GUERRA DEL GAS E SCUDO SPAZIALE: BIELORUSSIA, NATO, ED UE NEL MIRINO DELLA RUSSIA
Gazprom cancella gli sconti per Minsk e pretende contratti a lungo termine con i Paesi europei. Medvedev minaccia una nuova corsa agli armamenti
La Russia a tutto gas. Nella giornata di martedì, 30 novembre, il capo del monopolista russo Gazprom, Aleksej Miller, ha preannunciato la revoca del tariffario di favore per l’oro blu esportato in Bielorussia.
Una decisione, concordata con il vice premier di Minsk, Vladimir Semashko, dalle sicure ripercussioni politiche, in un Paese che, il 19 dicembre, affronterà le lezioni presidenziali.
Nello specifico, Gazprom ha cancellato il coefficiente di sconto, accordato dal 2008 a Beltransgaz in cambio del possesso del 50% delle sue azioni fino al 2010. Scaduto tale accordo, come ha spiegato Miller, Mosca non ha alcuna intenzione di rinnovarlo.
Ma non solo la Bielorussia. Il monopolista russo si è detto favorevole a ridurre i costi di importazione per gli acquirenti europei. Condicio sine qua non: la sigla di un contratto a lungo termine. Esempio dell’atteggiamento desiderato dai russi, quello della Polonia, il cui colosso energetico PGNiG ha accettato un contratto che la lega al gas di Mosca fino al 2022.
Gazprom soddisfa il 25% della richiesta di oro blu dei 27 Paesi dell’Unione Europea. In seguito alla crisi economica del gennaio 2008, il monopolista russo è stato costretto a ritoccare al ribasso le tariffe di esportazione, anche per gli Stati del Vecchio Continente.
Una nuova Guerra Fredda
Infine, dall’arma del gas a quella missilistica. Dinnanzi al Consiglio dei Delegati della Federazione Russa, il Presidente, Dmitrij Medvedev, ha ribadito la volontà di partecipare al progetto di scudo antimissilistico NATO solo come membro alla pari. Qualora tale condizione non sarà soddisfatta da Bruxelles, Mosca ha promesso di ripristinare una corsa agli armamenti, scongiurata dalla comunità internazionale.
Noto anche come scudo spaziale, il progetto USA è stato concepito dall’amministrazione Bush per tutelare l’Occidente da possibili attacchi balistici con una postazione radar in Repubblica Ceca, e batterie di missili Patriot in Polonia.
Malgrado la firma all’accordo dei due Stati dell’Europa Centrale, l’amministrazione Obama ha stravolto i piani. Dapprima, proponendo il dislocamento di vettori mobili, privi di testata, in Romania e Polonia. Poi, contestualizzando lo scudo nella NATO, con il coinvolgimento della Russia.
Che, nel frattempo, stando a diverse fonti, mantiene i propri Iskander nell’enclave di Kaliningrad. Al confine tra due Paesi UE.
Matteo Cazzulani
UCRAINA: JANUKOVYCH VETA CODICE FISCALE. NESSUNO GLI CREDE
L’Esame definitivo del documento, giovedì, in Parlamento. Scettici manifestanti ed Opposizione Democratica: “E’ il solito inganno, non ci arrendiamo”
Le autorità in difficoltà ci provano con il teatrino. Dopo più di due settimane di proteste, martedì, 30 novembre, il Presidente ucraino, Viktor Janukovych, ha posto il veto sul Codice Fiscale.
Il documento, contestato da 10 mila imprenditori e lavoratori, accampati sul Majdan Nezalezhnosti, è stato rinviato per emendamenti al gruppo di lavoro per le questioni fiscali, composto dal premier, Mykola Azarov, dal Primo Vice Premier, Andrij Kljujev, dal vice premier Borys Kolesnikov, dal Ministro della Giustizia, Oleksandr Lavrynovych, e dal primo vice capo dell’Amministrazione Presidenziale, Iryna Akimova.
Il testo definitivo è atteso in Parlamento per giovedì. Modificato, con l’ausilio di esponenti della manifestazione.
Una decisione importante, annunciata all’aeroporto di Kyiv-Borispil’, immediatamente prima della partenza per Astana. Una vittoria apparente per i dimostranti. I quali, tuttavia, hanno invitato alla prudenza, e dichiarato di non credere alla mossa di Janukovych.
Infatti, i rappresentanti dell’organizzazione Vidsich, tra le più attive nell’organizzazione delle dimostrazioni, hanno spiegato di non aver ricevuto alcun invito dal governo per discutere il documento. E, di conseguenza, di non conoscere chi li rappresenterà.
