Ucraina: Russia e NATO al riarmo in Europa Centro-Orientale
L’aviazione militare russa incrementa i voli a pochi chilometri ai confini dell’Unione Europea, mentre l’Alleanza Atlantica rafforza la presenza della sua marina nel Mar Nero. La propaganda di Mosca contro il piano di cooperazione globale degli Stati Uniti d’America
L’aggressività militare di stampo imperialista da un lato e la cooperazione per la Pace dall’altro. Queste sono le forze in campo in Ucraina e nei Paesi membri dell’Unione Europea dell’Europa Centrale, dopo che, nella giornata di mercoledì, 28 Maggio, la Russia ha promesso di incrementare il numero dei voli di pattugliamento militare nei cieli ucraini e di alcuni Stati UE.
Come dichiarato dal Capitano dell’esercito russo Michail Nenshev, velivoli militari di classe Su-24 potenzieranno la quantità dei voli che, negli scorsi mesi, hanno visto aerei dell’esercito della Federazione Russa violare ripetutamente lo spazio aereo di Estonia, Lettonia, Gran Bretagna, Danimarca, Svezia e Finlandia.
La minaccia, che ha prevalentemente una ratio propagandistica, dato che gli apparecchi coinvolti sono stati realizzati negli anni settanta, in piena epoca sovietica, ha visto la pronta risposta della NATO, che ha immediatamente dislocato nel Mar Nero la fregata francese Sucouf.
La Sucouf, capace per via della sua piccola dimensione di bucare alcune delle difese radar dei russi, è entrata nel Mar Nero per accompagnare l’incrociatore statunitense Vella Gulf, e per dare il cambio alla Dupuy de Lome: nave militare francese che ha superato il limite massimo di giorni in cui la permanenza del Mar Nero è consentita dai Trattati internazionali.
Obama rinuncia alla guerra preventiva
La risposta della NATO alle provocazioni militari della Russia sono state accompagnate dalla nuova strategia di politica internazionale che il Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, ha presentato presso l’Accademia Militare di West Point, nella giornata di mercoledì, 28 Maggio.
Obama ha ribadito la volontà di rinunciare all’intervento militare in aree in cui sono presenti terroristi per privilegiare, almeno in prima battuta, la cooperazione con le forze militari dei Paesi in questione.
Per quanto riguarda la crisi ucraina, Obama ha sottolineato come l’intervento degli USA mediante sanzioni mirate a settori nevralgici dell’economia russa abbia portato all’isolamento internazionale della Russia come riposta all’aggressione armata di Mosca a Kyiv e alla violazione dell’integrità territoriale ucraina da parte della Federazione Russa.
Obama ha poi sottolineato come la rinuncia all’uso della forza, fatto salvo situazioni di emergenza che mettono a serio repentaglio la sicurezza nazionale statunitense, deve portare gli USA ad affermarsi nel Mondo come una superpotenza che si avvale di mezzi pacifici per sviluppare Pace, Democrazia, Diritti Umani e Civili e Libertà laddove esse non sono ancora presenti.
Matteo Cazzulani
Analista di politica dell’Europa Centro-Orientale
Twitter: @MatteoCazzulani
Europee: il voto dell’Europa Centrale spinge il PPE a destra
Pareggi che penalizzano le forze governative avvengono in Polonia, Repubblica Ceca e Lituania, mentre in Croazia ed Austria avvengono ribaltoni. Conferme alle forze di Governo in Ungheria, Slovacchia e Romania.
Tanti pareggi dal sapore di sconfitta per le forze governative, alcuni cambiamenti di fronte netti e chiari e qualche conferma destinata a pesare nello scenario politico europeo. Questo è il quadro del voto europeo nei Paesi dell’Europa Centro-Orientale, da dove, nonostante la bassa affluenza, è provenuto un apporto decisivo al Partito Popolare Europeo PPE, che ha vinto le elezioni europee staccando il Partito dei Socialisti Europei PSE di soli quattro punti percentuali: 28% a 24%.
In Polonia, i conservatori di Diritto e Giustizia -affiliati al gruppo dei Conservatori e Riformatori Europei, ECR- hanno superato la cristiano democratica Piattaforma Civica -membro PPE- con il 32% dei consensi contro il 31%: un risultato che sancisce un sorpasso, seppur minimale, del più importante Partito di opposizione alla principale forza di Governo, rappresentata dal Premier, Donald Tusk.
Terza, sempre in Polonia, si è classificata, con il 9% dei consensi, la coalizione socialdemocratica SLD-UP, appartenente al Partito dei Socialisti Europei.
