltic Pipe, anche i rigassificatori di Świnoujście e Danzica sono preventivati per diversificare le importazioni di gas ed immettere l’oro blu importato da fonti non-russe nel sistema infrastrutturale energetico dell’Europa Centro Orientale.

L’attivismo della Polonia in politica energetica per mezzo della progettazione della Baltic Pipe e del rigassificatore di Danzica, assieme al già realizzato rigassificatore di Świnoujście, è stato ribattezzato Corridoio Settentrionale: una denominazione che ricorda il Corridoio Meridionale, ossia un fascio di gasdotti che la Commissione Europea ha progettato per veicolare in Italia gas proveniente dall’Azerbaijan attraverso Georgia, Turchia, Grecia ed Albania.


Intermarium e Unione Energetica Europea alla base del progetto

Il Corridoio Settentrionale è frutto di due iniziative di carattere geopolitico concepite in Polonia. In primis, la realizzazione di una politica che mira alla sicurezza energetica dei Paesi dell’Europa Centro Orientale è legata all’Intermarium. 

Questa concezione geopolitica, fatta propria dal Presidente polacco, Andrzej Duda, mira alla creazione di un’alleanza regionale composta dai Paesi ubicati tra il Mar Baltico e il Mar Nero, tra la Russia e la Germania, atta a garantire la sicurezza nazionale degli Stati facenti parte di essa -Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Romania, Bulgaria, Ucraina, Georgia, e possibilmente anche Turchia.

Sul piano energetico, l’Intermarium è già stata realizzata per mezzo dell’alleanza di Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Croazia in opposizione al prolungamento del gasdotto Nordstream. 

Questo gasdotto, progettato sul fondale del Mar Baltico con una portata di 110 miliardi di metri cubi di gas all’anno, è un’iniziativa bilaterale che la Germania ha concordato con la Russia per incrementare la quantità di gas russo importato nel mercato europeo bypassando i Paesi membri dell’Unione Europea dell’Europa Centro Orientale.

Sulla base del progetto di Duda già si era mosso Lech Kaczyński, Presidente della Polonia tra il 2005 e il 2010 che, per rafforzare la sicurezza dei Paesi dell’Intermarium, si attivò, sul piano energetico, sia per importare olio dall’Azerbaijan, che per ottenere forniture di gas dalla Norvegia.

La seconda concezione geopolitica di matrice polacca alla base del Corridoio Settentrionale è l’Unione Energetica Europea, progetto varato dal Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, durante gli ultimi mesi trascorsi alla guida del Governo della Polonia nel 2014.

Tusk, unico Premier nella storia polacca ad avere ottenuto la riconferma alle urne -grazie ad una parentesi di buongoverno che ha evoluto la Polonia in un moderno Paese dell’Unione Europea- varò, allora, un progetto atto a mettere in comunicazione i sistemi infrastrutturali energetici dei Paesi membri dell’Unione Europea.


Lo scopo dell’iniziativa di Tusk, che fu ampiamente condivisa dal Presidente francese, François Hollande, è la creazione di un mercato unico dell’energia che permetta ad ogni Paese membro dell’UE di contare su forniture stabili e garantite in caso di interruzioni improvvise del flusso di oro azzurro da parte di uno degli Stati fornitori.

L’Unione Energetica Europea di Tusk, che per certi versi ricorda un progetto analogo concepito dagli ex-Presidenti della Commissione Europea Jacques Délors e Romano Prodi, si basa sul principio di solidarietà tra i Paesi membri dell’UE.

Tuttavia, considerato come l’Unione Europea sia ancora in balia degli egoismi nazionali di singoli Paesi interessati ai propri interessi -Germania in primis- l’Unione Energetica Europea appare un progetto ancora lontano dal poter essere realizzato.


Matteo Cazzulani

Analista Politico dell’Europa Centro Orientale

@MatteoCazzulani

Guerra del Gas: Francia e Italia contro l’Unione Energetica Europea

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on April 12, 2016

Parigi e Roma, ma anche Belgio e Austria, chiedono alla Commissione Europea la revisione del meccanismo di solidarietà tra i Paesi membri dell’UE in materia di energia. L’interesse della Russia dietro alla condotta anti-europea di importanti Stati dell’Unione Europea



Varsavia – Tutti parlano tanto di Europa, ma nessuno, nei fatti, la vuole. Sopratutto quando in ballo c’è il gas di Putin. Nella giornata di lunedì, 11 Aprile, Francia, Italia, Belgio e Austria hanno chiesto ufficialmente la revisione del Pacchetto per la Sicurezza Energetica dell’Unione Europea, un documento varato dalla Commissione Europea nell’ambito dell’Unione Energetica Europea -progetto promosso dal Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, per incrementare la sicurezza energetica dei Paesi membri dell’UE.

Come riportato dall’autorevole portale Energetyka 24, i Paesi contrari al Pacchetto hanno richiesto alla Commissione di rivedere il meccanismo di solidarietà tra gli Stati membri. Secondo il progetto, ogni Paese UE è tenuto a condividere le proprie forniture di gas con gli Stati colpiti da crisi energetiche e vittime di Guerre del Gas.

Secondo il Pacchetto per la Sicurezza Energetica UE, l’Unione Europea verrebbe divisa in nove zone energetiche, nelle quali i Paesi facenti parte di ciascuna zona sono chiamati a creare dei micromercati dell’energia unificando i propri sistemi infrastrutturali energetici nazionali. 

Oltre alla Zona Nord Ovest -Gran Bretagna e Irlanda- e alla Zona Nord Sud Ovest -Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Olanda, Lussemburgo- il Pacchetto per la Sicurezza Energetica prevede il varo della zona del Corridoio Meridionale -Bulgaria, Grecia e Romania- della Zona Centro-Orientale -Germania, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia- e della Zona Sud-Orientale -Austria, Croazia, Italia, Slovenia e Ungheria. 

