LA VOCE ARANCIONE. Il Blog di Matteo Cazzulani

O.T.: DIALOGO, IMPEGNO E MODERNITÀ, IL RICORDO DEL CARDINAL MARTINI AD UN ANNO DALLA MORTE

Posted in Editoriale by matteocazzulani on August 31, 2013

Un anno fa moriva l’Arcivescovo di Milano che ha sostenuto un cattolicesimo più dialogante e moderno. La Guida Emerita della Diocesi Ambrosiana un punto di riferimento per chi si impegna in politica e nel sociale

Ci ha insegnato ad ascoltare, dialogare, conoscere e interrogarci senza alcun pregiudizio. Un anno fa, il 31 Agosto del 2012, si è spento il Cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002.

La figura del Cardinal Martini è nel contempo eccezionale ed estremamente attuale. Sotto la sua guida, la Diocesi più grande del Mondo è diventata centro di dialogo, integrazione, comprensione e solidarietà.

Il Cardinal Martini ha aperto la Chiesa agli ultimi, ai bisognosi, a chi è approdato in Italia in condizioni precarie per cercare di migliorare la sua vita, e a chi, per varie ragioni, ha perso la Fede e la fiducia negli insegnamenti delle Sacre Scritture.

Il Cardinal Martini ci ha insegnato a porci sempre domande, e ha concepito una catechesi meno teologica ma più dialogica, basata sulla continua ricerca della Verità più che sull’argomentazione di una Verità già data.

Il Cardinal Martini ha anche saputo aprire la Chiesa Cattolica alla modernità, adattandola ai cambiamenti della società. Ha ammesso l’uso della contraccezione ed ha avviato una battaglia per ammettere la concessione dell’Eucarestia ai divorziati.

Il Cardinal Martini è importante anche e sopratutto per chi, cattolico, è impegnato in politica ed associazionismo. Ci ha mostrato come l’impegno nel sociale e in politica non sia pura carriera, bensì un servizio alla società che deve essere improntato sul rispetto di tutti e sull’attenzione a chi si trova nel momento del bisogno.

Se oggi la Chiesa Ambrosiana è aperta, tollerante, attenta al sociale e capace -più di altre Diocesi- di leggere e comprendere la società, è anche e sopratutto al Cardinal Martini, a cui sono direttamente legati il suo successore alla guida della Diocesi di Milano, il Cardinale Dionigi Tettamanzi -in carica dal 2002 al 2011- e Papa Francesco.

Il Cardinal Martini e Papa Francesco

Proprio sul legame tra il Cardinal Martini e Papa Francesco è opportuna una riflessione. Come riportato da indiscrezioni giornalistiche, nel Conclave del 2005, il Cardinal Martini avrebbe consigliato l’ala riformatrice della Chiesa a sostenere Bergoglio, riuscendo, in una prima fase, a portare al Vescovo di Buenos Aires più voti rispetto che al Cardinale Joseph Ratzinger, poi eletto Papa Benedetto XIV.

Quello che accade nel Conclave è, giustamente, coperto dal segreto, ma è bello pensare alla soddisfazione che, dal Cielo, il Cardinal Martini ha provato quando il Cardinal Bergoglio è stato eletto Papa.

Con Papa Francesco alla guida della Chiesa Cattolica, la cristianità può ora contare su un Pastore di anime in grado di aprire alla modernità, anche con cambiamenti sostanziali, attingendo dall’insegnamento del Cardinal Martini.

Matteo Cazzulani

GUERRA DEI GASDOTTI: AVVIATA LA REALIZZAZIONE DEL GASDOTTO IASI-UNGHENI TRA MOLDOVA E ROMANIA

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on August 29, 2013

L’infrastruttura concepita per diversificare gli approvvigionamenti energetici di Chisinau e Bucarest. La Commissione Europea ritiene il progetto strategico

Un’infrastruttura per cementare i rapporti tra la Moldova e l’Unione Europea. Nella giornata di martedì, 27 Agosto, è stata avviata la realizzazione del Gasdotto Iasi-Ungheni, concepito per veicolare 1,5 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Romania alla Moldova e viceversa.

Il progetto, lungo 43,2 chilometri, è cofinanziato da Romania e Commissione Europea per rafforzare l’indipendenza energetica della Moldova, ad oggi fortemente dipendente dalle importazioni di gas russo.

Il Gasdotto Iasi-Ungheni ha particolarmente lo scopo di veicolare in Moldova gas proveniente dai giacimenti di oro blu del Mar Nero, e di integrare Chisinau nel sistema infrastrutturale energetico UE.

Il Commissario UE all’Energia, Gunther Oettinger, ha ritenuto l’occasione come storica, ed ha evidenziato l’importanza di rafforzare la diversificazione degli approvvigionamenti di gas per la Moldova.

Il Premier romeno, Victor Ponta, ha dichiarato che Chisinau potrà contare sulle forniture di gas naturale e shale sfruttato in Romania.