Ad entrare al Parlamento Europeo, con il 7% dei voti, sono poi i contadini del PSL -membri del PPE e partner di governo della Piattaforma Civica- e la Nuova Destra: formazione euroscettica che ha ottenuto il 7% dei consensi.
Un pareggio che sa di sconfitta è anche quello subito in Repubblica Ceca dal Partito SocialDemocratico ceco CSSD, che, con il 14% dei consensi, si è visto superare dai Partner di coalizione del moderato ANO, primo con il 16%, e dalla forza Liberal-Conservatrice di opposizone TOP09, seconda con il 15% dei consensi.
Oltre ad ANO, TOP09 e CSSD -che appartengono rispettivamente all’Alleanza dei Liberali e Democratici Europei ALDE e al PSE- entrano in Parlamento Europeo anche i comunisti -membri della Sinistra Unita Europea, quarti con il 10% dei voti, i cristianodemocratici -membri PPE, quinti con il 9% dei consensi- e i conservatori del Partito Democratico Civico -membri ECR, sesti con il 7% dei voti.
Altro Pareggio che penalizza le forze di governo è avvenuto in Lituania, dove l’Unione per la Patria, forza politica conservatrice che appartiene al PPE, ha superato di poco, con il 19% dei consensi, il Partito SocialDemocratico Lituano del Premier Algirdas Butkevicius, appartenente al PSE.
Terzo, sempre in Lituania, il Movimento Liberale Lituano -membro ALDE, con il 16% dei voti- seguito dai conservatori del Partito Ordine e Giustizia -membro ECR, quarto con il 14% dei voti- dal Partito del Lavoro -membro PSE, quinto con il 12% dei consensi- e dall’Azione dei Polacchi in Lituania -membro ECR, sesto con l’8% dei voti.
Un ribaltone politico è invece avvenuto in Croazia, dove i popolari della Comunità Democratica Croata -membro PPE- hanno superato il Partito SocialDemocratico Croato del Premier Zoran Milanovic, membro PSE, 41% a 29. Terzi, sempre in Croazia, i verdi, con il 9%, seguiti dall’estrema destra euroscettica con il 7%.
Uno sconvolgimento politico che favorisce il PPE è avvenuto anche in Austria, dove il Partito Popolare Austriaco ha superato, con il 28% dei consensi, i partner di Governo del Partito Socialdemocratico Austriaco: membro PSE, secondo con il 23% dei voti.
Al terzo posto, sempre in Austria, si sono poi classificati gli euroscettici del Partito della Libertà Austriaco che, con il 19% dei consensi, confluiranno nel Gruppo delle forze anti europee guidato dal Front National francese di Marie Le Pen.
Chi schiaccerà l’occhio alla Le Pen sarà sicuramente la delegazione degli Europarlamentari dell’Ungheria, dove il Partito di maggioranza Fidesz del Premier, Viktor Orban, appartenente al PPE ma fortemente conservatore, ha ottenuto una riconferma con il 51% dei consensi.
A seguire, in Ungheria, si è classificato il partito ultra nazionalista Jobbik, con il 15% dei voti, mentre il Partito SocialDemocratico Ungherese, membro PSE, è slittato al terzo posto con solo l’11% dei consensi.
Conferma alle forze di Governo, ma di colore differente, è arrivata anche in Slovacchia, dove il Partito socialdemocratico SMER del Premier, Robert Fico, ha vinto di dieci punti percentuali sui cristiano democratici, portando, così, il PSE ad accorciare le distanze sul PPE.
Altra conferma che sorride al PSE proviene dalla Romania, dove l’Unione Social Democratica del Premier, Victor Ponta, ha vinto, con il 41% dei consensi, sul Partito Nazional Liberale: membro ALDE, fermo al 14%.
Terzo, con il 12%, si è classificato il Partito Democratico Liberale, che è membro del PPE, mentre alle sue spalle si è posizionata la seconda forza del centrodestra romeno, il Movimento Popolare, con il 6%.
Ponta contende a Renzi la leadership del Gruppo PSE
Se paragonato con il risultato europeo, dove, nonostante la vittoria netta del PPE, si prospetta la creazione di una Grande Coalizione con il PSE e l’ALDE per superare l’opposizione degli euroscettici, il dato dell’Europa Centro-Orientale è destinato ad influire non poco sulla politica europea per due ragioni,
In primis, nel PPE viene meno il peso dei polacchi della Piattaforma Civica, che tradizionalmente è più vicina a istanze sociali e liberali, mentre cresce quello degli ungheresi di Fidesz, molto più conservatori.