Ad esse, si aggiungono il Primo Mercato Energetico Baltico -Lituania, Lettonia, Estonia e Finlandia- ed il Secondo Mercato Energetico Baltico -Danimarca e Svezia- mentre Cipro e Malta restano Paesi autonomi.

Per realizzare le zone del mercato energetico UE, la proposta della Commissione prevede anche la realizzazione di un alto numero di rigassificatori, atti ad importare gas liquefatto -e, così, diversificare le forniture di gas dalle importazioni da Russia ed Algeria, dalle quali l’UE dipende fortemente- e nuovi gasdotti destinati a mettere in comunicazione i sistemi infrastrutturali energetici dei Paesi delle nove zone.

Considerata la complessità del progetto, l’opposizione di Francia, Italia, Belgio e Austria al disegno della Commissione assume una dimensione anti-europea ed anti-concorrenziale.

Più che legata alla vena anti-concorrenziale -tuttavia molto forte in Paesi dove la tradizione comunista è molto forte, come, per l’appunto, Francia, Italia, Belgio e Austria- l’opposizione di Parigi, Roma, Bruxelles e Vienna al Pacchetto per la Sicurezza Energetica Europea è da leggere come una mossa per forzare l’approvazione di una serie di progetti che questi Paesi Membri dell’UE hanno progettato, in via bilaterale, con la Russia.


Nordstream e Southstream vs solidarietà energetica UE

Infatti, a Francia e Belgio interessa il prolungamento del Nordstream, gasdotto progettato da Russia e Germania per veicolare nel mercato UE 110 miliardi di metri cubi di gas russo, bypassando i Paesi membri dell’UE dell’Europa Centro Orientale e, così, incrementando la dipendenza dell’UE dalle forniture di Mosca.

Da parte loro, Italia e Austria sostengono il Southstream, gasdotto progettato da questi due Paesi con la Russia per veicolare 63 miliardi di metri cubi di gas russo in Europa meridionale e, così, contrastare il progetto di diversificazione delle forniture di gas che la Commissione Europea ha varato per importare oro azzurro dall’Azerbaijan.

Sia il prolungamento del Nordstream che la realizzazione Southstream sono opposti dalla Commissione Europea perché non in linea con il Terzo Pacchetto Energetico: legge UE che vieta la gestione dei gasdotti, e il possesso del gas venduto attraverso di essi, da parte dello stesso attore.

Inoltre, sia il prolungamento del Nordstream che la realizzazione del Southstream sono considerati contrari alla politica di diversificazione delle forniture di gas dalla Russia: una misura promossa dalla Commissione Europea per incrementare concorrenza e trasparenza.

In nome dell’interesse bilaterale con la Russia, Francia, Italia, Belgio e Austria -che in altri ambiti si ergono a paladini dell’unità europea- dimostrano di essere poco interessati al meccanismo di solidarietà che, in campo energetico, Paesi membri dell’UE come Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia necessitano come garanzia della propria sicurezza nazionale.


Matteo Cazzulani

Analista Politico dell’Europa Centro-Orientale

@MatteoCazzulani

Guerra del Gas Ucraina-Russia: l’Europa media

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on March 6, 2016

Il Vice Presidente della Commissione Europea, Maros Ševčovič, si è detto pronto a mediare la disputa tra la compagnia energetica statale ucraina Naftohaz e il monopolista statale russo del gas Gazprom. La querelle originata dalla decisione di Kyiv di rinunciare alle importazioni di gas da Mosca a seguito dell’annessione della Crimea e dell’occupazione del Donbas



Varsavia – Mediare è quasi sempre positivo, sempre che non i tratti di un equilibrismo fine a sé stesso destinato a mettere a repentaglio la sicurezza energetica europea. Nella giornata di martedì, Primo Marzo, durante il VII Forum Energetico Ucraino, organizzato a Kyiv dall’Instituto Adam Smith, il Vicepresidente della Commissione Europea, Maros Ševčovič, ha dichiarato che l’Unione Europea è pronta ricoprire il ruolo di mediatore nella disputa tra la compagnia energetica nazionale ucraina Naftohaz e il monopolista statale russo del gas Gazprom.

La contesa, che verrà analizzata presso l’Arbitrato Internazionale di Stoccolma, è originata dalla richiesta di Gazprom di un risarcimento di 30 Miliardi di Dollari per il mancato pagamento da parte di Naftohaz del contratto che le parti hanno firmato per le forniture di gas dalla Russia all’Ucraina.

Nello specifico, a partire dal 2016 Naftohaz ha bloccato l’importazione del gas di Gazprom in seguito alla decisione del Governo ucraino di rinunciare totalmente alle importazioni di energia dalla Russia come reazione all’annessione russa della Crimea e all’occupazione del Donbas.

Come pronta risposta alla decisione del Governo ucraino, Gazprom ha messo in discussione la possibilità di continuare ad esportare gas in Unione Europea, accusando l’Ucraina di non essere un partner affidabile per il transito di risorse energetiche tra Russia e UE.

Da parte sua, l’Ucraina ha garantito il transito del gas russo diretto in Unione Europea attraverso il suo Sistema Infrastrutturale Energetico: una rete capillare di gasdotti attraverso i quali Gazprom, da sempre, esporta circa l’80% del gas riservato al mercato UE.


Tra Ucraina e Russia, il gas è sempre stato uno strumento di contesa economico-politica. Da un lato, Mosca si è avvalsa della dipendenza degli ucraini dalle risorse energetiche russe per destabilizzare i Governi filo europei a Kyiv tagliando sistematicamente le forniture di oro blu. 

Così avvenne nel 2006 e nel 2009, quando l’Amministrazione Presidenziale di Viktor Yushchenko e i Governi “arancioni” di Yulia Tymoshenko decisero di intraprendere il processo di avvicinamento dell’Ucraina all’Europa.