Chisinau più vicina all’UE

Sul piano geopolitico, la realizzazione del Gasdotto Iasi-Ungheni rafforza la partecipazione della Moldova nella Comunità Energetica Europea: un’UE del gas che, oltre ai Paesi dell’Unione, ed alla Moldova, comprende anche Ucraina e Serbia.

Il processo di integrazione della Moldova nella Comunità Energetica Europea è stato congelato su pressione della Russia per via del mancato accordo sul rinnovo del contratto per le forniture di gas a Chisinau da parte di Mosca.

La Moldova è vicina anche nella firma dell’Accordo di Associazione con l’UE, un documento che integra Chisinau nell’Unione dal punto di vista economico.

Matteo Cazzulani

PUTIN PROVOCA GEORGIA ED UCRAINA MENTRE IL MONDO PENSA -SOLO- ALLA SIRIA

Posted in Georgia, Russia, Ukraina by matteocazzulani on August 28, 2013

Il Presidente russo sfrutta la disattenzione dell’opinione pubblica, interessata solo alla Siria, per compiere ennesime provocazioni nello spazio ex-sovietico. Infranta nuovamente l’integrità territoriale georgiana

Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica è puntata sulla Siria, la Russia provoca la Georgia. Nella giornata di martedì, 27 Agosto, il Presidente russo, Vladimir Putin, si è recato in visita ufficiale regione separatista georgiana dell’Abkhazia.

La visita, effettuata il giorno del quinto anniversario del riconoscimento unilaterale dell’indipendenza dell’Abkhazia da parte della Russia, ha provocato la protesta ufficiale del Governo georgiano, che ha ritenuto il comportamento del Presidente Putin una violazione della sovranità nazionale di Tbilisi.

Condanna è stata espressa dal Ministro degli Esteri georgiano, Maia Pandzhikidze, che ha parlato di atteggiamento provocatorio da parte della Federazione Russa destinato a complicare le relazioni diplomatiche tra Tbilisi e Mosca.

L’Abkhazia, assieme all’Ossezia del Sud, è una regione georgiana che è stata occupata dalla Russia mediante un’aggressione militare nell’Agosto 2008.Q In seguito a questa guerra lampo, la Russia, nonostante la contrarietà della Comunità Internazionale, ha riconosciuto le due Regioni georgiane come indipendenti.

L’aggresione militare alla Georgia è stata mirata ad arrestare il processo di integrazione di Tbilisi nella NATO: un obiettivo strategico che il Governo georgiano ha di recente ribadito come priorità della Politica Estera del Paese.

Tuttavia, la provocazione di Putin alla Georgia non è la sola tensione scatenata ad hoc dalla Russia nei confronti di Paesi ex-URSS vicini all’integrazione con l’Occidente.

Sabato, 24 Agosto, la Russia ha confermato il blocco delle importazioni dall’Ucraina dei prodotti della dolciaria Roshen. La Roshen è posseduta da Petro Poroshenko, il Ministro del Governo ucraino che, più di tutti, sostiene l’avvicinamento di Kyiv all’Unione Europea.

Mosca contraria all’integrazione europea

L’Ucraina è vicina alla firma dell’Accordo di Associazione con l’UE: documento che consente l’integrazione economica di Kyiv nell’Unione.

La Russia ha così avviato nei confronti dell’Ucraina di una ritorsione commerciale per constingere Kyiv all’adesione all’Unione Doganale Eurasiatica: progetto di integrazione sovranazionale dello spazio ex-sovietico coordinato da Mosca per garantire alla Federazione Russa l’egemonia nel mondo ex-URSS.

Critiche all’atteggiamento di Mosca sono state espresse dal Commissario UE all’Allargamento e all’Integrazione, Stefan Fule, che, con una nota, ha contestato l’uso da parte della Russia di ritorsioni commerciali per influenzare scelte di natura politica di uno Stato indipendente come l’Ucraina.

L’Occidente intervenga politicamente anche in sostegno di Tbilisi e Kyiv

Non è la prima volta che Putin approfitta della disattenzione dell’opinione pubblica internazionale per ristabilire con la prepotenza l’egemonia della Russia nello spazio ex-sovietico, sopratutto nei confronti di Georgia ed Ucraina.

Questi due Paesi, per via della loro ubicazione geografica e della ricchezza di risorse naturali, rappresentano un obiettivo di interesse strategico che Mosca vuole a tutti i costi possedere per rendere la Russia una superpotenza globale.

L’integrazione di Ucraina e Georgia nell’Unione Doganale Eurasiatica consente alla Russia di soddisfare le proprie ambizioni imperiali mediante l’annichilamento della legittima aspirazione di Kyiv e Tbilisi all’integrazione nell’Occidente.

È per questa ragione che, più che alla Siria, sarebbe bene che Stati Uniti d’America, Gran Bretagna, Francia, Germania, Turchia e gli altri membri NATO intenzionati a punire il Regime di Damasco per le violazioni dei Diritti Umani riponessero attenzione anche alla situazione nello spazio ex-sovietico.