Nel PSE, invece, il buon risultato dell’Unione Social Democratica romena porta la compagine di Budapest a contendere al PD di Renzi, la leadership interna al secondo gruppo politico per importanza del nuovo Parlamento Europeo.
Matteo Cazzulani
Analista di politica dell’Europa Centro-Orientale
Twitter: @MatteoCazzulani
Ucraina. Gli Exit-Pool danno Poroshenko Presidente già al Primo Turno
Il Candidato indipendente appoggiato dal partito moderato UDAR avanti negli Exit-Pool a Yulia Tymoshenko. Sorpresa Lyashko, crollano i candidati del Partito di Yanukovych
Partita chiusa al primo turno. Questo sembra essere il responso delle Elezioni Presidenziali ucraine di Domenica, 25 Maggio, dopo che l’exit-poll nazionale ha certificato la vittoria di Petro Poroshenko.
Candidato indipendente sostenuto dal Partito moderato UDAR, famoso ‘oligarca della cioccolata’ che ha dato ausilio alla Rivoluzione Arancione nel 2004, e che ha sostenuto la Rivoluzione della Dignità del Maydan nel l’inverno del 2013 contro il Regime di Viktor Yanukovych, avrebbe ottenuto il 52% dei consensi.
Seconda, con il 12% dei voti, Yulia Tymoshenko: ex-Primo Ministro, recente detenuta politica sotto il regime di Yanukovych, anima della Rivoluzione Arancione sostenuta dal suo Partito di orientamento democratico-popolar-sociale Batkivshchyna.
Terzo, a sorpresa, Oleh Lyashko, fuoriuscito di Batkivshchyna, ora a capo del Partito radicale che porta il suo nome.
Staccato l’ex-Ministro della Difesa, candidato del Partito Alleanza Civica di orientamento atlantista Anatoliy Hrytsenko che si è classificato quarto con il 7% circa dei consensi.
Basso il risultato dei candidati del Partito delle Regioni di Yanukovych:
l’ex-Vicepremier Serhiy Tihipko ha ottenuto il 4% dei voti, mentre il Sindaco di Kharkiv, Mykhaylo Dobkin, ha ottenuto poco più del 2%.
Se confermati, i risultati dell’exit-pool consegnano la vittoria ad una personalità, Poroshenko, che ha mantenuto un aspetto più conciliante e meno politicamente marcato rispetto ai suoi avversari.
Poroshenko, già Ministro dello Sviluppo Economico sotto l’Amministrazione Yanukovych e, prima ancora, Ministro degli Esteri nel secondo Governo Tymoshenko, dovrà ora affrontare l’aggressione militare della Russia nelle regioni orientali del Paese e, nel contempo, rafforzare le relazioni dell’Ucraina con l’Europa.
Matteo Cazzulani
Analista di Politica dell’Europa Centro-Orientale
Twitter: @MatteoCazzulani
Slovacchia, Ungheria e Francia ostacolano le sanzioni UE a Putin
Il Ministro degli Esteri slovacco, Miroslav Lajcak, visita il Ministro della Difesa russo, Dmitry Rogozin, per rafforzare le relazioni economiche tra i due Paesi, nonostante il divieto dell’Unione Europea.
Un contratto milionario per importare qualche metro cubo in più di gas, o vendere armamenti di alto rango al peggior offerente, spesso valgono meglio della sicurezza energetica in Europa o della Democrazia nel Mondo. Così, venerdì, 23 Maggio, il Ministro degli Esteri slovacco, Miroslav Lajcak, ha intrattenuto colloqui personali con il Ministro della Difesa russo, Dmitry Rogozin.
La visita, su cui i principali media poco hanno parlato, è stata organizzata per mantenere su un buon livello le relazioni commerciali sul piano bilaterale tra Slovacchia e Russia: Bratislava dipende infatti da Mosca non solo per ingenti importazioni di gas naturale da Mosca, ma anche per importanti forniture militari.
Pronta è stata la protesta dell’Unione Europea, che ha criticato la visita di Lajcak perché contraria alle sanzioni economiche ed energetiche che l’UE ha imposto alla Russia in risposta all’aggressione militare di Mosca all’Ucraina.
Come riportato dall’autorevole portale Euractiv, la Commissione Europea, oltre alla Slovacchia, ha criticato per il mancato rispetto delle sanzioni alla Russia anche Ungheria, Cipro e Francia.
Così come la Slovacchia, Ungheria e Cipro hanno infatti forti legami con Mosca in ambito energetico, favoriti rispettivamente dalla politica estera di stampo personalistico attuata dal Premier magiaro, Viktor Orban, e dagli ingenti capitali russi, dichiarati e sommersi, che consentono all’economia cipriota di funzionare.