Inoltre, il capo della Federazione dei Piccoli e Medi Imprenditori, V’jacheslav Roj, ha spiegato di non aver raggiunto che il primo dei tre obiettivi. Pur applaudendo il veto del Presidente, il Majdan continua a battersi per dimissioni del governo, ed elezioni anticipate.
Sulla medesima onda, l’Opposizione Democratica. Alla comunicazione della notizia, il capogruppo del Blocco Tymoshenko-Bat’kivshchyna, Andrij Kozhem’jakin, ha dichiarato di aspettarsi alla Rada un siparietto, con cui il provvedimento, minimamente emendato, sarà comunque approvato.
Le reazioni in Parlamento
Inoltre, il politico ha ribadito che la forza politica dell’anima della Rivoluzione Arancione, Julija Tymoshenko, presenterà un progetto alternativo, per l’introduzione di un corpo di polizia ad hoc contro la corruzione, di un fondo pensionistico generale, e di agevolazioni per piccoli e medi imprenditori.
Pronta la reazione anche della maggioranza. Il capogruppo del Partija Rehioniv, Oleksandr Jefremov, si è detto pronto ad accettare i cambiamenti proposti dal gruppo di lavoro del governo. Inoltre, l’esponente del partito del potere si è giustificato per le imperfezioni del documento, già esaminato alla Rada in prima e seconda lettura.
Lecito ricordare che il Codice Fiscale prevede l’incremento della pressione su piccola e media impresa, per compensare sgravi ai grandi industriali, sponsor del Partija Rehioniv – la forza politica, egemone nel Paese, a cui appartengono Presidente, Premier, e quasi tutti i membri del Consiglio dei Ministri.
Inoltre, il sistema di tassazione più liberale d’Europa, come lo ha definito Azarov, introduce la responsabilità del lavoratore, il monitoraggio dell’attività, ed il divieto di associazione per i sindacati.
Approvato a ritmo di forza dalla maggioranza, senza possibilità di emendamenti per l’Opposizione Democratica, il provvedimento è stato aspramente contestato da 10 mila persone, accampatesi sulla piazza centrale della Capitale.
Matteo Cazzulani
UCRAINA: MAJDAN PER DIMISSIONI DEL GOVERNO
In 5 mila manifestano, malgrado condizioni meteo proibitive. L’Opposizione Democratica coi dimostranti
Nemmeno l’ondata di gelo raffredda la protesta. Nella giornata di lunedì, 29 novembre, in 5 mila hanno partecipato all’ennesima manifestazione nazionale contro il Codice Fiscale. Come nei giorni precedenti, le persone in piazza avrebbero potuto essere molte più, se solo, oltre alle avverse condizioni meteo, non si fossero verificati poco chiari problemi nell’acquisto di biglietti ferroviari.
Dal Majdan Nezalezhnosti, una parte del corteo si è recata presso il Parlamento, dove il provvedimento è in corso di studio da esponenti della Commissione di Venezia – organismo europeo per la valutazione della conformità delle legislazioni al regolamento UE.
I manifestanti hanno declinato pubblicamente l’invito delle autorità ad un incontro per affrontare la revisione del contestato documento, ed hanno ribadito la linea adottata: veto del Presidente, e dimissioni del governo, realmente affatto intenzionato ad accogliere le richieste di imprenditori e lavoratori.
Inoltre, il Coordinatore Generale della protesta, Oleksandr Danyljuk, ha esortato le forze politiche patriottiche ad unirsi all’azione. In quanto, dinnanzi all’indifferenza delle Autorità, è necessario contare su partner a livello politico.
Un’evoluzione, dal piano economico a quello politico, necessaria per ottenere la cancellazione di un provvedimento iniquo. Difatti, il Codice Fiscale incrementa la pressione su piccola e media impresa, per compensare sgravi ai grandi imprenditori, sponsor del Partija Rehioniv – la forza politica, egemone nel Paese, a cui appartengono il Presidente, Viktor Janukovych, il Premier, Mykola Azarov, e quasi tutti i membri del Consiglio dei Ministri.
Inoltre, il sistema di tassazione più liberale d’Europa, come lo ha definito Azarov, introduce la responsabilità privata del lavoratore, il monitoraggio dell’attività, ed il divieto di riunione per i sindacati.