Dall’altro, Kyiv si è avvalsa dei Diritti di transito del gas russo verso l’Unione Europea per ottenere da Gazprom un tariffario scontato: una posizione di forza che, tuttavia, l’Ucraina ha perso nel 2009. 

Allora, il Governo Tymoshenko fu costretto ad accettare un tariffario stellare a causa dell’inserimento nelle trattative per il rinnovo dei contratti tra Naftohaz e Gazprom della RosUkrEnergo, compagnia energetica posseduta da oligarchi vicini all’ex-dittatore ucraino Viktor Yanukovych appoggiata politicamente dall’Amministrazione Yushchenko.

Oltre all’Ucraina, ad avere avuto problemi contrattuali con Gazprom sono stati anche Paesi membri dell’Unione Europea, come Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia, che hanno lamentato l’applicazione da parte del monopolista russo di tariffari “politici”, più cari rispetto alla media di mercato.

Nel contempo, Gazprom ha valorizzato i Paesi dell’Unione Europea occidentale -maggiormente favorevoli a mantenere strette relazioni con Mosca- concedendo sconti a compagnie francesi, tedesche e italiane in cambio del supporto di Berlino, Parigi e Roma alla realizzazione del Nordstream e del Southstream: gasdotti progettati per veicolare gas dalla Russia direttamente a Germania e Italia, bypassando i Paesi UE dell’Europa Centro Orientale.


Dinnanzi alla questione, la Commissione Europea ha reagito con fermezza aprendo una procedura di infrazione contro Gazprom per l’applicazione di tariffari politicamente motivati ai Paesi dell’Europa Centro-Orientale. La Commissione Europea ha anche congelato la realizzazione del Southstream per via della sua non conformità al Terzo Pacchetto Energetico Europeo: legge UE che vieta il possesso congiunto di gasdotti e gas da parte di una sola compagnia.

Tuttavia, la Commissione Europea non ha saputo chiudere la partita del Nordstream -il cui primo tratto è stato realizzato nel 2012- sul quale Gazprom ha avviato un progetto di potenziamento appoggiato da potentati economici tedeschi, francesi, belgi ed olandesi. 

Da un lato, per voce di Ševčovič, la Commissione Europea ha rigettato categoricamente il prolungamento del Nordstream, denunciando il progetto come contrario sia alla legge UE, che al piano di diversificazione delle forniture energetiche che l’Unione Europea ha avviato per diminuire la dipendenza dal gas russo importando oro blu dall’Azerbaijan e LNG da Qatar, Norvegia e Stati Uniti d’America. 

La Commissione Europea, e il Vicepresidente Ševčovič nello specifico, ha anche fortemente contestato la volontà di Gazprom di dividere la solidarietà interna all’UE facendo leva sugli interessi dei singoli Paesi membri in materia di energia.

Dall’altro, singoli Paesi membri dell’Unione Europea, come Germania e Francia, non hanno nascosto il loro pieno sostegno al Nordstream malgrado l’incompatibilità con la legge UE. 

Il Vice Cancelliere tedesco, Sigmar Gabriel, si è fatto portavoce di un fronte pro-Nordstream al quale appartengono molti parlamentari tedeschi, francesi e olandesi, nonché membri dell’Europarlamento fortemente influenzati dalla lobby energetica russa: una delle più attive a Strasburgo.

Considerati i precedenti tra Ucraina e Russia, e tra Russia ed Unione Europea, la disputa energetica tra Naftohaz e Gazprom si preannuncia, dunque, molto delicata.


L’importanza del Sistema Infrastrutturale Energetico ucraino

Dal punto di vista europeo, è auspicabile che la Commissione Europea assuma una posizione ferma e non-negoziabile in merito alla necessità di mantenere l’Ucraina come principale Paese di transito del gas russo nel mercato dell’Unione Europea.

Infatti, la realizzazione di gasdotti che uniscono la Russia a Paesi dell’Europa Occidentale mette a repentaglio la solidarietà interna UE in materia di energia e, più nello specifico, la realizzazione dell’Unione Energetica Europea: progetto concepito dal Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, per creare un mercato unico UE del gas. 

Inoltre, la realizzazione del Southstream e il prolungamento del Nordstream aumenterebbero la quantità di gas russo importato in Unione Europea, de facto contrastando la politica di diversificazione delle forniture che la Commissione Europea ha varato per garantire la libera concorrenza e, sopratutto, la sicurezza energetica dei Paesi UE.

Dall’altro, è importante che Ševčovič si ricordi che l’Ucraina rappresenta un Paese di transito affidabile e sicuro, grazie ad una rete di gasdotti capillare e in buono stato. 

Teoricamente, il blocco del flusso del gas russo verso l’Unione Europea attraverso l’Ucraina può verificarsi infatti solo in caso di 29 avarie contemporanee in altrettanti punti del sistema infrastrutturale energetico ucraino.

Matteo Cazzulani

Analista Politico dell’Europa Centro Orientale

@MatteoCazzulani

L’Ucraina interessata al Corridoio Energetico Europeo

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on December 30, 2015

Come dichiarato dal Ministro dell’Energia ucraino, Volodymyr Demchyshyn, Kyiv intende importare gas dalla Turchia per decrementare la dipendenza dalla Russia. Già avviati i contatti con Slovacchia e Polonia per una partnership energetica



Varsavia – Un’Ucraina pienamente europea sul piano energetico. Questo è quanto emerso dalle dichiarazioni del Ministro dell’Energia ucraino, Volodymyr Demchyshyn, che, all’agenzia Trend, ha dichiarato che Kyiv è interessata a compartecipare al Corridoio Meridionale Energetico Europeo, fascio di gasdotti concepito dalla Commissione Europea per importare gas dall’Azerbaijan per diversificare le forniture di energia.

Nello specifico, il Ministro Demchyshyn ha evidenziato come l’Ucraina sia interessata ad importare gas dal Gasdotto Trans Anatolico -TANAP- una delle infrastrutture del Corridoio Meridionale Energetico Europeo deputato a veicolare il gas proveniente dall’Azerbaijan dalla Georgia al confine tra Turchia e Grecia, attraverso tutta la penisola anatolica. 