L’Occidente, in particolare USA e Gran Bretagna, che si sono sempre distinti per promuovere e difendere la democrazia nel Mondo, ben farebbe a prendere una chiara posizione in sostegno dell’Indipendenza di Georgia ed Ucraina, e della loro seppur non immediata integrazione nella NATO e nell’UE.

Matteo Cazzulani

LA SIRIA COME LIBIA E SERBIA: OBAMA INTERVENGA IN MANIERA INTELLIGENTE E DETERMINATA CONTRO UNA DITTATURA VIOLENTA

Posted in NATO, USA by matteocazzulani on August 27, 2013

Il Presidente statunitense vicino alla concessione dell’imprimatur per un intervento armato limitato, sotto l’egida della NATO, per reagire alle violenze sulla popolazione perpetrate dal regime di Damasco. Così come in Libia e in Serbia, il ruolo degli USA si dimostra necessario per garantire nel Mondo Democrazia, Diritti Umani, Pace e Progresso

Un intervento mirato per dimostrare che la democrazia e i diritti umani sono valori inviolabili. La risposta che gli Stati Uniti d’America sono chiamati a dare all’uso delle armi chimiche in Siria da parte del regime di Bashar Al Assad è altamente delicata e rischiosa, sopratutto considerate le dinamiche economiche e politiche del Mondo di oggi.

Come riportato dall’autorevole UPI, il Presidente USA, Barack Obama, dopo ripetuti tentativi di mediazione con Assad, starebbe valutando l’ipotesi di un intervento armato limitato per punire il regime di Damasco, alla luce dell’utilizzo di armi chimiche sulla popolazione civile e sui dissidenti politici da parte dell’Esercito di Assad.

Durante una conferenza stampa, il Segretario di Stato USA, John Kerry, ha ribadito che l’uso delle armi chimiche da parte del regime di Damasco, testimoniato dalle principali organizzazioni internazionali indipendenti presenti in Siria, rappresenta una violazione dei diritti umani su cui il Mondo civile non può soprassedere.

Per risolvere la situazione, e lanciare un chiaro segnale alla Siria, Obama avrebbe escluso un intervento armato via terra, unilaterale e duraturo, nei confronti di Assad. Da un lato, è troppo rischioso sostenere apertamente un’opposizione al regime che, secondo indiscrezioni, è parzialmente legata con Al Qaeda e il terrorismo internazionale.

Inoltre, una guerra in Siria, oltre che risultare dispendiosa, finirebbe per diffondere presso il Mondo arabo l’odio nei confronti degli USA e, più in generale, dell’Occidente, peraltro già fomentato da Russia e Cina: due Paesi che hanno sempre difeso il regime di Assad dalle accuse di violazione dei diritti umani.

Per questa ragione, il Presidente USA ha ipotizzato due possibili soluzioni poste sotto l’egida della NATO. A riguardo, contatti sono già avvenuti tra il Presidente Obama e il Segretario Kerry, il Primo Ministro britannico David Cameron, il Presidente francese Francois Hollande, e le Autorità politiche e militari di Germania e Turchia.

Modello libico vs. modello balcanico

La prima delle due ipotesi di intervento armato si basa sul ‘modello libico’, con gli USA impegnati solo in un’azione preventiva mirata ad indebolire le difese del regime siriano, ed altri Paesi dell’Alleanza Atlantica coinvolti della gestione del resto delle operazioni militari.

Lo schema richiama quello voluto dall’Amministrazione Obama in occasione della Guerra in Libia del Marzo 2011, nella quale, sotto l’egida NATO, le difese del Dittatore libico, Muhammar Gheddafi, sono state neutralizzate da un primo intervento USA, mentre all’esercito di Francia e Gran Bretagna è spettata la gestione della parte seguente del conflitto, fino alla caduta del regime nordafricano.

La seconda ipotesi ricalca il ‘modello balcanico’ adoperato dalla NATO nel 1999 in Serbia per contrastare le pulizie etniche perpetrate da parte del regime serbo di Slobodan Milosevic. Allora, sono stati utilizzati missili cruise lanciati da incrociatori statunitensi e britannici ubicati nel Mar Adriatico, senza, però, alcuna azione militare via terra.

Ad avvalorare l’ipotesi in merito alla realizzazione del ‘modello balcanico’ anche per risolvere la questione siriana è il dislocamento di navi militari statunitensi nel Mediterraneo orientale, alle quali si starebbero aggiungendo incrociatori britannici di stanza presso l’isola di Cipro.

Il ‘modello balcanico’ consente infatti il solo bombardamento di obiettivi strategici, senza alcuna operazione aggiuntiva, ed evita il coinvolgimento NATO in una Guerra Civile che potrebbe portare a ripercussioni ben più ampie su scala mondiale.

