LA VOCE ARANCIONE. Il Blog di Matteo Cazzulani

CRISI TRA UNGHERIA, AZERBAJZHAN ED ARMENIA: A RISCHIO IL GAS PER L’UE

Posted in Azerbajdzhan by matteocazzulani on September 8, 2012

Yerevan congela i rapporti diplomatici con Baku e Budapest dopo che la magistratura magiara ha estradato il militare Ramil Safarov, accusato di omicidio di un suo collega armeno, liberato dalle Autorità azere appena rimpatriato. In bilico la politica orientale del Governo Orban ed i piani di sicurezza energetica varati dalla Commissione Europea

Il Premier ungherese, Viktor Orban

Un’estradizione azzardata rischia di mandare in aria i progetti di indipendenza energetica dell’Unione Europea. Nella giornata di venerdì, 31 Agosto, la magistratura ungherese ha estradato in Azerbajdzhan il militare azero Ramil Safarov, accusato dell’omicidio del collega armeno Gurgen Markarian durante le esercitazioni “scolarizzazione per la pace” organizzate dalla NATO a Budapest nel 2004.

La decisione della magistratura magiara ha scatenato una reazione a catena, che ha portato all’avvio di una crisi diplomatica tra i tre Stati in questione. Nonostante le promesse in merito al mantenimento in carcere del militare, le Autorità azere hanno liberato Safarov, lo hanno insignito del grado di Maggiore, e gli hanno garantito abitazione e compensazione finanziaria per gli anni spesi in carcere in Ungheria.

Come reazione, l’Armenia ha rotto le relazioni diplomatiche con l’Ungheria, ed ha avviato un protesta nei confronti del’Azerbajdzhan finita inevitabilmente per sollevare la tensione anche su piano militare. Baku e Yerevan sono infatti coinvolte nella disputa per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh: territorio popolato da 145 mila armeni, perso dagli azeri dopo una sanguinosa guerra combattuta tra il 1988 ed il 1994.

Inoltre, Budapest ha espresso profondo rammarico per il mancato mantenimento delle promesse da parte di Baku, e non è escluso che il caso Safarov possa condizionare il mantenimento di buone relazioni tra le Autorità ungheresi e quelle azere.

La crisi diplomatica tra Ungheria, Azerbajdzhan ed Armenia potrebbe comportare conseguenze di notevole importanza all’immagine e allo status geopolitico dell’Unione Europea.

Tutto ha inizio dallo stretto legame che, fino ad ora, ha legato Budapest a Baku. Il Premier ungherese, Viktor Orban, è uno dei principali sostenitori dei progetti della Commissione Europea volti al trasporto diretto di gas azero in Europa per diminuire la dipendenza del Vecchio Continente dalla Russia.

Oltre ad avere dato il proprio assenso al Nabucco – gasdotto che permetterà l’importazione del’oro blu dall’Azerbajdzhan – Baku ha giocato per Budapest una pedina importante anche per la realizzazione di un altro progetto energetico, l’AGRI.

Esso prevede il trasporto del gas via terra dall’Azerbajdzhan alla Georgia e, successivamente, il suo trasferimento via mare dal porto georgiano di Poti a quello romeno di Costanza, da cui il carburante è previsto arrivi in Ungheria.

Ad arricchire “l’apertura all’Oriente” – come è stata ribattezzata la politica estera di Orban – sarebbe stato anche l’impegno espresso da parte delle Autorità azere di acquistare obbligazioni ungheresi per il valore di 2-3 Miliardi di Euro.

Il condizionale è d’obbligo, dal momento in cui Baku ha sempre smentito queste indiscrezioni. Tuttavia, la manovra avrebbe una sua logica, sopratutto se si considera la recente rinuncia da parte di Orban all’erogazione di un prestito da parte del Fondo Monetario Internazionale necessario per sistemare la situazione economica magiara.

L’impasse diplomatica venutasi a creare potrebbe rompere l’idillio tra Ungheria e Azerbajdzhan e, in un secondo luogo, avere ricadute anche sulla politica energetica della Commissione Europea, che vede proprio in Baku il serbatoio principale da cui attingere il gas necessario a garantire la sicurezza dei rifornimenti per il Vecchio Continente.

A trarre vantaggio da tale situazione sarebbe la Russia, che già oggi sta cercando in tutti i modi di impedire la realizzazione del Nabucco e l’accesso diretto dell’Europa ai ricchi giacimenti del Mar Caspio.

Inoltre, il sostegno diretto che Mosca ha sempre prestato alla parte armena nel conflitto con l’Azerbajdzhan potrebbe convincere Yerevan a rafforzare il legame con il Cremlino, magari entrando nell’Unione Eurasiatica russo-bielorusso-kazako-kirgyza, ed abbandonare nella politica di Partenariato Orientale dell’UE.