L’altra infrastruttura del Corridoio Meridionale Energetico Europeo è il Gasdotto Trans Adriatico -TAP- progettato per veicolare il gas azero dalla Grecia all’Italia attraverso l’Albania.

La partecipazione dell’Ucraina al Corridoio Meridionale Energetico Europeo è resa ancora più forte dal recente interessamento di Israele al progetto come fornitore di gas attraverso un gasdotto che collega i giacimenti israeliani del Mar Mediterraneo alla Turchia.

Inoltre, l’Ucraina, a seguito dell’aggressione militare russa nel Donbas e all’annessione illegale della Crimea alla Russia, è in cerca di ogni forma possibile per rendersi totalmente indipendente da Mosca. 

Per questa ragione, l’Ucraina ha già raggiunto accordi per l’importazione di gas dalla Slovacchia, mentre la Polonia ha offerto a Kyiv l’invio del gas che Varsavia importa sotto forma di LNG dal rigassificatore di Świnoujście.

Nonostante l’opera di diversificazione da Mosca, il Ministro Demchyshyn ha ribadito l’impegno dell’Ucraina come Paese di transito del gas russo verso gli acquirenti dell’Unione Europea particolarmente dipendenti dalle forniture della Russia, come Austria, Slovenia e Italia.

Europa Centrale, Commissione Europea, Consiglio Europeo e Italia contro il Nordstream

Il Ministro Demchyshyn ha poi criticato il prolungamento del Nordstream, gasdotto progettato dalla Russia, in partnership con la Germania, per veicolare 110 miliardi di metri cubi all’anno dal territorio russo a quello tedesco attraverso il fondale del Mar Baltico.

Il Nordstream, il cui primo tratto, dalla portata di 55 miliardi, di metri cubi è già stato realizzato nel 2012, incrementa la dipendenza dell’Unione Europea dalle forniture di gas della Russia e isola i Paesi membri dell’UE dell’Europa Centro Orientale.

Per questa ragione, i Paesi della regione dal Mar Baltico al Mar Adriatico, rappresentati dal Presidente della Polonia, Andrzej Duda, e dal Premier della Repubblica Ceca, Bohuslav Sobotka, hanno fortemente contestato il Nordstream.

Concordi con la posizione dei Paesi dell’Europa Centro Orientale si sono detti, per diverse ragioni, il Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, il Premier italiano, Matteo Renzi, e il Commissario UE all’Energia, Maroš Ševčovič.

Matteo Cazzulani

Analista Politico dell’Europa Centro Orientale

@MatteoCazzulani

Orban ci ripensa su Ucraina, Russia ed Europa

Posted in Ungheria by matteocazzulani on November 16, 2015

Il Premier ungherese dichiara che l’inviolabilità dei confini ucraini è condizione fondamentale per la sicurezza di Budapest. Parole di elogio anche nei confronti dell’Unione Europea dopo le recenti frizioni.



Varsavia – I confini dell’Ucraina devono rimanere inviolati e l’Unione Europea deve essere rafforzata per creare un’entità statale in grado di valorizzare e sviluppare i suoi Paesi membri. Questa è la nuova posizione del Premier ungherese, Viktor Orban, che nella giornata di martedì, 10 Novembre, sulle colonne del portale Portfolio.hu ha dichiarato il sostegno dell’Ungheria all’indipendenza e all’integrità territoriale ucraina.

Nello specifico, Orban ha evidenziato che la destabilizzazione dell’Ucraina non rientra nell’interesse nazionale ungherese, così come la presenza di un confine condiviso con la Russia, che il Premier dell’Ungheria ha definito essere “indesiderato” da Budapest.

La presa di posizione di Orban, che pur avendo dichiarato la sua volontà di mantenere un rapporto di stretta collaborazione con la Russia ha sottolineato che l’Ungheria si batterà per l’integrità territoriale ucraina, rappresenta un vero e proprio cambio di campo, dal momento in cui il Premier ungherese è stato tra i leader europei che non hanno mai condannato né l’annessione armata della Crimea a parte di Mosca, né l’occupazione militare russa del Donbas.

Inoltre, nel corso di diversi eventi pubblici, Orban si è presentato come paladino dei diritti della minoranza magiara in Ucraina che, secondo il suo punto di vista, sarebbero calpestati dal nuovo Governo di Kyiv: un’argomentazione che lede con la realtà dei fatti, ma che risulta pienamente in linea con la retorica anti-ucraina del Presidente della Russia, Vladimir Putin.

La svolta “pro-Ucraina” di Orban -che molto probabilmente resterà una mera dichiarazione senza alcuna attuazione pratica- non è che l’ultimo valzer geopolitico del Premier ungherese, che è già passato dal fronte Occidentale a quello russo nel corso degli ultimi anni.

Nel 2011, Orban ha fortemente sostenuto la realizzazione del Southstream, gasdotto concepito dalla Russia per incrementare la dipendenza dell’Europa dal gas russo in piena violazione delle leggi europee in materia di libera concorrenza. Pochi anni prima, Orban era uno dei più accesi sostenitori del Nabucco, infrastruttura concepita dalla Commissione Europea per diversificare le forniture di gas dell’Unione Europea veicolando gas direttamente dall’Azerbaijan.

Nel 2014, di pari passo con il Southstream, Orban ha consentito a Putin investimenti per 10 miliardi di Euro finalizzati all’ampliamento della centrale nucleare di Paks, l’unica dell’Ungheria, una decisione che ha de facto incrementato il controllo della Russia sul settore energetico ungherese. 

Nel 1999, Orban, alla sua prima esperienza da Premier, ha condotto convintamente l’Ungheria nella NATO per salvaguardare l’appartenenza dell’Ungheria nella comunità occidentale, memore del periodo in cui Budapest è stata ripetutamente soggiogata dalla Russia sovietica.