Il rischio è dato dal sostegno fornito alla Siria da parte della Russia. Durante un incontro con il Premier britannico Cameron, il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha negato l’uso di armi chimiche da parte di Assad, nonostante le prove fornite da diversi media. Il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha poi messo in guardia l’Occidente da ogni azione militare in Siria senza l’avallo dell’ONU.

Il ruolo USA fondamentale per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel Mondo

A prescindere dalle strategie militari e politiche, certo è l’uso delle armi chimiche a Ghouta su bambini ed adulti da parte delle armate di Assad avvenuto mercoledì 21 Agosto, come testimoniato dalle note immagini trasmesse dai principali media internazionali.

Le ripetute violazioni dei diritti umani da parte del regime di Damasco sono così una situazione che l’Occidente, con gli USA in prima fila, non può più tollerare.

Finora, la politica estera del Presidente Obama, un democratico, è stata attenta nel migliorare l’immagine degli USA nel Mondo, fortemente compromessa dall’atteggiamento aggressivo della precedente Amministrazione della Casa Bianca, guidata, per otto anni, dal repubblicano George W Bush.

Tuttavia, come ammesso dallo stesso Obama, esistono dei valori su cui anche l’Amministrazione statunitense non può soprassedere, poiché la mission degli USA nel Mondo è quella di garantire, tutelare e diffondere democrazia, diritti umani, pace e progresso.

È per questo che, ancora una volta nella storia, è opportuno che gli USA prendano l’iniziativa nell’ambito della NATO per dimostrare, senza eccedere in azioni armate troppo spregiudicate, che l’Occidente non rimane inerme dinnanzi all’inaccettabile uso della violenza sulla popolazione civile e sul dissenso politico da parte di una comprovata dittatura.

Matteo Cazzulani

I PAESI BASSI AVANTI CON LO SHALE

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on August 27, 2013

Il Parlamento olandese da un semaforo verde preventivo allo sfruttamento del gas non convenzionale con il sostegno dei Liberali e l’astensione dei Laburisti. Pronte consultazioni con le Comunità Locali

Lo sfruttamento dello shale vicino al via libera anche nei Paesi Bassi. Nella giornata di lunedì, 26 Agosto, il Parlamento olandese ha approvato l’avvio dell’estrazione di gas non convenzionale, che ora dovrà essere analizzato da una Commissione competente per ottenere il semaforo verde definitivo.

Come riportato dal Financial Times, le Leggi vigenti in materia nei Paesi Bassi consentono lo sfruttamento di shale senza modifiche, né l’approvazione di nuovi provvedimenti ad hoc.

A favore dello sfruttamento dello shale si è dichiarato il Partito Liberale del Premier, Mark Rutte, mentre il Partito Laburista, partner della coalizione bipartisan di Governo, si è astenuto.

Dai laburisti dipende dunque l’avvio definitivo dello sfruttamento dello shale olandese, anche se il Ministro dell’Economia, Henk Kamp, si è detto fiducioso, ed ha già avviato consultazioni a riguardo con le Comunità Locali.

Come riportato da DutchNews, giacimenti di shale nei Paesi Bassi, su cui ha già espresso interesse la compagnia energetica britannica Cuadrilla, sono presenti nella zona di Boxtel, Noordoostpolder ed Haaren.

Critiche allo sfruttamento del gas convenzionale nei Paesi Bassi sono state espresse da alcune importanti compagnie, come la Vitens e la Heineken.

Incrementa in Europa il numero dei Paesi che sostengono lo shale

Lo shale è un gas non convenzionale sfruttato da rocce argillose poste a bassa profondità mediante sofisticate tecniche di fracking orizzontale e verticale, ad oggi adoperate con successo solo in Nordamerica.

Grazie allo sfruttamento dello shale, gli Stati Uniti d’America hanno aumentato esponenzialmente la quantità di gas prodotto, ed hanno avviato esportazioni di LNG in Gran Bretagna, India, Corea del Sud, Taiwan e Singapore.

Oltre agli USA, lo sfruttamento dello shale è già stato avviato anche dall’Argentina, dal Canada, dall’India, e dalla Gran Bretagna.

In Europa, interesse per lo shale è stato espresso da Polonia, Lituania, Romania, Danimarca, Estonia, Lettonia ed Ungheria, mentre Italia, Spagna e Germania hanno espresso interesse per le importazioni di shale dagli USA.

Moratoria allo sfruttamento dello shale è stata invece posta da Bulgaria e Francia.

Matteo Cazzulani

SHALE: IL SUDAFRICA AVANTI SUBITO

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on August 24, 2013

Il Ministro del Commercio e dell’Industria sudafricano, Rob Davies, rende noto l’avvio immediato dello sfruttamento di gas non convenzionale per migliorare l’economia e creare nuovi posti di lavoro. Il decremento del greggio come scopo del Governo della prima economia dell’Africa

Aumentare il prestigio politico in Africa grazie allo shale. Nella giornata di venerdì, 23 Agosto, il Ministro del Commercio e dell’Industria del Sudafrica, Rob Davies, ha dichiarato l’intenzione di avviare, fin da subito, lo sfruttamento di gas shale nel territorio nazionale.

