JULIJA TYMOSHENKO: IN REGIONE LOMBARDIA PRESENTATA L’INTERROGAZIONE
Regione Lombardia si mobilita per il caso di Julija Tymoshenko, a Kyiv è celebrata la fine delle trattative per l’Accordo di Associazione UE-Ucraina, e durante il Congresso straordinario di Bat’kivshchyna l’Opposizione Democratica dichiara la fusione in un’unica lista arancione
Più che uno scherzo, l’immaginario ittico del Primo di Aprile ha portato, con un giorno di anticipo, finalmente buone notizie. Nella giornata di venerdì, 30 Marzo, il Consigliere Regionale lombardo, Carlo Borghetti, ha dichiarato alla stampa di avere inviato al Presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, un’interrogazione urgente a risposta scritta in merito alla situazione della Leader dell’Opposizione Democratica ucraina, Julija Tymoshenko.
Borghetti, che nel Consiglio Regionale è attivo sopratutto in Commissione Sanità, ha evidenziato come il trattamento subito dalla politica ucraina più famosa e apprezzata in sede europea sia disumano, e rappresenti un’emergenza sul piano della democrazia, della giustizia, e del rispetto dei diritti umani, su cui è bene battersi anche a livello di Ente Locale: soprattutto presso la Regione trainante d’Italia.
“La democrazia va rispettata ovunque, vorrei che il Presidente della Lombardia, che in passato si è già speso in campo internazionale, prendesse una posizione anche nei confronti della Leader dell’Opposizione ucraina – ha dichiarato Borghetti – Il caso di Julija Tymoshenko mi ha fin da subito colpito non solo perché ha riguardato l’eroina della Rivoluzione Arancione, ma anche per l’involuzione democratica che sta vivendo l’Ucraina: un Paese europeo che sta sprofondando nel buio del suo passato”.
Durante la presentazione dell’iniziativa, il Consigliere regionale, che appartiene al gruppo del Partito Democratico della Lombardia, ha illustrato come l’Unione Europea debba seriamente interessarsi dell’Ucraina nell’ottica di una prossima integrazione del Paese più importante dell’Europa Orientale.
Quasi in contemporanea, a Kyiv è proprio avvenuta la cerimonia di chiusura delle trattative per la firma dell’Accordo di Associazione UE-Ucraina: un documento di importanza storica, congelato il 19 Dicembre 2011 a causa dell’arresto di Julija Tymoshenko, con cui Bruxelles potrebbe riconoscere agli ucraini lo status di partner privilegiato oggi goduto da Islanda, Norvegia e Svizzera.
Il condizionale è d’obbligo, dal momento in cui, nonostante il raggiungimento del punto di arrivo nella fase preparatoria di un trattato che prevede anche il varo di una Zona di Libero Scambio tra l’UE e l’Ucraina, sia la firma, che la successiva ratifica da parte del Parlamento Europeo, e dei 27 Parlamenti nazionali, è tutt’altro che scontata.
Come comunicato da diversi esponenti dell’Unione Europea, ulteriori progressi nell’avvicinamento di Kyiv a Bruxelles potranno essere compiuti solo se le autorità ucraine dimostreranno di sapere rispettare le regole della democrazia che stanno alla base dell’UE, e, nello specifico, garantiranno alla Tymoshenko, e all’altra decina di detenuti politici del campo arancione, libertà e diritto di partecipazione alle prossime Elezioni Parlamentari.
Arancioni uniti per la Tymoshenko
A riguardo, sempre venerdì, 30 Marzo a Kyiv si è svolto il congresso straordinario di Bat’kivshchyna, il Partito di Julija Tymoshenko, nel quale è stata certificata la fusione in questo soggetto politico delle altre principali forze partitiche appartenenti al campo arancione: Narodna Samooborona, dell’ex-Ministro degli Interni, Jurij Lucenko – detenuto in isolamento come la Tymoshenko, sempre in seguito a un processo politico – e il Front Zmin dell’ex-Speaker arancione, Arsenij Jacenjuk.
“C’è una sola idea e una sola strategia per la quale vale la pena di accantonare gli altri temi: l’unità delle forze democratiche – ha dichiarato Julija Tymoshenko, per mezzo di un messaggio inoltrato dalla sua cella della Colonia Penale Kachaniv’skyj di Kharkiv – Unitevi, dimenticate le fratture ideologiche, i personalismi, e gli interessi privati. Dobbiamo costituire una sola squadra, una sola lista, una sola vittoria. Le Autorità ripongono molto sulle nostre divisioni, non cadiamo in queste tentazioni”.