Nel suo cambio di posizione geopolitica, Orban ha fatto anche riferimento all’Unione Europea, ribadendo che la convinta adesione all’UE dell’Ungheria ha consentito a Budapest di essere oggi un’altra Ucraina. 

Le parole di lode di Orban nei confronti dell’UE vanno però in disaccordo con quanto il Premier ungherese ha dichiarato sull’Unione Europea nel Febbraio 2015, dipingendo in negativo il Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, per via delle sue posizioni di forte critica nei confronti della Russia.

L’Ungheria lentamente torna a casa

Proprio la figura di Tusk, Premier della Polonia per otto anni, è centrale nel comprendere il perché della svolta filorussa di Orban, che in occasione di diversi vertici europei si è presentato come il leader di uno schieramento “russofilo” interno all’UE composto da Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca ed Austria.

Infatti, con la decisione dei Governi Tusk di porre la collaborazione con la Germania come priorità della politica estera polacca, la Polonia ha de facto privato l’Europa Centro Orientale del suo leader naturale, lasciando che Orban e i leader politici di Repubblica Ceca e Slovacchia si lasciassero tentare dalle sirene di Putin, abile a offrire vantaggi energetici ed economici in cambio della fedeltà politica alla linea di Mosca.

A cambiare la situazione è stata l’elezione a Presidente di Andrzej Duda, che ha riportato Varsavia ad essere il Paese leader dell’Europa Centro Orientale, avviando un lento ma deciso riavvicinamento di Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia ad un impegno all’interno di una coalizione regionale con Polonia e Paesi Baltici per difendere gli interessi della regione all’interno dell’Unione Europea e della NATO. 

Come dimostrato dal recente Minivertice NATO di Bucarest, Polonia, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Lituania, Lettonia ed Estonia hanno infatti dichiarato la volontà di rafforzare le strutture difensive dell’Alleanza Atlantica in Europa Centro Orientale per tutelare la sicurezza della regione dall’aggressione militare russa.

Matteo Cazzulani 

Analista Politico dell’Europa Centro Orientale

@MatteoCazzulani

Szydło premier, Kopacz in minoranza: in Polonia è terremoto politico

Posted in Polonia by matteocazzulani on November 14, 2015

Il Presidente polacco, Andrzej Duda, nomina la Vicepresidente del Partito conservatore PiS premier del primo Governo monocolore della storia del Paese. Il Ministro degli Esteri nominato Witold Waszczykowski promette un cambio radicale in politica estera esonerando in corsa Ambasciatori ritenuti inefficienti

Varsavia – Cambiare radicalmente gli equilibri della politica polacca in due giorni è possibile, così come dimostrato dai fatti di venerdì, 13 Novembre, giorno nel quale il Presidente della Polonia, Andrzej Duda, ha designato nuovo premier Beata Szydło, Vicepresidente del Partito conservatore Diritto e Giustizia -PiS, la forza politica che ha ottenuto la maggioranza dei seggi in parlamento nelle scorse Elezioni Parlamentari di Domenica, 25 Ottobre- già coordinatrice della campagna elettorale presidenziale che ha portato Duda alla presidenza lo scorso Maggio.

La Szydło, chiamata a reggere il primo Governo monocolore nella storia polacca dalla caduta del comunismo, ha già anticipato i nomi dei Ministri che faranno parte dell’Esecutivo, e, secondo fonti ben accreditate, è pronta ad esporre in parlamento il suo primo Exposé, necessario per l’ottenimento del voto di fiducia e, di conseguenza, per l’insediamento vero e proprio.

Tra i Ministri nominati, particolarmente attivo è il futuro Ministro degli Esteri, Witold Waszczykowski, che, senza aspettare il voto di fiducia, ha preannunciato cambi importanti nella politica estera della Polonia in una lunga intervista rilasciata al quotidiano Rzeczpospolita.

Nello specifico, Waszczykowski ha preannunciato che le priorità della politica estera polacca saranno incentrate sull’Europa Centro Orientale, in linea con il progetto del Presidente Duda di rendere la Polonia il Paese leader della regione dell’Unione Europea che va dal Mar Baltico al Mar Nero.

Nell’intervista, Waszczykowski ha anche sottolineato l’opposizione della Polonia al raddoppio del gasdotto Nordstream, infrastruttura progettata dalla Russia per incrementare la dipendenza dell’Unione Europea dal gas russo bypassando l’Europa Centro Orientale e rifornendo di gas, attraverso il fondale del Mar Baltico, direttamente la Germania -Paese che più di tutti sostiene il progetto, nonostante esso metta a serio repentaglio la sicurezza energetica e nazionale di Paesi membri dell’UE, quali Polonia, Stati Baltici, Ungheria, Slovacchia e Romania.

Infine, Waszczykowski, dopo avere evidenziato la necessità di rafforzare le relazioni con gli Stati Uniti d’America, sopratutto favorendo la finalizzazione della Partnership Industriale e Commerciale Trans Atlantica -TTIP- ha dichiarato l’intenzione di richiamare alcuni Ambasciatori nominati dal precedente Governo della moderata Piattaforma Civica -PO- in Paesi chiave per il nuovo corso della politica estera polacca, tra cui l’Ucraina.

Tusk il vero sconfitto

Proprio in casa PO, la nomina del Governo Szydło, ed ancor più la sconfitta sonora subita nelle Elezioni Parlamentari, ha portato ad un rimescolamento delle carte interne con la vittoria di Sławomir Neuman nelle elezioni interne per la carica di Capogruppo e leader dell’opposizione in parlamento.

Sconfitta da Neuman nella votazione interna al Gruppo parlamentare della PO, la premier uscente, Ewa Kopacz, ha rinunciato a correre per la guida del Partito, lasciando de facto la strada spianata a Grzegorz Schetyna, ex-Ministro degli Esteri leader della fazione “conservatrice” della PO opposta a quella “riformista” della Kopacz e a quella “centrista” del Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk.