Come riportato dall’agenzia AFP, il Ministro Davies ha supportato la necessita di sfruttare lo shale per implementare la sicurezza Energetica di un Paese fortemente legato al greggio che, assieme al gas non convenzionale, sta anche perseguendo il nucleare.

Il Ministro dell’Industria sudafricano ha anche sottolineato l’utilità dello sfruttamento dello shale per rilanciare l’economia del Sudafrica -la prima economia per importanza del Continente africano- e per creare nuovi posti di lavoro, per arginare una disoccupazione che interessa un quarto della popolazione.

In reazione alle polemiche delle associazioni ambientaliste che protestano per le tecniche di fracking utilizzate per sfruttare lo shale, il Ministro Davies ha promesso attenzione alle problematiche dei territori, e a quelle sociali.

“Abbiamo bisogno di accellerare sullo shale -ha dichiarato il Ministro Davies- dobbiamo farlo prima della fine del mandato dell’Amministrazione oggi in carica”.

Concorde con le parole del Ministro Davies è stato anche il Vicepresidente sudafricano, Kgalema Motlanthe, che ha sostenuto in Parlamento la necessita di avviare al più presto lo sfruttamento dello shale per incidere positivamente sull’andamento dell’economia.

Secondo le stime EIA, il Sudafrica possiede una riserva di shale di 390 Trilioni di Piedi Cubi, ed è all’ottavo posto nel ranking mondiale prima della Russia, dopo Stati Uniti d’America, Cina, Argentina, Algeria, Canada, e Messico.

Dagli USA sostegno al programma energetico sudafricano

Oltre alo shale, il Sudafrica ha avviato lo sfruttamento sul territorio nazionale di gas naturale nell’Ovest del Paese, presso il giacimento di Ibhubesi, come riportato dal giornale di informazione finanziaria Mining Weekly.

Il progetto, che secondo le stime garantisce la produzione di 28,3 Miliardi di Piedi Cubi di gas annui, è supportato economicamente dalla compagnia australiana Sunbird Energy.

Lo sfruttamento del giacimento Ibhuesi ha anche ottenuto l’appoggio politico degli USA, che, per voce dell’Incaricato agli Affari statunitensi in Sudafrica, Catherine Hill-Herndon, hanno garantito un prestito per l’estrazione di gas.

La Hill-Herdon ha sottolineato come il progetto Ibhuesi rientri nella strategia del Presidente USA, Barack Obama, per combattere il Surriscaldamento Globale.

Matteo Cazzulani

POLONIA COME ITALIA: IL GOVERNO APPESO AL CONGRESSO DEL PRINCIPALE PARTITO DI COALIZIONE

Posted in Polonia by matteocazzulani on August 23, 2013

Il Premier polacco, Donald Tusk, riconfermato alla guida del principale Partito della Polonia, la cristiano-democratica Piattaforma Civica, grazie all’appoggio dell’ala centrista e liberale. Tiene un Governo che guarda all’Europa per portare il Paese fuori dalla crisi

Il Congresso della principale forza di Governo fa tremare l’Esecutivo. Lo scenario sembra essere quello italiano -in cui il Partito Democratico è chiamato ad Elezioni Primarie per designare il Nuovo Segretario che, senza dubbio, avranno ripercussioni sulla tenuta del Governo Letta.

In realtà, la vicenda è accaduta in Polonia, dove il Premier polacco, Donald Tusk, ha ottenuto, con l’80% dei consensi, la rielezione alla guida della Piattaforma Civica -PO- la principale forza di Governo di ispirazione cristiano-democratica.

In Italia, simile è la situazione legata alle Primarie del Partito Democratico, all’interno del quale sono evidenti alcuni malumori, sopratutto da parte della fazione più di sinistra del soggetto politico riformatore italiano, nei confronti del Governo, che è guidato dal PD Enrico Letta, ma che è retto anche grazie ai voti dei conservatori del PDL.

Nonostante l’apparente similitudine con i democratici italiani, le differenze tra la questione PD e quella PO sono molte, ad iniziare dalla modalità di voto. In Polonia non si è usato carta e penna in seggi installati in gazebo come in Italia, ma gli iscritti alla Piattaforma Civica hanno scelto il loro leader on-line, oppure tramite voto per corrispondenza, nell’arco di un mese.

Altre differenze tra la Primaria PD e quella PO sono legate a partecipazione ed affluenza. Il Leader della Piattaforma Civica è stato designato con consultazioni aperte ai soli iscritti, a cui ha partecipato il 52% circa degli aventi diritto di voto. Per Statuto, il Partito Democratico apre invece le sue Primarie agli elettori, e, così, riesce a mobilitare una più ampia partecipazione.

Infine, differente è la situazione del Governo a cui, nei rispettivi Paesi, PO e PD appartengono come principale forza di coalizione. La Piattaforma Civica governa dal 2007 con il Partito contadino PSL, con cui condivide la comune appartenenza al Partito Popolare Europeo.