Matteo Cazzulani
PER JULIJA TYMOSHENKO CHIESTI ALTRI 12 ANNI DI CARCERE
La Procura Generale invia al Tribunale di Kharkiv la documentazione per l’apertura del secondo processo a carico della Leader dell’Opposizione Democratica, accusata di evasione fiscale e sottrazione di danaro pubblico durante la presidenza del colosso energetico JEESU. La difesa contesta l’assenza di prove e la mancanza del tempo necessario per esaminare i faldoni contenenti le imputazioni. Al via anche il secondo processo a carico dell’ex-Ministro degli Interni, Jurij Lucenko, mentre a Roma è stato affrontato l’espatrio di Arsen Avakov
Altri 12 anni di detenzione oltre ai 7 già inflitti da un precedente processo. Questo è il rischio che corre la Leader dell’Opposizione Democratica ucraina, Julija Tymoshenko, dopo la decisione della Procura Generale di affidare al Tribunale di Kharkiv – città dove la nota esponente politica è tuttora agli arresti in una colonia penale – l’apertura del secondo processo a suo carico.
Come dichiarato dal Procuratore, Hennadij Tjurin, Julija Tymoshenko è accusata di evasione fiscale e sottrazione alle casse statali di un’ingente somma di denaro – più di 160 Milioni di Dollari – durante la presidenza del Colosso energetico JEESU, che la Leader dell’Opposizione Democratica ha guidato negli anni precedenti alla sua discesa in politica. Secondo il codice penale, la condanna potrebbe aggirarsi intorno ai 12 anni di detenzione in isolamento.
Proteste sono state espresse da parte dell’avvocato difensore della Leader dell’Opposizione Democratica, Serhij Vlasenko, che ha evidenziato come le accuse si riferiscano a un periodo successivo alla presidenza della JEESU della sua assistita. Inoltre, costui ha condannato il fatto che al pool di legali da lui coordinato è stato limitato il tempo necessario alla presa visione dei faldoni contenenti le imputazioni per la preparazione del processo.
Ex-Primo Ministro, Julija Tymoshenko è stata condannata l’11 Ottobre del 2011 a sette anni di detenzione in isolamento, più tre di interdizione dalla vita politica, per avere firmato accordi energetici con la Russia ritenuti sconvenienti per le casse statali ucraine. Allora, era il Gennaio 2009, la Tymoshenko ha accettato un tariffario oneroso pur di indurre Mosca a interrompere il taglio delle forniture – operato per destabilizzare la situazione interna a Kyiv – e rinnovare quanto prima il flusso di gas verso l’Europa.
Il verdetto è maturato in seguito a un processo dalla dubbia regolarità: con l’imputata detenuta preventivamente in carcere, la difesa sistematicamente privata dei suoi diritti, e prove a sostengo delle accuse fabbricate ad hoc – alcune di esse addirittura datate il 31 Aprile.
Oltre a questa condanna, alla Tymoshenko è stato sentenziato un secondo arresto preventivo perché ritenuta soggetto potenzialmente pericoloso per il prosieguo delle indagini sull’affare JEESU: nonostante la Leader dell’Opposizione Democratica fosse già stata incarcerata e, affetta da una graffe infiammazione respiratoria trascurata dalle Autorità Carcerarie, impossibilitata a spostarsi dalla sua cella.
Continuano anche i casi Lucenko e Avakov
Sempre giovedì, 29 Marzo, la magistratura ucraina ha comunicato l’apertura di un secondo processo anche a carico dell’ex-Ministro degli Interni, Jurij Lucenko: altro esponente di spicco dell’Opposizione Democratica già condannato a 4 anni di detenzione in isolamento per abuso d’ufficio e corruzione, dopo un processo in cui tutti i testimoni, sopratutto quelli dell’accusa, hanno certificato l’estraneità del politico dai fatti a lui imputati.
Nel procedimento appena aperto, il politico è accusato per l’organizzazione di indagini irregolari in merito all’avvelenamento dell’ex-Presidente, Viktor Jushchenko: il candidato alla presidenza della Rivoluzione Arancione, guidata nel 2004 proprio dalla Tymoshenko e da Lucenko, che, dato per favorito da tutti i sondaggi, sarebbe stato vittima di un tentativo di intossicazione da parte di una persona vicina all’establishment presidenziale di Leonid Kuchma, allora al potere.
Infine, novità sono emerse anche sul caso di Arsen Avakov: importante dirigente del Partito di Julija Tymoshenko che, per fuggire all’ondata di arresti politici, è riparato in Italia, dove è stato arrestato dalla Polizia Locale di Frosinone. Secondo quanto dichiarato dal suo avvocato difensore, Jurij Vyshnevec’kyj, giovedì, 29 Marzo, presso la Corte d’Appello di Roma si è svolta la seduta preliminare del processo a suo carico – necessaria in quanto su Avakov è stato emesso un mandato di cattura internazionale – durante la quale il suo assistito si è dichiarato perseguitato politico.
Le Autorità ucraine hanno richiesto l’estradizione del politico dell’Opposizione Democratica che, se accordata dalle Autorità italiane, potrebbe comportare l’undicesimo arresto politico in Ucraina dalla salita al potere dell’attuale Presidente, Viktor Janukovych. l’Opposizione Democratica si è appellata ufficialmente affinché l’Italia difenda la democrazia, e segua l’esempio della Repubblica Ceca, dove altri due esuli politici, l’ex-Ministro dell’Economia, Bohdan Danylyshyn, e il marito della Tymoshenko, Oleksandr Tymoshenko, hanno ottenuto asilo politico.