Proprio Tusk, che ha saputo evolvere la Polonia a moderno Paese europeo in 8 anni di Governo -tanto da guadagnarsi la rielezione nel 2011 come unico premier nella storia della Polonia- è il principale sconfitto dalla situazione, in crisi com’è nelle Istituzioni Europee, con l’osteggiato PiS saldamente al potere in Polonia, e il rivale Schetyna ad un passo dal coronare il sogno di guidare la “sua” PO.

Matteo Cazzulani
Analista Politico dell’Europa Centro Orientale
@MatteoCazzulani

IMG_0482-0.JPG

La giusta battaglia di Cameron contro l’ipocrisia di Juncker

Posted in Unione Europea by matteocazzulani on November 12, 2015

Il Primo Ministro britannico propone condizioni ragionevoli per mantenere la Gran Bretagna in un’Unione Europea riformata. Pari opportunità tra eurozona e Paesi extra-Euro la questione principale che l’Unione Europea deve risolvere per mantenersi viva e forte nel Mondo



Varsavia – La richiesta di riforma dell’Unione Europea del Primo Ministro britannico, David Cameron, è una battaglia per un’UE più equa, contro lo strapotere -e l’arroganza- dell’Asse franco-tedesco. Nella giornata di lunedì, 9 Novembre, con una lettera inviata al Presidente del Consiglio Europeo, il polacco Donald Tusk, Cameron ha posto quattro condizioni per la permanenza della Gran Bretagna all’interno dell’Unione Europea: maggiore ruolo dei Parlamenti nazionali, deregulation per favorire imprese, sviluppo e lavoro, limitazione delle migrazioni interne, pari diritti tra Paesi della zona euro e Paesi che preferiscono mantenere una propria moneta nazionale.

Se solo su uno dei punti proposti da Cameron, la limitazione delle migrazioni interne, possono essere mosse perplessità -anche se la Gran Bretagna è oggi meta di centinaia di cittadini degli Stati dell’UE del sud alla disperata ricerca di un lavoro che Londra fa fatica ad assorbire nel suo tessuto sociale- per il resto il Primo Ministro britannico pone sul tavolo punti che, se realizzati, possono portare ad un’UE finalmente più attiva e dinamica.

Concedendo maggiore potere ai Parlamenti nazionali, l’Unione Europea diventa maggiormente capace di tutelare gli interessi specifici di quei Paesi la cui voce è finora poco se non per nulla ascoltata a Bruxelles. Inoltre, il ruolo dei Parlamenti nazionali è maggiormente vincolante rispetto a quello di un Parlamento Europeo al quale, ad oggi, non si è voluto concedere poteri legislativi, bensì solamente consultativi.

Per quanto riguarda la deregulation, Cameron propone di eliminare quegli ostacoli burocratici che, ad oggi, limitano sia la libera iniziativa in ambito economico -il vero sale della salute economica di ogni Paese, dato che la possibilità di aprire attività commerciali senza uno stato controllore ed impositore di tasse crea lavoro e benessere- sia la presa di decisioni importanti per il futuro dell’Unione Europea, come l’approvazione del Trattato di Partnership Trans Atlantica -TTIP- per creare una zona di libero scambio tra UE e Stati Uniti.

Sulla questione delle pari opportunità tra Paesi della Zona Euro e Paesi extra-Euro, Cameron solleva una questione sacrosanta, dal momento in cui, ad oggi, l’appartenenza all’eurogruppo è un discrimine adottato dall’asse franco-tedesco per favorire alcuni Paesi membri dell’Unione Europea piuttosto che altri. 

Ne sono esempio Polonia, Lituania e Romania, Paesi non appartenenti all’eurozona -la Lituania appartiene all’eurogruppo dal 2015- che nel 2012 hanno visto inascoltato, e calpestato il diritto ad opporsi alla realizzazione del Nordstream, gasdotto progettato da Russia, Germania, Francia, Olanda e Belgio per incrementare la dipendenza dell’Europa dalle forniture di gas russo bypassando i Paesi membri dell’UE dell’Europa Centro Orientale.

La battaglia di Cameron per la riforma dell’Unione Europea è dunque una battaglia di civiltà per un’Europa più equa, in cui i diritti di tutti i Paesi siano rispettati, e in cui i bisogni di ogni Stato membro siano compresi e risolti. 

Ad esempio, la richiesta attuale di Gran Bretagna, Polonia, Danimarca, Romania e Croazia -Stati non appartenenti alla zona Euro- di una maggiore presenza della NATO in Europa Centro Orientale per garantire la sicurezza nazionale dei Paesi della regione messa a repentaglio dalle continue provocazioni militari russe ai confini della UE è fortemente opposta da Germania, Francia, Italia, Olanda e Belgio, Paesi della zona euro legati strettamente alla Russia di Putin da interessi che, come nel caso del sopracitato Nordstream, infrangono la solidarietà interna dell’Unione Europea in materia di energia e difesa.

Tusk nel mirino della “vecchia Europa”

Oltre alla questione statutaria, la proposta di Cameron si intreccia con una querelle interna alle Istituzioni europee tra il Presidente del Consiglio Europeo Tusk, e il Presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, tra i quali, nonostante la comune appartenenza al Partito Popolare Europeo, non corre buon sangue.

Secondo fonti ben informate, che hanno chiesto l’anonimato, Juncker, politico di lungo corso delle Istituzioni Europee con buoni contatti ed una padronanza linguistica adatta ad ottenere il consenso di tedeschi e francesi, starebbe orchestrando il dimissionamento di Tusk che, al contrario, ha ancora poca esperienza in Europa ed è gravato da una scarsa conoscenza dell’inglese.