Il BJuT-Bat’kivshchyna accanto ai manifestanti
L’invito è stato accolto dall’Opposizione Democratica. Contemporaneamente alla protesta, l’esponente del Blocco Tymoshenko-Bat’kivshchyna, Mykola Tomenko, ha richiesto le dimissioni del governo, qualora il Capo di Stato dovesse porre il veto. Secondo il Vice Speaker del Parlamento, la coalizione di maggioranza è responsabile dinnanzi ad un provvedimento approvato a ritmo di forza, senza possibilità per l’Opposizione Democratica di approntare emendamenti.
Inoltre, come dichiarato nei giorni scorsi dall’anima della Rivoluzione Arancione, Julija Tymoshenko, i Deputati Nazionali del BJuT presenteranno alla Rada un progetto alternativo, in cui è richiesta la formazione di un corpo di polizia ad hoc contro la corruzione, un fondo pensionistico generale, ed il mantenimento di esenzioni per piccoli e medi imprenditori.
Un ceto fondamentale per la ripresa economica. Che Kyiv necessita fortemente, dopo la crisi degli ultimi due anni.
Matteo Cazzulani
MOLDOVA: DATI IN CONTRASTO CON GLI EXIT-POOL
Comunisti avanti a LiberalDemocratici, Democratici e Liberali. Divario tra rilevazioni sociologiche e prime proiezioni. affluenza al 58,9%
Spoglio con giallo in Moldova. Come comunicato nel cuore della notte dal rappresentante della Commissione Elettorale Centrale, Jurij Chokan, al 30% delle schede scrutinate, a guidare sono i comunisti, con il 46% dei consensi. A seguito, il Partito LiberalDemocratico Moldavo, con il 26%, il Partito Democratico, con il 13,7% ed il Partito Liberale Moldavo, con l’8,2%.
Dati netti, che sancirebbero l’ingresso in parlamento di 4 forze politiche. Una in meno rispetto alla precedente legislatura, quando ad ottenere seggi è stata anche l’alleanza Moldova Noastra.
Ciò nonostante, le proiezioni contrastano di gran lunga gli exit-poll. Condotte da differenti enti, di diversa provenienza, le rilevazioni sociologiche hanno certificato una distanza sensibilmente minore tra i comunisti e le altre forze dell’Alleanza per l’Integrazione Europea. Se non addirittura, come quella della romena RIAS, un vantaggio dei LiberalDemocratici. Accolto con gioia dal suo Leader, l’attuale premier, Vlad Filat.
“Ciò dimostra che l’impossibile è diventato possibile – ha dichiarato il Premier, a commento degli exit-pool – grazie al nostro lavoro al governo, in una situazione di totale instabilità”.
Cauta, al contrario, la reazione dei comunisti, sicuri della vittoria. Difatti, già al momento del voto, il loro capo, l’ex presidente, Vladimir Voronin, ha spiegato di avere l’obiettivo di superare il 50% più uno dei voti. Per poter governare in solitudine.
Una situazione politica instabile
La situazione moldava resta instabile. Nell’aprile 2009, durante la pacifica Rivoluzione Twitter, i democratici moldavi si sono ribellati alle ennesime consultazioni falsificate dai comunisti, ed hanno ottenuto nuove elezioni. Da esse, è emersa una coalizione di governo tra PLDM, PD, PLM e Moldova Noastra – l’Alleanza per l’Integrazione Europea. Tanto variegata, quanto risicata.
Successivamente al fallimento dell’elezione del Presidente in Parlamento, per ben due tentativi, il campo democratico ha proposto un referendum, per concedere ai moldavi il voto diretto per il Capo di Stato. Il mancato raggiungimento del quorum ha comportato lo scioglimento del Parlamento, e le elezioni appena conclusesi.
I comunisti propongono stabilità politica ed economica, innalzamento delle paghe sociali, e riavvicinamento alla Russia. Il partito LiberalDemocratico, invece, miglioramenti in campo legislativo, per continuare il processo di integrazione nell’Unione Europea, che ha promesso a Chisinau l’abbattimento del regime dei visti. In direzione di Bruxelles, anche le riforme economiche promesse dai liberali, guidati dall’attuale Speaker, e Capo di Stato ad interim, Mihai Ghimpu.
La scelta del PD
Incognita, il Partito Democratico. Seppur parte dell’Alleanza per l’Integrazione Europea, il suo Segretario, l’ex comunista Marian Lupu, ha portato la forza politica nell’internazionale socialista, ed alla collaborazione con Russia Unita: la forza politica di Vladimir Putin, suo principale sostenitore.