Matteo Cazzulani
RIFORMA DELLE PENSIONI: IN POLONIA TROVATO L’ACCORDO
La maggioranza liberal-contadina dichiara di avere raggiunto un compromesso sull’innalzamento dell’età previdenziale a 67 anni, con la concessione di un pre-pensionamento a chi ha maturato più della metà dei contributi necessari. Le manovre del Capo del Governo per allargare la coalizione anche ai radical-liberali e per mettere al sicuro una riforma necessaria per l’economia di Varsavia
67 anni per tutti, con possibilità di terminare il lavoro a 65 anni per gli uomini e 62 per le donne. Questa è la mediazione trovata in Polonia in seno alla coalizione di governo liberal-contadina che, mercoledì, 28 Marzo, dopo l’ennesimo vertice serale, ha risolto l’impasse su un punto di fondamentale importanza per la realizzazione del programma di maggioranza.
Secondo l’accordo, l’età previdenziale sarà innalzata a 67 anni, come preventivato dal progetto originale della principale forza di governo, la liberale Piattaforma Civica – PO -, ma i lavoratori e le lavoratrici potranno beneficiare anzitempo della retribuzione pensionistica rispettivamente a 65 e 62 anni, come richiesto dall’unico partner di maggioranza, il Partito Contadino – PSL – solo se avranno già maturato, sempre rispettivamente, 40 e 35 anni di contributi.
La maggioranza guarda a sinistra
Come riportato dall’autorevole Gazeta Wyborcza, il raggiunto compromesso permette al Premier, il liberale Donald Tusk, di ricucire lo strappo con il partner di maggioranza, il Segretario dei contadini, Waldemar Pawlak, ma non esclude prossime trattative per allargare la coalizione favorevole all’innalzamento dell’età previdenziale con l’inclusione di altre forze politiche.
Nel mirino ci sarebbe il Movimento di Palikot – RP – lista di orientamento radical-liberale, finora all’opposizione del Governo, che ha fatto sapere di essere disposta a sostenere la riforma delle pensioni di Tusk previa accettazione di tre clausole: utilizzo dei contributi versati dai lavoratori negli ultimi anni di lavoro per il rafforzamento del welfare, visite mediche obbligatorie per gli over 60, e sovvenzioni aggiuntive per le famiglie con figli all’asilo.
Sempre secondo Gazeta Wyborcza, Tusk avrebbe accettato quest’ultima misura per potere contare sui voti di Palikot – suo ex-collega di Partito – e formare un forte raggruppamento di centro in grado di isolare i conservatori di Diritto e Giustizia – PiS – e di Polonia Solidale – SP – e i socialdemocratici – SLD – che, in materia pensionistica, hanno proposto l’indizione di un referendum.
La ricerca di nuovi alleati è un provvedimento di vitale importanza per il prosieguo dell’attività della maggioranza, dal momento in cui la solida intesa liberale-contadina – che ha guidato la Polonia negli ultimi sei anni – ha ceduto proprio durante le trattative per la stesura della riforma previdenziale.
Nonostante il ritrovato appoggio di Pawlak, il Premier Tusk, in calo di consensi secondo le ultime rilevazioni sociologiche, è consapevole di non poter contare con totale sicurezza su un solo partner di una maggioranza nella quale, secondo indiscrezioni, avrebbe cercato di includere sia il Movimento di Palikot che i socialdemocratici.
Matteo Cazzulani
OPPOSITORE UCRAINO ARRESTATO IN ITALIA
A Frosinone la polizia italiana ha arrestato Arsen Avakov, Segretario della federazione regionale di Kharkiv di Bat’kivshchyna – il principale Partito del campo arancione – in nome di un mandato di arresto internazionale emanato dalle Autorità di Kyiv. L’ennesimo arresto politico, dopo quelli esemplari dei due Leader della Rivoluzione Arancione del 2004, Julija Tymoshenko e Jurij Lucenko, e l’appello all’Italia a concedere l’asilo politico, e a seguire l’esempio della Repubblica Ceca nei confronti dell’ex-Ministro dell’Economia, Bohdan Danylyshyn, e del marito della Tymoshenko, Oleksandr
Segretario della federazione della Oblast’ di Kharkiv del Partito Bat’kivshchyna, ex-Presidente della Regione, e candidato, sempre per conto del principale soggetto politico dell’Opposizione Democratica, nelle elezioni comunali della Capitale dell’Ucraina sovietica sconfitto dopo una riconsiderazione dei conteggi che, inizialmente, lo hanno visto vittorioso. Questo è l’identikit di Arsen Avakov, esponente del campo arancione ucraino che, martedì, 27 Marzo, è stato arrestato in Italia, a Frosinone, sulla base di un mandato internazionale per abuso d’ufficio nel corso del periodo speso al governo della Oblast’ di Kharkiv e sottrazione al bilancio statale dei ricavi della vendita di una cinquantina di ettari di terreni demaniali.