Dopo il risultato avulso delle elezioni politiche del Febbraio 2013, Il Partito Democratico è invece costretto a governare con i conservatori del PDL in un Governo delle ‘Larghe Intese’ che si è posto l’obiettivo di risolvere la crisi economica mediante un numero limitato di misure ampiamente condivise dopo lunghe mediazioni.

Sul piano politico, le Primarie PO e quelle PD hanno invece una situazione molto simile, in quanto dall’esito della consultazione della Piattaforma Civica ha dipeso -e dipende ancora- la tenuta del Governo Tusk, in carica dal 2007, riconfermato alle Elezioni Parlamentari dell’Ottobre 2011.

Da un lato, l’area centrista e liberale della PO ha sostenuto compatta il Premier Tusk, dimostrando di volere continuare con una tradizione di sei anni di buongoverno -in coalizione con il PSL- che ha portato la Polonia tra i primi Paesi dell’Unione Europea in quanto a PIL, efficienza e salute dell’economia.

L’ala conservatrice ha invece sostenuto Jaroslaw Gowin: ex-Ministro della Giustizia che, a più riprese, ha criticato Tusk per le sue aprerture su fecondazione assistita, aborto e Civil Union.

Gowin, favorito dalla rinuncia alla corsa per la guida PO del Vicesegretario, Grzegorz Schetyna, ha ottenuto il 21% circa dei voti degli iscritti alla Piattaforma Civica, ed ha così portato a casa un considerevole bottino.

La spaccatura tra Tusk e Gowin, tanto ideologica quanto personale, ha raggiunto la sua climax con il voto contrario espresso dall’ex-Ministro della Giustizia alla proposta del Premier di sforare il limite di indebitamento del Bilancio statale.

Similmente a quanto sostiene negli Stati Uniti d’America il Presidente democratico, Barack Obama, la proposta di Tusk è stata concepita per permettere alla Polonia di evitare la bancarotta e, nel contempo, di aumentare la spesa pubblica per dare ossigeno ad occupazione ed economia in un periodo di forte crisi economica.

Possibile scissione a destra

L’opposizione di Gowin al provvedimento, che ha portato l’ex-Ministro della Giustizia a votare contro la proposta del Premier, ha mosso l’area liberal della PO a richiedere l’espulsione del capo della fazione conservatrice per mancato rispetto della disciplina di Partito.

A commento del risultato della consultazione interna al suo Partito, il Premier Tusk ha criticato la richiesta di espulsione.

Il Premier ha inoltre invitato Gowin a capitalizzare il suo ottimo risultato per collaborare, all’interno della Piattaforma Civica, per mantenere la PO al vertice della politica della Polonia, in un’ottica di Governo di coalizione che guarda all’Europa per risolvere le sfide della modernità.

Per ora, Gowin non pensa alla scissione, anche se, secondo indiscrezioni, l’ex-Ministro della Giustizia starebbe valutando l’ipotesi di un proprio Partito.

Sul mercato, in alternativa alla corsa solitaria, per Gowin sono disponibili il Parlamentare Europeo del Gruppo dei Conservatori e Riformatori Europei, Pawel Kowal, e al leader di Polonia Solidale -SP- Zbigniew Ziobro: due transfughi di lusso dal principale partito di opposizione, il conservatore Diritto e Giustizia -PiS- che ad oggi sono senza un Partito in grado di garantire loro la rielezione sicura a Strasburgo come a Varsavia.

La sinistra perde una buona occasione

L’esito della Primaria PO ha conseguenze anche per l’ala sinistra della politica polacca, in cui una parte del Partito Socialdemocratico SLD sta valutando l’ipotesi di confluire, assieme ai radicali del Movimento di Palikot -un fuoriuscito della Piattaforma Civica- in un unico grande Partito, Europa Plus, guidato dall’ex-Presidente, Aleksander Kwasniewski.

Nonostante il forte appoggio tra l’opinione pubblica e ambiti dell’alta economia polacca goduto dall’ex-Capo di Stato socialdemocratico, Europa Plus soffre del calo sistematico dei consensi di SLD e Movimento di Palikot. Per questo, in molti a sinistra hanno sostenuto una vittoria della fazione conservatrice della Piattaforma Civica, per attirare nel nuovo Partito di sinistra alcuni liberal PO.

In attesa di nuovi sviluppi, il Governo della Piattaforma Civica continua nel suo operato per battere la crisi, seguendo una linea di moderata austerità, alternata a misure volte ad incrementare alcuni settori dello Stato sociale.

Importante obiettivo è anche l’adozione dell’Euro, che il Premier Tusk, assieme con il Presidente, il PO Komorowski, ha dichiarato di volere raggiungere entro il 2015.