Il motivo della rivalità di Juncker con Tusk è legato a due fattori. In primis, la nazionalità di Tusk, in quanto molti dirigenti UE mal digeriscono la presenza di un esponente di un Paese non appartenente alla zona euro -e ancor più appartenente all’Europa Centro Orientale- a Capo di una delle tre Istituzioni europee.

In secondo luogo, Juncker intrattiene stretti rapporti con Putin, come dimostrato dalle recenti dichiarazioni con cui il Presidente della Commissione Europea in persona ha sostenuto la necessità di rompere con la tradizionale alleanza dell’UE con gli USA proponendo l’eliminazione delle sanzioni imposte alla Russia in seguito all’annessione della Crimea e all’occupazione dell’Ucraina Orientale.

Ponendosi in contrapposizione a Juncker, esponente di una “vecchia Europa” filorussa, antiamericana e polonofoba -orientamento condiviso in Italia da Berlusconi, Salvini, Meloni, Grillo e Gentiloni- Cameron sostiene una coraggiosa riforma per un’Unione Europea davvero in grado di agire da protagonista nel Mondo del XXI Secolo come parte della Comunità Occidentale stretta alleata di Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia e degli altri Paesi che hanno in democrazia, libertà e progresso i propri principi fondanti. 

Qualora, invece, dovesse vincere la linea Juncker, l’Unione Europea finirebbe inevitabilmente per diventare un rottame politico, vassallo della Russia e preda facile del terrorismo internazionale che, così come Putin, nella divisione interna tra “Vecchia Europa” ed “Europa extra-euro” vede l’unica possibilità di affossare una volta per tutte la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa.

Matteo Cazzulani

Analista Politico dell’Europa Centro Orientale

@MatteoCazzulani

Polonia: presentato il Governo Szydło

Posted in Polonia by matteocazzulani on November 10, 2015

Il Presidente del Partito conservatore Diritto e Giustizia, Jaroslaw Kaczynski, approva la candidatura a Premier della Vicepresidente del Partito. L’atlantista Waszczykowski e il controverso Macierewicz nominati rispettivamente Ministri di Esteri e Difesa

Varsavia – Non sono mancate le sorprese nella formazione del nuovo Governo della Polonia, un Esecutivo monocolore retto dal Partito conservatore Diritto e Giustizia -PiS- la forza politica che ha ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento dopo la storica vittoria nelle Elezioni Parlamentari della scorsa Domenica, 25 Ottobre.

Durante una conferenza stampa, nella giornata di lunedì, 9 Novembre, il Presidente del PiS, Jaroslaw Kaczynski, ha presentato la Vicepresidente del Partito, Beata Szydło, come nuovo Premier della Polonia, così come preannunciato durante la campagna elettorale.

A sua volta, la Szydło ha presentato la rosa dei Ministri del nuovo Governo, tra cui spiccano i Vicepremier Piotr Glinski -Professore di sociologia candidato a più riprese dal PiS come Premier di un Governo tecnico- e Jaroslaw Gowin, leader del Partito conservatore Polonia Insieme -PR- i cui candidati, nelle Elezioni, hanno corso nelle liste del PiS.

La nomina a Vicepremier di Gowin, proposto come Ministro della Difesa durante la campagna elettorale, ha lasciato la porta aperta alla nomina alla guida del Dicastero della Difesa di Antoni Macierewicz, figura controversa impegnata nel chiarimento delle cause della Catastrofe di Smolensk, nella quale, nel 2010, è stato ucciso il Presidente Lech Kaczynski, il fratello gemello di Jaroslaw.

Altra nomina importante è quella a Ministro degli Esteri di Witold Waszczykowski, diplomatico di chiaro orientamento atlantista che, come Vicesegretario alla Difesa, ha negoziato l’accordo per il dislocamento degli elementi dello Scudo Spaziale USA in Europa Centrale nel 2008.

Con la nomina del Professor Glinski a Vicepremier con delega alla Cultura, il nuovo Governo polacco intende porre le tematiche culturali al centro dell’attività di Governo, un aspetto che potrebbe portare sia ad una maggiore riflessione storica sui rapporti con importanti vicini della Polonia come Ucraina e Lituania, che ad un peggioramento delle relazioni con Kyiv e Vilna.

D’altro canto, la nomina di Macierewicz lascia presagire la riapertura del dossier sulla Catastrofe di Smolensk, su cui il Governo della moderata Piattaforma Civica -PO, la forza partitica che ha governato la Polonia negli ultimi 8 anni- ha lesinato ogni indagine approfondita.

Infine, la nomina di Waszczykowski testimonia una svolta in Politica Estera in senso atlantista e più attento a rendere la Polonia il Paese-leader dell’Europa Centro Orientale, dopo anni in cui, sempre sotto i Governi PO, la Polonia ha guardato quasi solo alla Germania come partner strategico per rafforzare la propria posizione in seno all’Unione Europea.

La querelle sul vertice UE

Il Governo Szydło sarà chiamato al voto di fiducia in occasione della prima seduta del nuovo Parlamento, che il Presidente polacco, Andrzej Duda, ha fissato per giovedì, 12 Novembre, una data che coincide con il vertice informale sull’immigrazione convocato dal Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk.

La scelta della data ha creato una polemica, dal momento in cui il Premier uscente, Ewa Kopacz, formalmente la leader in Parlamento della PO -alla quale appartiene Tusk- non potrà presenziare al vertice europeo.

Dal canto suo, il Presidente Duda ha lamentato di non essere stato informato della convocazione del vertice europeo, pertanto, a suo dire, la scelta di convocare la prima seduta del Parlamento è stata presa in linea con il calendario degli impegni del Governo di cui l’Amministrazione Presidenziale è al corrente.