La polizia locale di Frosinone ha comunicato di avere arrestato Avakov dopo un controllo di routine in pieno centro e, una volta emerso il mandato di cattura internazionale, non ha potuto fare altro che trattenere il politico ucraino, e sottoporre il suo procedimento alla Corte d’Appello di Roma.
Una volta ottenuta la conferma della notizia, subito è scattata la corsa alla documentazione: con il Ministero degli Interni intento a richiedere con urgenza l’estradizione del politico, e i suoi colleghi di Partito pronti a invitare l’Italia a non compiere un passo che, a loro avviso, consegnerebbe l’ennesima vittima di un processo politicamente motivato nelle mani di un regime autoritario.
Secondo quanto riportato dall’esponente del Dicastero degli Interni, Jurij Bojchenko, le carte richieste sono già state preparate da tempo: è da dopo l’apertura dei procedimenti a suo carico, il 26 Gennaio, che Avakov è stato inserito tra i latitanti ricercati dalla polizia ucraina.
“Così come gli altri detenuti politici, Avakov è processato per via di un articolo del Codice Penale che risale all’epoca sovietica, per mezzo del quale qualsiasi persona può essere incarcerata per il non precisato reato di abuso d’ufficio – ha dichiarato al 5 Kanal l’esponente di Bat’kivshchyna, Volodymyr Bondarenko – è tra le personalità più attive del principale soggetto politico di opposizione. Per questa ragione, abbiamo chiesto alle autorità italiane di non consegnarlo alla magistratura ucraina”.
L’appello a Monti: non contribuire al regresso della democrazia in Ucraina!
L’arresto di un esponente dell’Opposizione Democratica nel nostro Paese pone l’Italia dinnanzi ad un’enorme scelta di responsabilità, in quanto la consegna di Avakov alle autorità di Kyiv significherebbe la matematica condanna dell’ennesimo politico del campo arancione sulle Rive del Dnipro. A dimostrare questa amara certezza è il trattamento subito da una decina di suoi colleghi, tra cui la Leader di Bat’kivshchyna, e dell’Opposizione Democratica, Julija Tymoshenko, e l’ex-Ministro degli Interni, Jurij Lucenko.
Costoro sono stati condannati a una lunga reclusione, a cui sono stati aggiunti diversi anni di obbligo di astensione dalla vita politica, dopo un processo celebrato nel pieno dell’irregolarità: con gli imputati già preventivamente incarcerati, la difesa sistematicamente privata dei suoi diritti, e prove a supporto dell’accusa montate ad hoc.
Un esempio che l’Italia potrebbe fare proprio potrebbe essere quello della Repubblica Ceca, che ha concesso l’asilo politico a due altri esponenti di spicco del campo arancione, costretti all’esilio per sfuggire agli arresti politici: l’ex-Ministro dell’Economia, Bohdan Danylyshyn, e il marito di Julija Tymoshenko, Oleksandr Tymoshenko.
L’Opposizione Democratica ucraina ha ritenuto responsabile dell’ondata di processi politici il Presidente, Viktor Janukovych, il quale, secondo essa, avrebbe organizzato una campagna mirata all’eliminazione dei principali suoi competitor sull’onda di un sentimento di vendetta personale.
La reclusione di Julija Tymoshenko e di Jurij Lucenko, e, più in generale, il trattamento riservato agli esponenti del campo arancione da parte delle Autorità ucraine – di cui Avakov non è che l’ennesima vittima – è stato criticato a più riprese da Unione Europea, Stati Uniti d’America, ONU, NATO, Canada, Australia, Federazione Russa, Nuova Zelanda, Freedom House, ed Amnesty International.
Matteo Cazzulani
OBAMA-MEDVEDEV: VERTICE CON GAFFE
Ripreso da una telecamera durante l’incontro privato con il suo collega russo, il Presidente americano chiede alla Russia più tempo per risolvere la questione dello Scudo Spaziale, su cui Washington e Mosca hanno posizioni divergenti. L’establishment democratico della Casa Bianca conferma la realizzazione di un piano militare di ottica difensiva, ma la maggioranza repubblicana al Congresso promette barricate per impedire la messa al bando di uno dei progetti fondamentali per garantire la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America
“Vladimir mi darà più tempo”. E’ questa la frase che il Presidente americano, Barack Obama, avrebbe pronunciato al suo collega russo, Dmitrij Medvedev, per assicurare Mosca sulla presunta mancata volontà da parte di Washington di realizzare il progetto di difesa antimissilistico in Europa Centrale.
L’episodio, che secondo il protocollo pianificato in precedenza dai due Capi di Stato, a Seoul per il vertice mondiale delle potenze nucleari, avrebbe dovuto tenersi a porte chiuse, è stato registrato da una telecamera, e, successivamente, trasmesso in tutti i principali media d’Oltreoceano.
“Tutte queste questioni, come lo scudo spaziale, possono essere risolte – ha dichiarato Obama nello scambio di battute – ho solo bisogno che Vladimir [si evince dal contesto che Obama si riferisce a Putin: Presidente eletto della Russia che, a breve, prenderà il posto di Medvedev, M.C.] mi dia più tempo. Sono le mie ultime Elezioni. Dopo queste consultazioni, avrò maggiore elasticità, libertà di movimento, e flessibilità”.