Questo progetto è stato varato da Bruxelles, su iniziativa di Svezia e Polonia, per preparare i Paesi dell’Europa Orientale e del Caucaso – Moldova, Bielorussia, Ucraina, Georgia, Azerbajdzhan ed Armenia – a relazioni più strette con il Vecchio Continente, quando no addirittura ad una loro integrazione.

Oltre che sul piano energetico e politico, l’Unione Europea potrebbe registrare un danno d’immagine anche sul piano diplomatico. Bruxelles non è stata in grado di intervenire ed impedire la realizzazione di un’estradizione che, come si poteva facilmente prevedere, avrebbe provocato una certa crisi internazionale in una delle aree più calde del pianeta.

La NATO cerca di ricompattare

A testimonianza dell’importanza ricoperta dal Caucaso per la Comunità Occidentale è la missione urgente organizzata dal Segretario Generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, che ha rimproverato le Autorità azere per la decisione di liberare Safarov, senza mantenere le promesse fatte all’Ungheria.

“Non possiamo permettere una nuova escalation militare tra Azerbajdzhan ed Armenia – ha dichiarato Rasmussen durante la sua visita all’Accademia Militare di Baku – la decisione [di liberare Safarov, n.d.a.] costituisce una minaccia per la pace nel Mondo”.

Matteo Cazzulani

LA CRISI FRANCO-TURCA : UN RISCHIO PER L’INDIPENDENZA ENERGETICA EUROPEA

Posted in Azerbajdzhan, Francia, Guerra del gas by matteocazzulani on January 26, 2012

Il Senato francese riconosce il diniego del genocidio degli armeni come reato, scatenando le reazioni di Turchia ed Azerbajdzhan. Oltre alla rottura tra Parigi ed Ankara, a rischio è anche il riesplodere della contesa tra armeni ed azeri per il Nagorno-Karabakh, su cui la Russia mantiene il controllo per impedire la politica di autonomia energetica dell’UE da Mosca

Il presidente francese, Nicolas Sarkozy

Una miccia accesa nel Senato di Parigi infiamma Medio Oriente, centro Asia, ed interessi energetici dell’Europa. Nella giornata di lunedì, 23 Gennaio, la Camera Alta francese ha votato una proposta di legge che sanziona la negazione pubblica del genocidio degli armeni in Francia con un anno di prigione ed una multa di 45 Mila euro.

A favore del documento si è schierata una consistente maggioranza trasversale, composta dall’opposizione socialista e dalla maggioranza dell’UMP fedele al Presidente Nicolas Sarkozy: primo sostenitore di un’iniziativa parlamentare concepita per aiutare il Capo di Stato attuale alla riconferma all’Eliseo. Contrari, invece, alcuni settori della maggioranza, tra cui il Ministro degli Esteri, Alain Juppé: preoccupato per le serie ripercussioni che la proposta di legge potrebbe scatenare nei rapporti bilaterali con la Turchia.

Secondo il documento, e il giudizio di diversi storici, tra il 1915 ed il 1917, sul suolo turco, le autorità dell’Impero Ottomano hanno ucciso un milione e mezzo di armeni in un’operazione di pulizia etnica. Ankara, al contrario, ha ridotto il numero delle vittime a 500, escluso la ragione politica di tali omicidi, e ritenuto ogni condanna estera dell’avvenimento come un inopportuno inserimento nelle questioni interne alla Turchia.

Difatti, le proteste da parte turca non si sono fatte attendere. Il Ministro della Giustizia di Ankara, Sadullah Ergin, ha ritenuto l’iniziativa “vergognosa, ingiusta e segno di aperta ostilità nei confronti dello Stato turco”. In aggiunta, l’Ambasciatore turco a Parigi ha dichiarato la possibilità di arrivare ad una totale rottura, ed al declassamento dei rapporti diplomatici tra Ankara e Parigi.

Nessun passo indietro da parte della Francia: per entrare in vigore, il discusso progetto di legge attende solo una firma di Sarkozy oramai certa. A suo favore, non gioca solo l’ambizione politica del Presidente transalpino, ma anche una logica di politica estera ben precisa: la Turchia è attore sempre più importante sullo scacchiere medio-orientale – come dimostrato dal ruolo esercitato nelle crisi iraniana e siriana, e nel conflitto israelo-palestinese – su cui Parigi non intende cedere lo scettro di protagonista.

Tuttavia, ripercussioni dovute all’iniziativa francese si sono verificate anche in zone fondamentali per la sicurezza energetica europea. Il Senato transalpino ha ottenuto il plauso pubblico del Presidente armeno, Serzh Sarkisjan, che, in una lettera aperta, ha lodato il collega Sarkozy per la tradizionale attenzione prestata alla questione dei Diritti Umani nel Mondo. Una frase che ha fatto andare su tutte le furie il vicino Azerbajdzhan, il cui Ministero degli Esteri ha invitato Parigi a profondere pari sforzi politici nel denunciare anche l’occupazione armena di terre azere, e nel riconoscere i diritti dei profughi di Baku dal Nagorno-Karabakh.