La Francia, invece, non ha rinunciato a un contratto miliardario con la Russia per la vendita di carrelli per elicotteri militari, la cui revoca, secondo la parte francese, avrebbe danneggiato più Parigi che Mosca.
Praga sostiene l’Unione Energetica Europea di Tusk
Esempio opposto a quello di Slovacchia, Francia, Ungheria e Cipro è quello della Repubblica Ceca, che, nonostante alcuni distinguo, ha espresso pieno appoggio all’Unione Energetica Europea concepita dal Premier polacco, Donald Tusk, e sostenuta dal Presidente francese, Francois Hollande.
Questo progetto prevede la messa in comunicazione dei sistemi infrastrutturali energetici dei Paesi UE, la diversificazione delle forniture di gas, un maggiore sfruttamento delle fonti di energia europee, e la creazione di un’Agenzia Europea Comune per l’acquisto di energia da Paesi terzi.
“Il Governo ceco sostiene appieno il progetto dell’Unione Energetica Europea perché rafforza la sicurezza dei Paesi dell’Unione Europea” riporta, in una una nota, il Segretario di Stato ceco per gli Affari Europei, Tomas Prouza, che tuttavia ha sottolineato la contrarietà di Praga al solo punto inerente all’agenzia comune UE per l’acquisto di energia.
Come spiegato da Prouza, la Repubblica Ceca ha affidato la compravendita di energia dall’estero unicamente a società private, il cui ruolo non può dunque essere scavalcato dall’Agenzia unica europea.
Matteo Cazzulani
Analista Politico dell’Europa Centro-Orientale
Twitter: @MatteoCazzulani
L’Unione Energetica Europea di Tusk e Hollande fa discutere i Partiti in Europa
Popolari e Socialisti e Democratici accolgono con favore la proposta del Premier polacco. Contrari ad un progetto che permette all’Europa di parlare con una voce sola in tema di energia Conservatori e verdi
Comuni negoziati per l’importazione di gas, prezzi parificati per tutti i Paesi dell’Unione Europea, nuove infrastrutture, miglioramento della solidarietà interna all’UE in caso di crisi energetiche, migliore sfruttamento delle fonti di gas europee, come lo shale e le rinnovabili, e un’unica contrattazione delle tariffe per le importazioni da Paesi terzi.
Questi sono i filari dell’Unione Energetica Europea: un progetto, proposto dal Premier polacco Donald Tusk, in collaborazione con il Presidente francese, Francois Hollande, su cui l’UE sta lavorando in vista della prossima riunione del Consiglio Europeo.
Sulla materia, nonostante la Campagna Elettorale per le europee sia ancora in corso, si è già aperto il dibattito tra le forze politiche del continente. Herbert Reul, del Partito Popolare Europeo, ha ritenuto la proposta di Tusk utile affinché l’Europa inizi a parlare finalmente con una voce sola in materia di energia.
Parere favorevole è stato espresso dal capogruppo dei Socialisti e Democratici Europei, Hannes Swoboda, che, tuttavia, ha sottolineato come la paternità dell’Unione Energetica Europea appartenga all’ex-Presidente della Commissione Europea, Jacques Delors, e non a Tusk.
“Il progetto dell’Unione Energetica Europea manca di praticità ed è troppo generico” ha commentato, negativamente, Konrad Szymanski, dei Conservatori e Riformatori Europei.
Critiche sono state espresse anche dal Verde Claude Turnes, che ha ritenuto il progetto un’escamotage per agevolare lo sfruttamento dei giacimenti di shale in Europa, di cui la Polonia è uno dei Paesi più ricchi.
L’Unione Energetica Europea acquisisce particolare importanza sopratutto dopo la firma di un maxicontratto tra il monopolista statale russo del gas Gazprom e la compagnia nazionale cinese CNPC, che avvia le forniture di gas dalla Russia alla Cina per i prossimi 30 anni.
L’accordo tra Mosca e Pechino, che apre alle esportazioni russe il mercato cinese, è utile al Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, come arma di ricatto per l’Europa, che finora è stato l’importatore di energia più importante per la Russia.
La strategia di Putin ha già avuto i primi frutti: il Commissario UE all’Energia, Gunther Oettinger, poche ore dopo la firma del contratto tra Mosca e Pechino, ha dichiarato che le sanzioni che l’UE imporrà alla Russia per l’aggressione militare all’Ucraina non interesseranno il settore dell’energia.