“Si, capisco, capisco cosa intende Signor Presidente – ha risposto Medvedev – Capisco. Riferirò a Vladimir Putin”.
A illustrare le parole del Presidente americano è stato il suo Vice-consigliere alla sicurezza, Ben Rhodes, che ha confermato la realizzazione dello scudo spaziale in Europa Centrale e ha evidenziato come, contrariamente alle polemiche sollevate dalla Russia, esso non sia affatto una manovra orientata contro Mosca, bensì utile per garantire la sicurezza nazionale dei Paesi dell’Occidente.
“Esistono delle divergenze tra gli Stati Uniti e la Russia su cui occorre tempo per trovare un’intesa – ha illustrato Rhodes – i due Presidenti sono d’accordo nel rinviare la questione a un pool di tecnici per superare gli ostacoli di carattere concreto”.
A non credere alla spiegazione dell’establishment democratico sono stati i repubblicani, che, come riportato da un’interrogazione scritta inviata ad Obama dal Presidente della Commissione delle Forze Armate del Congresso, Mike Turner, hanno evidenziato come la maggioranza alla camera bassa – che appartiene allo schieramento repubblicano – non consentirà l’approvazione di alcun piano di indebolimento di progetti importanti per la tutela della difesa nazionale proposto dal Capo di Stato democratico.
“Il Congresso ha comunicato già in maniera chiara al Presidente Obama l’intenzione di non negoziare i propri piani di difesa anti-missilistica né con la Russia, né con nessun altro Paese del pianeta – ha riportato la missiva di Turner – Bloccheremo ogni tentativo di indebolire gli Stati Uniti d’America”.
Al termine dell’incontro privato, quando ancora la registrazione non è stata trasmessa, Obama e Medvedev hanno comunicato alla stampa piena soddisfazione per il miglioramento dei rapporti tra Washington e Mosca, ma hanno ammesso come le parti non abbiano raggiunto piena intesa in merito a questione Siriana, proliferazione nucleare dell’Iran e, per l’appunto, scudo spaziale.
Le trattative per il piano di difesa antimissilistico
Il sistema di difesa antimissilistico è stato pianificato durante il secondo mandato dell’amministrazione del Presidente repubblicano George W Bush per preservare l’Occidente da possibili minacce di natura balistica provenienti da oriente, per mezzo dell’installazione di una postazione radar in Repubblica Ceca e del dislocamento di missili Patriot in Polonia.
Nonostante i due Paesi europei avessero accettato, sopratutto in seguito all’aggressione russa alla Georgia, appena eletto, nel 2009, il Presidente democratico Obama ha revocato i contratti e ha ridimensionato il progetto constestualizzandolo nell’ambito della NATO e riducendolo al solo posizionamento di intercettori mobili, privi di capacità offensiva, dislocati a rotazione tra Polonia, Romania e Turchia.
Nonostante la riduzione della presunta pericolosità di un progetto concepito secondo una logica difensiva, la Russia ha sempre protestato e, in risposta alle misure dell’occidente, ha varato un proprio piano alternativo nell’enclave di Kaliningrad, tra la Polonia e la Lituania, con l’installazione di una propria stazione radar e il dislocamento di missili Iskander – dotati di capacità offensiva – puntati dritto su Varsavia e sulle altre capitali dell’Europa Centrale.
Matteo Cazzulani
L’ITALIA DECIDE SUL GASDOTTO TRANS-ADRIATICO E SULLA DIVERSIFICAZIONE DELLE PROPRIE FORNITURE DI GAS
Depositato presso il Ministero dell’Ambiente italiano il progetto per la realizzazione della TAP: infrastruttura deputata al trasporto dell’oro blu azero nella nostra Penisola. I vantaggi dell’iniziativa per l’indipendenza energetica e la sicurezza nazionale del nostro stato contrastati da possibili intoppi a livello burocratico e lobbistico da parte di una Russia monopolista notevolmente influente negli equilibri geopolitici ed economici del nostro Paese
Il gas per l’Italia potrebbe giungere da fonti diversificate e, così, abbattere un’onerosa bolletta dettata dal forte dipendenza della nostra penisola dalla Russia. Queste sono le motivazioni espresse a supporto della costruzione del Gasdotto Transadriatico – TAP: un’infrastruttura, compartecipata dalle compagnie energetiche elvetica EGL, norvegese STATOIL, e tedesca E.On, che, se realizzata, permetterà il trasporto di gas di provenienza centro-asiatica direttamente nel nostro Paese.
Come riportato dall’autorevole Natural Gas Energy, sulla base di una nota dell’ufficio stampa del consorzio TAP, il piano di costruzione del Gasdotto Trans-Adriatico è stato presentato alla Commissione di Valutazione per l’Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente, a cui spetta l’imprimatur definitivo per la realizzazione di un’infrastruttura che potrebbe giovare non poco alla diversificazione delle forniture di gas dell’Italia che, sopratutto dopo i risvolti della guerra il Libia, sono quasi del tutto provenienti dalla Russia.