In virtù di tutto questo, il PD moldavo non ha declinato la possibilità di un governo con i comunisti. Il quale, seppur fornendo stabilità, arresterebbe le legittime ambizioni occidentali di un popolo europeo.
Matteo Cazzulani
UCRAINA: MAJDAN PER VETO ED ELEZIONI ANTICIPATE
I manifestanti non credono alle promesse delle Autorità, di cui richiedono le dimissioni. Convocato uno sciopero generale per il diritto al referendum
Il Majdan sceglie la linea dura. Nella giornata di Domenica, 28 novembre, i manifestanti, sempre accampati nel cuore della Capitale, hanno richiesto il veto del Presidente sul Codice Fiscale, e declinato l’invito alle trattative delle Autorità.
Nello specifico, il Comitato organizzativo ha definito obiettivo della protesta la cancellazione totale del provvedimento. E, accanto a ciò, le dimissioni del governo. A spiegarlo, l’addetto stampa, Svjatoslav Shvecov, che ha constatato l’impossibilità di interagire con una controparte realmente poco interessata ad accogliere le richieste dei dimostranti.
In aggiunta, il coordinatore dell’azione, Oleksandr Danyljuk, ha indetto per lunedì, 29 novembre, uno sciopero generale in difesa della libertà di espressione. Causa dell’azione, la decisione della Commissione Elettorale Centrale di vietare un referendum per lo scioglimento del Parlamento, richiesto dai manifestanti.
Secondo il capo della Commissione, Volodymyr Shapoval, la Costituzione non lo consente. Tuttavia, l’articolo 74 della Carta Suprema ucraina prevede la consultazione popolare per questioni di ogni ambito, eccetto imposte, bilancio ed amnistia.
Il giorno scelto per l’astensione dal lavoro non è casuale. Difatti, a Kyiv è attesa una delegazione della Commissione di Venezia: organo consultivo del Consiglio d’Europa, deputato all’analisi dei provvedimenti guridico-legislativi dei Paesi del Vecchio Continente, ed alla loro correzione rispetto alla legislazione UE.
Una manifestazione duratura
Lecito ricordare che l’oggetto della protesta è un Codice Fiscale iniquo, che aumenta la pressione su piccola e media impresa, per compensare sgravi ai grandi industriali, sponsor del Partija Rehioniv – la forza politica, egemone nel Paese, a cui appartengono il Presidente, Viktor Janukovych, il Premier, Mykola Azarov, e quasi tutti i membri del Consiglio dei Ministri.
Inoltre, il sistema di tassazione più liberale d’Europa, come lo ha definito Azarov, introduce la responsabilità del lavoratore, il monitoraggio della sua attività, ed il divieto di riunione in azioni comuni per i sindacati.
Approvato dalla maggioranza in Parlamento a ritmo di forza, senza alcuna possibilità per l’Opposizione Democratica di apportare emendamenti, il provvedimento ha provocato la mobilitazione di 10 mila imprenditori, lavoratori e studenti di tutte le province del Paese, accorsi a Kyiv in presidio permanente sul Majdan Nezalezhnosti.
Pur rispettando l’apartiticità della protesta, l’Opposizione Democratica ha offerto supporto. Come dichiarato dall’anima della Rivoluzione Arancione, Julija Tymoshenko, i Deputati Nazionali di Bat’kivshchyna presenteranno alla Rada un progetto alternativo, per introdurre un corpo di polizia ad hoc contro la corruzione, un fondo pensionistico generale, ed il mantenimento di sgravi per piccoli e medi imprenditori.
Dopo una prima indifferenza, le autorità hanno promesso un confronto con i dimostranti. Pur senza garantire la realizzazione dei cambiamenti, invocati da un ceto chiave per la ripresa economica. Indispensabile, dopo la crisi degli ultimi due anni.
Matteo Cazzulani
UCRAINA: JANUKOVYCH SUL MAJDAN
Presidente e Premier nella tendopoli della protesta. Giovedì la svolta
Tante promesse, una tazza di tè, ed un teatrino con il Premier nella fossa dei leoni. A sorpresa, sabato, 27 novembre, il Presidente ucraino, Viktor Janukovych, si è recato in visita alla tendopoli sul Majdan, per incontrare i manifestanti.
Un vero e proprio colpo di scena. Dal momento in cui, dall’inizio della protesta, lunedì, 22 novembre, nessuna dichiarazione ufficiale è stata indirizzata ai 10 mila imprenditori e lavoratori, impegnati nella contestazione del Codice Fiscale.