Matteo Cazzulani

SHALE: IN LITUANIA ED UCRAINA DECIDONO I TERRITORI

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on August 22, 2013

Il Premier lituano, Algirdas Butkevicius, condiziona lo sfruttamento del gas non convenzionale all’approvazione delle Comunità Locali. L’estrema destra ucraina blocca i piani di estrazione dello Shale nell’Ovest dell’Ucraina

Lo shale si, ma solo se a volerlo è il territorio. Questa è la decisione presa dal Premier lituano, Algirdas Butkevicius, in merito allo sfruttamento del gas shale in Lituania.

Come riportato dall’agenzia LETA, il Premier socialdemocratico ha espresso la volontà di approvare la ricerca di shale in Lituania solo dopo il via libera da parte delle comunità locali.

La posizione è stata espressa durante un incontro tra Butkevicius e rappresentanti della compagnia statunitense Chevron, l’unica che ha comunicato l’intenzione di sfruttare lo shale in Lituania.

Le dichiarazioni di Butkevicius non cambiano il sostegno che Vilna ha dato fin da subito allo shale: fonte di energia considerata di importanza strategica per il rafforzamento della sicurezza energetica della Lituania.

Ad oggi, la Lituania dipende al 99% dalle forniture di gas naturale della Russia, che si avvale dell’oro blu per esercitare pressioni di carattere geopolitico sul Paese baltico dell’Unione Europea.

Oltre allo sfruttamento dello shale, la Lituania ha anche approvato la realizzazione di un rigassificatore a Klaipeda per importare gas naturale liquefatto da Norvegia, Qatar ed Egitto, e, più tardi, anche LNG non convenzionale dagli Stati Uniti d’America.

Inoltre, Vilna ha applicato il Terzo Pacchetto Energetico UE, la Legge europea che vieta ad enti monopolisti di controllare sia la distribuzione che la compravendita di gas nei mercati dei Paesi dell’Unione.

Questo provvedimento ha colpito il monopolista statale russo Gazprom, che, oltre a controllare l’intera importazione di gas in territorio lituano, è stato anche tra gli enti proprietari della Lietuvos Dujos, la compagnia energetica nazionale lituana.

La posizione di Butkevicius rischia però di replicare in Lituania quanto accaduto in Ucraina, dove, come riportato dalla Reuters, il Consiglio Regionale della Oblast di Ivano-Frankivsk ha rigettato il progetto di sfruttamento dello shale, sempre da parte della Chevron.

A rendere la situazione paradossale è il fatto che la Regione di Ivano-Frankivsk è controllata da Svoboda: partito di estrema destra che vede nella Russia il pericolo principale per il mantenimento dell’indipendenza ucraina.

Con il respingimento dello sfruttamento dello shale, l’estrema destra ucraina ha però fatto un assist -forse non involontario- alla Russia, che si oppone all’estrazione di gas non convenzionale in Europa per mantenere l’egemonia energetica nel Vecchio Continente.

Eppure lo shale fa bene all’ambiente

Mentre l’Europa è indecisa, chi procede sono gli USA, che, grazie allo sfruttamento dello shale, hanno incrementato la produzione interna di gas, ed hanno avviato anche le esportazioni di oro blu, sopratutto in India, Corea del Sud, Taiwan e Singapore.

Inoltre, lo sfruttamento dello shale ha permesso al Presidente USA, Barack Obama, di intensificare la lotta al Surriscaldamento Globale mediante la riduzione delle emissioni inquinanti.

Lo shale è un gas estratto da rocce argillose poste a bassa profondità mediante sofisticate tecniche di fracking, ad oggi adoperate solo in Nordamerica.

Matteo Cazzulani

IL PARLAMENTO EUROPEO SOSTIENE BIPARTISAN L’UCRAINA NELLA GUERRA COMMERCIALE CON LA RUSSIA

Posted in Russia, Ukraina, Unione Europea by matteocazzulani on August 21, 2013

I Parlamentari Europei Jacek Saryusz-Wolski ed Hannes Swoboda -rispettivamente del Partito Popolare Europeo e dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici Europei- condannano il bando imposto da Mosca a prodotti alimentari di Kyiv. L’integrazione ucraina nell’UE la vera ragione della contesa tra i due Paesi

Se l’avvicinamento all’Europa dell’Ucraina è molto amaro, il Parlamento Europeo, in maniera bipartisan, si mobilita in difesa di Kyiv e dei Diritti Umani. Nella giornata di martedì, 20 Agosto, il Parlamentare Europeo Jacek Saryusz-Wolski, del Partito Popolare Europeo, ha invitato il Parlamento UE a prendere una posizione comune dinnanzi all’aggressione commerciale della Russia nei confronti dell’Ucraina.

La proposta di Saryusz-Wolski ha seguito una dichiarazione del Capogruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici Europei, Hannes Swoboda, che ha criticato il Presidente russo, Vladimir Putin, per gli atteggiamenti omofobi e il ricatto economico attuato nei confronti di Kyiv.