Il Gasdotto Trans-Adriatico è concepito per importare 10 miliardi di metri cubi annui di gas azero dal confine tra Grecia e Turchia attraverso l’Albania fino alla Puglia: per la precisione, nel comune di Meledugno, in Provincia di Lecce, tra le località di San Foca e Specchia Ruggeri. Una volta raggiunte le acque territoriali italiane, la TAP sarà inserita tra le infrastrutture controllate da Snam Rete Gas, ossia l’ente che nel nostro Paese detiene il controllo del sistema infrastrutturale energetico della penisola.
“Ci siamo impegnati per tre anni, durante i quali siamo stati a stretto contatto con Enti Locali e ONG per ridurre al minimo ogni impatto ambientale e individuare il punto di arrivo della TAP maggiormente conveniente a entrambe le parti – ha dichiarato il Responsabile della Sicurezza del consorzio deputato alla costruzione del Gasdotto Trans-Adriatico, Martin Ferguson – la presa in considerazione del nostro progetto è un passo fondamentale per evitare ogni rischio sul piano del rispetto dell’equilibrio ecologico della regione”.
Come riportato nella nota del consorzio TAP, la costruzione del gasdotto è stata prevista addirittura nel periodo invernale, per non nuocere al turismo: molto forte sulle spiagge salentine durante la stagione estiva, e su cui si basa gran parte dell’economia italiana e pugliese. Tuttavia, queste rassicurazioni potrebbero non bastare per la realizzazione del progetto per almeno tre motivi.
Il peso del Cremlino e degli ambientalisti
Il primo è legato dalla scarsa propensione delle autorità pugliesi ad ogni progetto energetico, a cui si somma la cronica farraginosità della burocrazia italiana. Un precedente a riguardo è stata la recente decisione della compagnia inglese BR di congelare i piani per la costruzione del rigassificatore di Brindisi a causa della mancata concessione delle dovute licenze dopo undici anni di attesa.
La costruzione dell’infrastruttura a Brindisi, necessaria come la TAP per diversificare le forniture di gas italiane, è stata avviata nel 2001, ma, secondo quanto denunciato da BR, sia Roma che Bari hanno rallentato la sua attuazione fino alla definitiva rinuncia.
Il secondo motivo è dettato dall’incertezza che ancora aleggia sull’effettiva concessione della licenza per il trasporto del gas azero alla TAP, con il quale concorre il Nabucco Occidentale: un gasdotto, compartecipato dalla compagnia austriaca OMV, da quella ungherese MOL, dalla romena Transgaz e dalla tedesca RWE, concepito per importare l’oro blu di Baku nel Vecchio Continente attraverso Romania, Ungheria e Austria.
In ultimo, non è da escludere il forte peso della Russia negli equilibri energetici italiani, e nel mondo della politica e dell’economia del nostro Paese: una presenza bipartisan che, negli ultimi anni, ha impedito ai governi italiani di individuare e realizzare vie di approvvigionamento alternative a quelle di Mosca.
A dimostrazione di quanto pesante sia la nostra dipendenza dal Cremlino la si è avuta lo scorso Febbraio, quando la Russia, per costringere l’Ucraina a cedere al monopolista russo, Gazprom, i propri gasdotti nazionali, ha tagliato l’invio di gas verso Occidente e, di conseguenza, ha provocato il calo delle forniture in Italia, la quale, non potendo contare sull’affidabilità degli approvvigionamenti dal Nord Africa, ha dovuto affrontare un’emergenza energetica quasi senza precedenti.
Matteo Cazzulani
PUTIN LASCIA A SECCO L’EUROPA CENTRALE ANCHE DI PETROLIO
Il Presidente russo ha dato il via a un sistema di rifornimento di greggio all’Europa Occidentale dal Golfo di Finlandia all’Olanda che isola Polonia e Germania, e che ha subito innalzato il livello di emergenza delle raffinerie dei due Paesi. Il precedente del gasdotto Nordstream come esempio della chiara strategia energetica di Mosca, volta a dividere il Vecchio Continente e mantenere la propria egemonia sull’Unione Europea
Un anno fa un click di mouse per dare il via al transito di gas sul fondale del Baltico, mentre oggi è bastato premere un tasto per avviare un sito di pompaggio. Così negli ultimi due anni il Presidente – ed ex-Premier – russo, Vladimir Putin, ha mutato la geopolitica energetica dell’Europa.
Nella giornata di sabato, 24 Marzo, Putin ha dato il via al terminale di Ust-Luga: un sito, nei pressi di San Pietroburgo, in cui la nafta proveniente dal centro della Russia viene caricata su navi dirette verso il porto di Rotterdam. Fondamentale per l’avvio dell’infrastruttura è stata la costruzione dell’oleodotto BTS-2 – Baltijskaja Truboprovodnaja Sistema 2 – una conduttura che collega il Golfo di Finlandia con il confine russo-bielorusso.