Dinnanzi ad una tazza di tè, il Capo di Stato, assieme al Primo Ministro, Mykola Azarov, ha registrato le lamentele degli organizzatori della protesta, promesso di esaminare il documento, e, se necessario, di rinviarlo al Parlamento.
In particolare, Janukovych ha spiegato che la sua Amministrazione sta esaminando già il testo, ed ha fissato una serie di incontri per i prossimi giorni. La decisione finale, come assicurato, giovedì, 2 dicembre.
Continua la manifestazione
A commento del faccia a faccia – conclusosi con un siparietto, in cui Janukovych ha esortato Azarov a recarsi più spesso sul Majdan, per confrontarsi con gli imprenditori – uno dei coordinatori della protesta, Oleksandr Danyljuk, ha individuato nell’alta partecipazione alla dimostrazione la vera ratio della visita del Presidente.
Ciò nonostante, accanto alla cautela per le promesse ottenute, ha ribadito che la raccolta firme per le dimissioni del governo continua. Così come il presidio sulla piazza centrale della Capitale: simbolo di quella Rivoluzione Arancione di esattamente sei anni or sono.
Lecito ricordare che l’oggetto della manifestazione è un Codice Fiscale iniquo. Che, per compensare sgravi per i grandi imprenditori, sponsor del Partija Rehioniv – la forza politica, egemone nel Paese, a cui appartengono Janukovych, Azarov, e quasi tutti i membri del Consiglio dei Ministri – incrementa la pressione su piccola e media impresa.
Inoltre, il più liberale dei sistemi di tassazione europei, come lo ha definito Azarov, introduce la responsabilità del singolo lavoratore, il monitoraggio dell’attività, ed il divieto, per i sindacati, di unirsi in azioni comuni.
Approvato in Parlamento dalla maggioranza a ritmo di forza, senza possibilità per l’Opposizione Democratica di apportare emendamenti, il provvedimento è stato contestato da 10 mila persone, giunte a Kyiv da tutte le province. Dimostrazioni si sono verificate anche in altre città del Paese.
Pur rispettandone la connotazione apartitica, a supporto della manifestazione,
l’Opposizione Democratica, con ausilio di carattere logistico ed organizzativo.
Inoltre, come dichiarato dall’anima della Rivoluzione Arancione, Julija Tymoshenko, i Deputati Nazionali di Bat’kivshchyna presenteranno alla Rada un progetto alternativo, in cui si esorta la creazione di un corpo di polizia ad hoc per contrastare l’evasione, un fondo pensionistico unico, e sgravi fiscali per piccoli e medi imprenditori.
Una categoria, coerentemente tutelata, fondamentale per una ripresa economica, indispensabile dopo la forte crisi degli ultimi anni.
Matteo Cazzulani
L’EUROPA NICCHIA. LA RUSSIA SI RIPRENDE L’UCRAINA
Kyiv accetta l’invito di Mosca nell‘Unione Doganale russo-bielorusso-kazaka. Gli esperti:”scelta irreversibile”
L’Ucraina sempre più lontana dall’Europa. Nella giornata di venerdì, 26 novembre, il presidente ucraino, Viktor Janukovych, ha esternato la volontà di Kyiv di entrare a far parte dell’Unione Doganale russo-bielorusso-kazaka.
La dichiarazione, pronunciata a Mosca a seguito dell’incontro con il collega padrone di casa, Dmitrij Medvedev, indirizza l’Ucraina verso un’associazione di stati alternativa, ed incompatibile, a quella del Vecchio Continente. De facto, orienta chiaramente la politica estera di Kyiv in direzione di Mosca. Al contrario di quanto cercato dai governi arancioni di Julija Tymoshenko e dall’amministrazione Jushchenko, desiderosi di un’integrazione con Bruxelles.
Varata il Primo gennaio 2010, l’Unione Doganale russo-bielorusso-kazaka è stata varata nell’ambito del Comunità Economica Euroasiatica. Dal 6 luglio, è regolata da un apposito Codice Doganale. Scopo dell’ente, l’abbattimento definitivo delle frontiere tra i Paesi aderenti, la creazione di un unico mercato del lavoro, l’introduzione di una moneta unica, e costanti programmi di scambi economici e culturali. Il tutto, previsto entro il 2012.
“Se mi si chiede – ha affermato Janukovych – se è possibile l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Doganale, replico di sì. Sebbene ancora si debba adattare la Costituzione ai parametri della comunità. Una procedura che richiede il voto del Parlamento, ed un referendum”.