La Francia litiga, l’Europa perde

Questa regione di 4500 chilometri quadrati è uno dei teatri più caldi dello spazio ex-sovietico. Inserita territorialmente negli anni venti nella Repubblica Sovietica dell’Azerbajdzhan – per premettere a Mosca di esportare il comunismo in Turchia – prima e dopo la caduta dell’URSS è stata contesa, in due guerre, nel 1987 e nel 1994, tra azeri ed armeni. Questi ultimi sono risultati vincitori, ed oggi il Nagorno-Karabakh è una repubblica indipendente non riconosciuta: inserita nel territorio dell’Armenia, ed ubicata in una regione delicata per questioni politiche ed energetiche.

Da un lato, la Russia non ha mai voluto rinunciare all’egemonia sull’ex-URSS, e si è schierata a più riprese in sostegno dell’Armenia, in cui Mosca mantiene una base militare recentemente rinnovata fino al 2044. Di contro, l’Azerbajdzhan ha trovato sponde nella Turchia e nella Georgia: Stati che sempre hanno sostenuto le ragioni di Baku sul Nagorno-Karabakh. Sullo sfondo della mera questione territoriale sta, però, la corsa all’approvvigionamento energetico dell’Unione Europea.

Azerbajdzhan, Georgia, e Turchia rientrano nel piano varato dalla Commissione Barroso per la costruzione di una rete di gasdotti per trasportare gas dai giacimenti di Baku – con cui Bruxelles ha già stretto accordi – direttamente nel Vecchio Continente: lo scopo è quello di evitare il transito per il territorio della Russia, da cui l’UE dipende quasi totalmente. Da parte sua, Mosca, utilizza la propria presenza in Armenia per ostacolare i progetti di indipendenza energetica europei e, nel contempo, mantenere in scacco azeri, georgiani e turchi con la costante minaccia della riapertura delle ostilità militari.

Come rilevato da analisti in materia energetica, la stabilità nella regione, finora mantenuta a fatica, è una delle condizioni fondamentali per la realizzazione in tempi brevi del progetto di gasdotti e condutture dal centro Asia all’Unione Europea. La riapertura di un qualsiasi conflitto, o anche solamente il peggioramento delle relazioni diplomatiche tra Turchia ed Azerbajdzhan con l’Occidente, può mantenere il Vecchio Continente energicamente dipendente dalla Russia.

Le conseguenze di tale scenario sulla sicurezza nazionale dei singoli Paesi UE sarebbero gravose e compromettenti. Per questa ragione, una crisi diplomatica tra Francia e Turchia, nel periodo attuale, è pericolosa per la realizzazione del progetto di indipendenza energetica dell’Unione Europea, e, per questo, da evitare in tutti i modi.

Non è un caso se anche presso la stampa francese sono emerse perplessità sulla tempistica – e non sulla ratio – con cui si è scelto di condannare una delle pagine più nere della storia europea, al pari delle purghe staliniane, della Shoah e dello Holodomor: genocidio del popolo ucraino, peraltro, mai riconosciuto dalle Autorità transalpine.

Matteo Cazzulani

L’AZERBAJDZHAN RINUNCIA ALL’EURO

Posted in Azerbajdzhan, Guerra del gas by matteocazzulani on January 10, 2011

Adottato il doppio indice Dollaro/Manat per il corso della valuta di Baku. La moneta UE perde un importante attore energetico

il capo della banca centrale azera, Elman Rustamov

Valute e buoi dei Paesi tuoi. Questa la ricetta anticrisi adottata dalla Banca Centrale Azera, che, da lunedì, 10 Gennaio, ha rinunciato all’euro, per la definizione del corso della propria valuta nazionale.

Una scelta, come comunicato da Baku, che consente il raggiungimento della stabilità, un maggiore controllo sulle oscillazioni del mercato interno, e l’approvazione di piani a lungo termine.

A contribuire alla scelta, la contemporanea crisi della moneta UE e di quella locale, il Manat. Ripristinata, assieme al Dollaro, in un nuovo sistema bivalutare.

Bruxelles perde un importante fornitore

L’indice Euro/Dollaro è stato introdotto nel 2008 per controllare il corso del Manat, estendendo le dinamiche globali al mercato interno di Baku. Una strategia che, nel biennio scorso, ha dato comunque buoni risultati.

Secondo gli esperti, per Bruxelles si tratta di un duro colpo, dal momento in cui l’Azerbajdzhan rappresenta una valida alternativa a Russia e Paesi Arabi per l’importazione di gas e petrolio.

Matteo Cazzulani