Secondo quanto dichiarato dalle Autorità russe, il BTS-2 e il terminale di Ust-Luga consentono alla Russia di rifornire di nafta direttamente i Paesi dell’Europa Occidentale senza più dipendere dall’impiego dell’oleodotto Druzhba: conduttura, costruita in epoca sovietica, con la quale Mosca finora ha rifornito di greggio i Paesi dell’Ovest del Vecchio Continente transitando per Bielorussia, Polonia e Germania.
Secondo l’ente monopolista statale russo, Transneft, le due nuove infrastrutture – che sono state realizzate in tempi record in soli due anni – consentono alla Russia di diversificare le proprie esportazioni di nafta e, sopratutto, di non dipendere dal transito attraverso Paesi un tempo parte del blocco sovietico, oggi appartenenti all’Unione Europea, come Polonia e Germania.
Infatti, a lanciare un accorato allarme sono state le Autorità polacche, che hanno evidenziato come la nuova strategia della Russia de facto sia destinata a bypassare Paesi che, finora, sono riusciti a calmierare l’alto prezzo per la nafta imposto da Mosca grazie ai diritti di transito attraverso il proprio territorio: con inevitabili ricadute sull’incremento del costo del greggio per le casse della Polonia.
Come riportato dall’autorevole Gazeta Wyborcza, la preoccupazione di Varsavia è condivisa anche da diversi esperti, i quali hanno illustrato l’analogia tra la nuova strategia di rifornimento della nafta con la realizzazione, avvenuta esattamente l’anno precedente, del Nordstream: un gasdotto costruito sul fondale del Mar Baltico per bypassare Paesi UE politicamente osteggiati dal Cremlino, come Polonia e Lituania.
Tuttavia, a differenza che per il Nordstream – che la Russia ha realizzato in partnership politica e finanziaria con la Germania – a lamentarsi del nuovo itinerario con cui Mosca rifornisce l’Europa Occidentale di nafta è anche Berlino, che ha utilizzato l’oleodotto Druzhba per alimentare le due importanti raffinerie di Schwedt e Leuna.
Per affrontare l’emergenza – che, sempre secondo l’autorevole Gazeta Wyborcza, ha innalzato al massimo il livello di allarme delle raffinerie dell’Europa Centrale – il consorzio polacco PERN ha proposto ai tedeschi la realizzazione congiunta di un oleodotto che colleghi l’Oceano Atlantico al confine tra Polonia e Germania. Tuttavia, Berlino sarebbe maggiormente orientata alla realizzazione di un sistema di condutture con altri Paesi dell’Europa Centrale come Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.
L’importanza dell’Ucraina – e della Georgia – per la sicurezza energetica europea
Per la Polonia, una soluzione per affrontare l’emergenza delle forniture del greggio potrebbe essere il prolungamento dell’oleodotto ucraino Odessa-Brody fino alla raffineria polacca di Danzica – che al pari di quelle tedesche di Schwedt e Leuna è rimasta totalmente a secco.
Progettato nel 2001 per rifornire l’Unione Europea di nafta proveniente dall’Azerbajdzhan via Georgia e trasporto navale attraverso il Mar Nero, il prolungamento dell’Odessa-Brody fino a Danzica è stato implementato nel 2004 con la creazione dell’apposito consorzio Sarmatia – compartecipato da Polonia, Ucraina, Georgia, Azerbajdzhan e Turkmenistan.
Tuttavia, nel medesimo anno è entrato in crisi in seguito alla decisione dell’allora Premier ucraino – oggi Presidente – Viktor Janukovych, di sfruttarlo in senso inversoper importare a Kyiv nafta russa da nord verso sud.
Ulteriori impedimenti nella realizzazione del progetto si sono registrati nell’Agosto del 2008, con l’aggressione militare russa alla Georgia, e nel 2010, quando, divenuto Presidente, Janukovych ha ripristinato l’utilizzo dell’Odessa-Brody da sud verso nord unicamente per trasportare nafta venezuelana verso la Bielorussia.
La recente crisi del gas tra Russia e Ucraina potrebbe tuttavia riattualizzare il progetto, dal momento in cui le Autorità ucraine avrebbero tutto l’interesse a presentarsi dinnanzi all’Unione Europea come un partner energetico affidabile per risollevare la propria reputazione. In particolare, dopo che la svolta autoritaria – che ha portato agli arresti politici di una decina di oppositori del campo arancione – ha congelato ogni progetto di avvicinamento di Kyiv a Bruxelles.