Matteo Cazzulani
Analista Politico dell’Europa Centro Orientale
@MatteoCazzulani

IMG_0475.JPG

Polonia: Tante le incognite sul trionfo storico di PiS 

Posted in Polonia by matteocazzulani on October 30, 2015

Il partito conservatore polacco ottiene la maggioranza dei seggi e può formare un Governo in solitaria per la prima volta nella storia del Paese. Completata la riscossa dopo una lunga parentesi all’opposizione



Varsavia – Quella del partito conservatore polacco Diritto e Giustizia -PiS- nelle elezioni parlamentari di Domenica, 25 Ottobre, è una vittoria assoluta che fa storia per numeri e portata. Come sancito dai dati definitivi, il PiS ha ottenuto la maggioranza dei seggi in parlamento, grazie ad un 37% che vale la nomina di 230 deputati. Seconda, staccata al 24%, è la moderata Piattaforma Civica, forza di Governo uscente che, con 137 deputati, sarà il Gruppo parlamentare più numeroso dell’opposizione. 

A seguire, con l’8% e 43 deputati, vi è il movimento populista Kukiz15, seguito dai social-liberali di Moderna, quarti con il 7% dei consensi e 32 Deputati, ed il Partito contadino PSL, ultima forza a superare la soglia di sbarramento con il 5%, pari a 17 Deputati.

La presenza di un solo partito, PiS, con la maggioranza dei seggi rappresenta un fatto storico per la Polonia, così come l’assenza di forze politiche di sinistra, in quanto la coalizione della Sinistra Unita ha solamente sfiorato l’8% di sbarramento richiesto alle coalizioni per entrare in parlamento.

Grazie allo storico risultato elettorale, PiS può formare un Governo monocolore che, come confermato dalla Direzione del partito, sarà guidato da Beata Szydlo, Vicepresidente del PiS e candidata a premier del partito conservatore.

Tra Governo e opposizione

Quella del PiS, forza politica di orientamento conservatore con una forte vocazione sociale appartenente al gruppo dei Conservatori e Riformatori Europei -ECR- è una parabola politica iniziata nel 2001 su iniziativa dell’allora Ministro della Giustizia, Lech Kaczynski, e del suo fratello gemello, Jaroslaw Kaczynski, destinato a guidare PiS fino ad oggi. 

Dopo la vittoria di Lech Kaczynski nelle elezioni presidenziali del 2005, nello stesso anno PiS vince anche le elezioni parlamentari, dando vita ai Governi guidati da Kazimierz Marcinkiewicz e Jaroslaw Kaczynski, in coalizione con il partito populista Samobrona e la Lega delle Famiglie Polacche. 

Sconfitto nelle elezioni parlamentari anticipate del 2007 dalla PO dopo la caduta del Governo, PiS inizia un lungo periodo all’opposizione, che continua dopo la vittoria di Bronislaw Komorowski su Jaroslaw Kaczynski nelle elezioni presidenziali anticipate del 2010, rese necessarie in seguito alla Catastrofe di Smolensk, nella quale il Presidente Lech Kaczynski viene ucciso.

Per PiS, sconfitto dalla PO del riconfermato Premier Donald Tusk nelle elezioni parlamentari del 2011, la riscossa inizia con le elezioni presidenziali del 2015, nelle quale il giovane europarlamentare Andrzej Duda, presentatosi come l’erede di Lech Kaczynski, spodesta Komorowski dalla presidenza della Polonia, aprendo la strada alla storica vittoria del PiS nelle elezioni parlamentari dello scorso 25 Ottobre.

Tra Lech Kaczynski e Orban

Se sul piano della politica interna il nuovo Governo si presenta con un programma chiaro, basato su abbassamento dell’età previdenziale, incentivi alle famiglie con figli, maggiore controllo dello Stato sull’economia nazionale, in politica estera PiS rappresenta un’incognita.

Di sicuro, il governo PiS sosterrà l’iniziativa del Presidente Duda atta a rendere la Polonia il Paese leader dell’Europa Centro Orientale, così da tutelare gli interessi della regione, altrimenti nota come Intermarium, in seno ad un’Unione Europea sempre più germanocentrica.

Proprio la Germania rappresenta un punto di discontinuità che il Governo PiS intende approntare, ponendo fine alla realizzazione della “Politica dei Piasti” che i precedenti esecutivi della PO hanno seguito per rafforzare i rapporti della Polonia con la Germania.

Sul fronte est, il governo PiS potrebbe riprendere l’iniziativa di Lech Kaczynski legata all’attuazione della “Politica Jagellonica”, i cui postulati prevedono un ruolo attivo della Polonia per garantire democrazia, libertà ed indipendenza in Ucraina e nei Paesi dello spazio ex-sovietico la cui sovranità è messa a serio repentaglio dall’imperialismo di stampo militarista della Russia di Putin.

Tuttavia, segnali preoccupanti presentano la possibilità che il nuovo PiS sia incline ad abbandonare la lezione di Lech Kaczynski per abbracciare la cosiddetta “Politica dei Kresy”, che prevede un atteggiamento di ostilità nei confronti di Ucraina e Lituania basato su tensioni etniche legate al periodo interbellico: una situazione che, alla lunga, finisce per favorire gli interessi della Russia di Putin in Europa Orientale.

In caso di ripristino dell’impegno di Lech Kaczynski in sostegno della libertà dei popoli europei oggi soggetti all’aggressione militare russa, la Polonia potrebbe finalmente ritornare ad essere il Paese-modello per Ucraina, Moldova e Georgia nel loro lento e faticoso cammino verso l’integrazione nella comunità Euroatlantica.

Nel caso, invece, la dottrina dei Kresy dovesse prendere il sopravvento presso il Governo PiS, la Polonia rischierebbe seriamente di replicare quanto avvenuto in Ungheria con il Governo di Viktor Orban, in cui un Partito, Fidesz, erede della resistenza anti-sovietica è finito per diventare una delle forze politiche più apertamente a favore dell’atteggiamento imperialista di Putin in Ucraina e Georgia.

Matteo Cazzulani

Analista Politico dell’Europa Centro Orientale

@MatteoCazzulani