Lo scorso 14 Agosto, l’Ucraina, che è vicina alla firma di un Accordo di Associazione con l’Unione Europea per l’integrazione economica di Kyiv con l’UE, si è vista impedire l’esportazione di alcuni beni alimentari in Russia.

La Russia, che è il primo mercato per le esportazioni ucraine, ha motivato il bando per ragioni fitosanitarie, ma in realtà la misura è motivata da una natura squisitamente politica, come dimostrato dal fatto che la compagnia che è stata maggiormente colpita è la dolciaria Roshen.

La Roshen è posseduta da Petro Poroshenko, Ministro del Governo ucraino che, più di tutti, sostiene l’integrazione dell’Ucraina nell’Unione Europea dal punto di vista economico, mediante la firma dell’Accordo di Associazione.

A confermare i sospetti sulla natura politica della misura è la differente reazione nei confronti della Roshen adottata da altri Paesi dello spazio ex-Sovietico che, come Tadzikistan, Kyrgyzstan, Bielorussia e Moldova, hanno ammesso i prodotti dolciari senza alcuna obiezione.

In risposta alla misura della Russia, il Primo Ministro ucraino, Mykola Azarov, ha invitato Mosca ad agire secondo le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, a cui entrambi i Paesi appartengono.

Dal canto suo, per voce del Consigliere per gli affari economici di Putin, Sergei Glazyev, la Russia ha immediatamente fatto sapere di essere intenzionata ad applicare ulteriori sanzioni ai prodotti ucraini se l’Ucraina andrà avanti con i progetti di avvicinamento all’Unione Europea.

L’obiettivo di Mosca è quello di costringere Kyiv ad entrare nell’Unione Doganale Eurasiatica, un progetto di integrazione sovranazionale concepito da Putin per estendere l’egemonia della Russia nello spazio ex-sovietico.

Per la Russia, l’Ucraina rappresenta un obiettivo geopolitico strategico, il cui controllo politico ed economico permette a Mosca di tornare una superpotenza mondiale con una forte influenza nel continente europeo.

L’importanza di Kyiv nella Nuova Guerra Fredda tra USA e Federazione Russa

Per l’Unione Europea, ed il Mondo occidentale in generale, l’integrazione dell’Ucraina nello spazio ex-sovietico rappresenta una sconfitta geopolitica che compromette il rafforzamento dell’UE su scala globale.

Per questa ragione, è opportuno che l’Europa tratti la questione ucraina con assoluta prudenza ed attenzione, al fine di integrare, anche solo sul piano economico, al più presto un Paese di importanza cruciale per la sopravvivenza della cultura occidentale.

Matteo Cazzulani

IL MESSICO DIVISO SULLA PRIVATIZZAZIONE DELL’ENERGIA

Posted in Guerra del gas by matteocazzulani on August 21, 2013

La coalizione di centro-destra che sostiene Il Presidente messicano, Enrique Pena Nieto, a favore di una cauta liberalizzazione del settore dell’energia. L’opposizione di sinistra contraria alla privatizzazione della Peremex

Privatizzazione contro nazionalizzazione è il vecchio dilemma dei Paesi dell’America Latina, anche e sopratutto in campo energetico. Nella giornata di Lunedì, 19 Agosto, il Messico ha avviato un confronto sulla politica energetica nazionale.

Il Partito Istituzionale Rivoluzionario -PRI- la forza partitica di centro del Presidente Messicano, Enrique Pena Nieto, insieme con i conservatori del Partito Nazionale d’Azione -PAN- ha proposto una progressiva liberalizzazione della compagnia energetica nazionale, la Pemex.

Come riportato dalla Reuters, il Presidente Pena Nieto punta ad aprire ai privati il settore energetico del Paese, così da sostenere lo sviluppo del settore energetico messicano.

La proposta è opposta a quella del Partito della Rivoluzione Democratica -PRD- forza di sinistra che ha supportato la creazione di un fondo apposito controllato dallo Stato per la gestione della Pemex.

Lo scopo della proposta dell’opposizione, sostenuta dal Candidato avversario del Presidente Pena Nieto alle ultime elezioni presidenziali, Manuel Lopez Obrador, è quello di mantenere la compagnia energetica nazionale nelle mani dello Stato.

Il Messico è la seconda economia dell’America Latina, e il 10 produttore di greggio al Mondo.

Il Messico è anche il quinto Paese al Mondo per giacimenti di shale posseduti, con una riserva che, secondo il ranking EIA, è pari a 545 Trilioni di Piedi Cubi.

Una fonte di energia utile per la sicurezza del Mondo

Lo shale è un gas non convenzionale sfruttato in Nordamerica da rocce porose a bassa profondità mediante sofisticate tecniche di fracking, che hanno permesso agli Stati Uniti d’America di incrementare la produzione di oro blu.

Interessati allo shale sono anche Gran Bretagna, Polonia, Romania, India, Lituania, Spagna, Canada, Danimarca, Ungheria, Germania, Ucraina, Argentina e Brasile.

Matteo Cazzulani