Matteo Cazzulani
IL CASO DI JULIJA TYMOSHENKO RAFFREDDA UFFICIALMENTE LA STORICA AMICIZIA TRA POLONIA E UCRAINA
Nel corso di un incontro in preparazione dei campionati europei di calcio del 2012, il Premier ucraino, Mykola Azarov, è stato incalzato dalle preoccupazioni del suo collega polacco, Donald Tusk, e del Maresciallo del Sejm, Ewa Kopacz, sugli arresti politici a carico di esponenti di spicco dell’Opposizione Democratica. Le critiche di Varsavia testimoniano come a causa delle repressioni del campo arancione, Kyiv e il suo Presidente, Viktor Janukovych, siano politicamente sempre più isolati
Non c’è calcio senza rispetto della democrazia. Questo è il messaggio che è emerso in seguito al vertice bilaterale di mercoledì, 21 Marzo, e giovedì, 22 Marzo, tra Polonia e Ucraina, durante il quale il Premier ucraino, Mykola Azarov, invitato nella capitale polacca per mettere a punto la road map finale per la preparazione logistica dell’organizzazione dei campionati europei di calcio – che Polonia e Ucraina si apprestano ad ospitare congiuntamente – è stato invitato a trattare di questioni ben diverse da quella sportiva.
Durante la conferenza stampa conclusiva, il Premier polacco, Donald Tusk, dopo avere valutato come soddisfacente lo stato dei lavori in vista della rassegna UEFA, ha evidenziato le forti preoccupazioni che Varsavia ha dinnanzi alla situazione interna a Kyiv, dove la Leader dell’Opposizione Democratica, Julija Tymoshenko, e altri esponenti di spicco del campo arancione, sono stati arrestati dopo processi dalla palese irregolarità per motivazioni che, agli occhi della Polonia, appaiono basate interamente su questioni di carattere politico.
“La situazione politica interna all’Ucraina ha un peso fondamentale nei piani di integrazione di Kyiv nell’Unione Europea, che la Polonia sempre sosterrà – ha dichiarato Tusk – per questo, è necessario che Kyiv dimostri il rispetto della democrazia con l’organizzazione di elezioni parlamentari libere e regolari. L’amicizia polacco-ucraina è giunta a una verifica che ci auguriamo possa essere superata”.
In risposta a Tusk, Azarov ha sottolineato come la costruzione di infrastrutture per il trasporto dei tifosi tra i due Paesi servano, una volta terminata la rassegna sportiva, a stringere ancor più l’integrazione dell’Ucraina con la Polonia, e con essa, con l’Unione Europea. Poi però, ha dovuto commentare le conclusioni di carattere politici del suo collega polacco.
“Non possiamo legare la questione dell’avvicinamento dell’Ucraina all’Unione Europea alle sorti di una sola persona – ha illustrato il Premier ucraino – la Tymoshenko è stata condannata per avere firmato, quando è stata alla guida del Governo, accordi che obbligano Kyiv ad acquistare il gas dalla Russia a prezzi onerosi. Gli europei questo devono capirlo”.
Invece, a non comprendere come sia possibile che in un angolo d’Europa un ex-Capo di Governo possa essere processato, e poi incarcerato, sulla base di scelte politiche sono stati sia Tusk sia autorevoli esponenti della stampa polacca: scossi, questi ultimi, dalle giustificazioni addotte dal Premier ucraino. Inoltre, particolare turbamento è stato espresso dal Maresciallo del Sejm – ossia il Presidente della Camera Bassa del Parlamento polacco: la Terza Carica dello Stato a Varsavia – Ewa Kopacz.
“L’integrazione dell’Ucraina nell’Unione Europea sta nell’interesse sia di Varsavia che di Kyiv – ha evidenziato la Kopacz durante un incontro con Azarov precedente alla conferenza stampa di quest’ultimo con Tusk – ma la situazione di Julija Tymoshenko mi sta particolarmente a cuore, sia perché siamo entrambe politici europei, sia perché siamo entrambe donne. Il rispetto della democrazia in Ucraina è fondamentale, ed è opportuno che venga affrontato in ogni sede bilaterale”.
Oltre che a Varsavia, serie preoccupazioni da parte polacca circa la situazione della democrazia in Ucraina sono state espresse anche presso il Parlamento Europeo, dove persino l’europarlamentare Marek Siwiec – noto per avere sostenuto con forza l’integrazione dell’Ucraina nell’UE anche a prescindere dagli arresti politici della Tymoshenko e degli altri esponenti dell’Opposizione Democratica – ha ammesso che, ad oggi, l’avvicinamento di Kyiv a Bruxelles è un capitolo congelato.
Kyiv sempre più isolata dall’Europa
La posizione severa assunta dalla Polonia nei confronti dell’Ucraina, peraltro in un occasione in cui si sarebbe dovuto trattare una tematica di tutt’altra caratura, è un atto di enorme importanza per gli equilibri europei, in quanto Varsavia si è sempre attivata presso le istituzioni del Vecchio Continente per favorire ogni forma di avvicinamento a Bruxelles di Kyiv, anche quando, durante il processo e dopo la condanna della Tymoshenko, la posizione delle Autorità ucraine è stata difficile da essere giustificata.
La messa in discussione di un obbiettivo che, per ragioni di carattere storico, culturale, e geopolitico, è indispensabile per la sicurezza nazionale della Polonia, testimonia come l’Ucraina del Presidente Viktor Janukovych abbia perso anche il suo principale sponsor nel Vecchio Continente, e, a causa di una palese involuzione della democrazia, sia un Paese sempre più isolato in campo internazionale.
Matteo Cazzulani
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