L’assenza dell’Europa
L’apertura, una vera e propria dichiarazione di intenti, è in realtà una risposta all’invito esplicito posto da Medvedev nel corso dei colloqui privati. Come poi ribadito in conferenza stampa, il Presidente Russo ha proposto la partnership a Kyiv, facendo leva sul continuo procrastinarsi, a data indefinita, dell’ingresso dell’Ucraina dell’Unione Europea.
“Bruxelles – ha illustrato Medvedev – deve scegliere quali Paesi e quando integrarli. Finora, la lista è cospicua, e gli ingressi sono bloccati. Al contrario, le porte dell’Unione Doganale sono aperte, ed entrarvi è molto meno faticoso. La Russia vuole l’Ucraina nell’organizzazione”.
Diversi gli esperti che hanno commentato l’accaduto come la certificata, definitiva rinuncia dell’Ucraina all’Unione Europea. Difatti, stando ai regolamenti, l’adesione all’Unione Doganale russo-bielorusso-kazaka è incompatibile con quella all’UE.
Una scelta di campo a tutto tondo. Su cui le nuove autorità ucraine non hanno dubbi.
Matteo Cazzulani
HOLODOMOR: GENOCIDIO DEL POPOLO UCRAINO. NON DIMENTICHIAMO LA BARBARIE STALINIANA SOTTACIUTA
La Voce Arancione, come tutto il Mondo, ricorda la carestia, frutto della barbarie comunista
Un piccolo gesto contro il negazionismo storico. Nella giornata di Sabato, 27 novembre, l’Ucraina ricorda lo Holodomor. Una delle pagine più nere della storia dell’umanità, esclusa dai manuali di storia del Belpaese.
Noto anche come Grande Fame, si è trattato di un genocidio, avvenuto tra il 1932 ed il 1933, su preciso ordine di Stalin, per eliminare il popolo ucraino, troppo ricco e desideroso di indipendenza per essere tollerato dalle autorità sovietiche.
10 milioni le vittime accertate della carestia, provocata e pianificata artificialmente. Non solo morti per fame, ma anche fucilati e deportati. Il tutto, accuratamente sottaciuto, e giustificato dalla politica URSS di collettivizzazione forzata delle terre.
Diverse le organizzazioni che si sono mobilitate per mantenere viva la memoria dello Holodomor. Tra le altre, il Congresso Mondiale degli Ucraini, organizzatore dell’azione “La Candela della Preghiera”. Gli ucraini di tutto il mondo, ma anche persone di altra nazionalità che desiderino commemorare il genocidio, sono invitati ad accendere un cero presso le proprie abitazioni private, gli uffici ed i luoghi di lavoro.
Inoltre, con una lettera aperta, il CMU ha invitato il Presidente, Viktor Janukovych, a rispettare la legge, che certifica lo Holodomor Genocidio del popolo ucraino. Un’iniziativa doverosa, dal momento in cui, lo scorso 28 aprile, lo stesso Janukovych ha invitato il Consiglio d’Europa ad approvare una risoluzione che ha declassato l’Holodomor a tragedia mondiale di minore portata, contestualizzata nell’ambito dell’URSS.
Ciò nonostante, l’iniziativa di Janukovych solo in parte ha cancellato quanto fatto dai governi arancioni di Julija Tymoshenko, e dall’amministrazione di Viktor Jushchenko, attivi nell’istituzionalizzare il ricordo di una delle numerose ferite inferte nella storia all’Ucraina: la legge sullo Holodomor è ancora in vigore. Così, il Paese intero si raccoglie nella commemorazione della Grande Fame. Anche questo anno.
A Kyiv è prevista, per il pomeriggio, una catena umana, in marcia fino al Memoriale Nazionale dello Holodomor, dove saranno accese le candele. Una seconda accensione collettiva, alle 19:32 e 19:33, in ricordo delle date esatte del genocidio. Simili iniziative sono in programma in tutte le città del Paese, e nelle principali capitali mondiali.
Una candela in ricordo del genocidio
La Voce Arancione, fraternamente sempre accanto al popolo ucraino, invita i propri lettori ad unirsi al ricordo dell’ennesima barbarie staliniana, ancor oggi estromessa dai testi scolastici perché politically uncorrect.
Accendere una candela è un atto gratuito, spontaneo, che non richiede né ingenti investimenti, né impiego di tempo elevato.
Un atto di responsabilità morale e storica. Per non dimenticare chi è stato sterminato. Colpevole, solo, di essere ucraino, e di non accettare la dominazione sovietica.
Matteo Cazzulani
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