Matteo Cazzulani
Analista di politica dell’Europa Centro-Orientale
Ucraina: Orban rompe il fronte con Tusk
Il Premier ungherese sostiene la tesi con cui il Presidente russo, Vladimir Putin, ha giustificato l’aggressione militare a Kyiv. Una politica estera ed energetica personalistica alla base dell’orientamento del Capo del Governo di Budapest.
L’unità nella diversità è il motto dell’Unione Europea che sembra essere appieno rappresentato nel ‘piccolo’ del Quartetto di Vysehrad, che su Ucraina ed Energia ha assunto posizioni divergenti e nel contempo unanimi. Nella giornata di giovedì, 14 Maggio, durante il Forum della Sicurezza Globale di Bratislava, il Premier ungherese Viktor Orban ha sostenuto la necessità di garantire i diritti di autodeterminazione della minoranza ungherese in Ucraina, a cui, secondo il Capo del Governo magiaro, Kyiv deve riconoscere l’indipendenza.
Orban ha inoltre espresso dubbi sulla capacità da parte dello Stato ucraino di costruire una forte statualità che sia in grado garantire i diritti non solo della minoranza ungherese, ma anche delle altre minoranze nazionali presenti in Ucraina.
Pronta è stata la risposta del Premier polacco, Donald Tusk, che ha sottolineato come il problema non risieda nell’analizzare lo Stato ucraino, bensì nel sostenere le tesi sollevate dal Presidenre della Russia, Vladimir Putin, per giustificare l’annessione militare della Crimea prima e, poi, le provocazioni militari in alcune città dell’Ucraina come Donetsk, Luhansk ed Odessa.
Tusk ha inoltre sottolineato come sia pericolosa l’incapacità da parte di alcuni dei Leader politici dell’Europa di riconoscere l’atteggiamento fortemente aggressivo in Europa Orientale della Russia di Putin: un vizio che finisce per fornire un’inappropriata comprensione all’attività di guerriglia attuata da agenti dell’esercito russo che stanno destabilizzando con l’aiuto delle armi le Regioni sud-orientali dell’Ucraina.
Una giustificazione alla posizione di Orban è tuttavia arrivata poco più tardi, quando lo stesso Premier ungherese ha supportato la realizzazione del Southstream: gasdotto progettato dalla Russia di Putin per veicolare in Europa 63 miliardi di metri cubi di gas russo dalle coste della Russia meridionale attraverso il fondale del Mar Nero, Bulgaria, Serbia, Ungheria, Slovenia ed Austria.
Il Southstream, su cui il Governo magiaro sta lavorando per definire la realizzazione del tratto che collega l’Ungheria all’Austria, è un gasdotto ritenuto contrario alla politica di diversificazione delle forniture di gas dell’UE approntato dalla Commissione Europea per decrementare la dipendenza dalle importazioni di oro. Lì dalla Russia.
Ciononostante, Orban, che attua una politica estera basata più sui rapporti personali che sulla tattica geopolitica, ha supportato non solo il Southstream, ma anche la realizzazione di una centrale nucleare a Parks finanziata dalla Russia.
Il Premier magiaro ha finito così per condividere le argomentazioni con cui Putin si è ritenuto autorizzato ad intervenire militarmente in Ucraina -a torto, in quanto mai in territorio ucraino alcuna minoranza è mai stata discriminata.
Così facendo, il Premier ungherese ha rotto il fronte del Quartetto di Vysehrad, che finora si è sempre schierato in sostegno dell’integrità territoriale dell’Ucraina, considerata condicio sine qua non per la sicurezza politica ed energetica dei Paesi dell’Europa Centrale e, più in generale, di tutti gli Stati membri dell’UE.
Dal Quartetto di Vysehrad sostegno all’Unione Energetica Europea
Differente è la posizione assunta dal Quartetto di Vysehrad sull’Unione Energetica Europea: una proposta avanzata da Tusk in collaborazione con il Presidente francese Francois Hollande, per diversificare le forniture di gas dell’UE, mettere in comunicazione i sistemi infrastrutturali dell’energia europei, sfruttare le risorse energetiche interne all’Europa, provvedere all’acquisto comune di fonti di approvvigionamento di energia.
Come dichiarato dal Premier della Repubblica Ceca, Bohuslav Sobotka, e dal Capo del Governo della Slovacchia, Robert Fico, l’azione di Tusk rappresenta una proposta concreta propedeutica al rafforzamento dell’integrazione dell’Unione.
Concorde con Sobotka e Fico si è detto anche Orban, che, tuttavia, ha dichiarato la necessità da parte dei Paesi dell’Unione Europea di collaborare in maniera più stretta con la Russia.
Matteo Cazzulani
Analista di Politica dell’Europa Centro Orientale
Twitter @MatteoCazzulani
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