MOLDOVA: DATI IN CONTRASTO CON GLI EXIT-POOL
Comunisti avanti a LiberalDemocratici, Democratici e Liberali. Divario tra rilevazioni sociologiche e prime proiezioni. affluenza al 58,9%
Spoglio con giallo in Moldova. Come comunicato nel cuore della notte dal rappresentante della Commissione Elettorale Centrale, Jurij Chokan, al 30% delle schede scrutinate, a guidare sono i comunisti, con il 46% dei consensi. A seguito, il Partito LiberalDemocratico Moldavo, con il 26%, il Partito Democratico, con il 13,7% ed il Partito Liberale Moldavo, con l’8,2%.
Dati netti, che sancirebbero l’ingresso in parlamento di 4 forze politiche. Una in meno rispetto alla precedente legislatura, quando ad ottenere seggi è stata anche l’alleanza Moldova Noastra.
Ciò nonostante, le proiezioni contrastano di gran lunga gli exit-poll. Condotte da differenti enti, di diversa provenienza, le rilevazioni sociologiche hanno certificato una distanza sensibilmente minore tra i comunisti e le altre forze dell’Alleanza per l’Integrazione Europea. Se non addirittura, come quella della romena RIAS, un vantaggio dei LiberalDemocratici. Accolto con gioia dal suo Leader, l’attuale premier, Vlad Filat.
“Ciò dimostra che l’impossibile è diventato possibile – ha dichiarato il Premier, a commento degli exit-pool – grazie al nostro lavoro al governo, in una situazione di totale instabilità”.
Cauta, al contrario, la reazione dei comunisti, sicuri della vittoria. Difatti, già al momento del voto, il loro capo, l’ex presidente, Vladimir Voronin, ha spiegato di avere l’obiettivo di superare il 50% più uno dei voti. Per poter governare in solitudine.
Una situazione politica instabile
La situazione moldava resta instabile. Nell’aprile 2009, durante la pacifica Rivoluzione Twitter, i democratici moldavi si sono ribellati alle ennesime consultazioni falsificate dai comunisti, ed hanno ottenuto nuove elezioni. Da esse, è emersa una coalizione di governo tra PLDM, PD, PLM e Moldova Noastra – l’Alleanza per l’Integrazione Europea. Tanto variegata, quanto risicata.
Successivamente al fallimento dell’elezione del Presidente in Parlamento, per ben due tentativi, il campo democratico ha proposto un referendum, per concedere ai moldavi il voto diretto per il Capo di Stato. Il mancato raggiungimento del quorum ha comportato lo scioglimento del Parlamento, e le elezioni appena conclusesi.
I comunisti propongono stabilità politica ed economica, innalzamento delle paghe sociali, e riavvicinamento alla Russia. Il partito LiberalDemocratico, invece, miglioramenti in campo legislativo, per continuare il processo di integrazione nell’Unione Europea, che ha promesso a Chisinau l’abbattimento del regime dei visti. In direzione di Bruxelles, anche le riforme economiche promesse dai liberali, guidati dall’attuale Speaker, e Capo di Stato ad interim, Mihai Ghimpu.
La scelta del PD
Incognita, il Partito Democratico. Seppur parte dell’Alleanza per l’Integrazione Europea, il suo Segretario, l’ex comunista Marian Lupu, ha portato la forza politica nell’internazionale socialista, ed alla collaborazione con Russia Unita: la forza politica di Vladimir Putin, suo principale sostenitore.
In virtù di tutto questo, il PD moldavo non ha declinato la possibilità di un governo con i comunisti. Il quale, seppur fornendo stabilità, arresterebbe le legittime ambizioni occidentali di un popolo europeo.
Matteo Cazzulani
MOLDOVA AL VOTO IN NOVEMBRE. IN BILICO IL FRONTE DEMOCRATICO.
Sciolto il Parlamento, i Moldavi di nuovo al voto dopo il referendum, fallito, dello scorso settembre. A giocarsi la partita i comunisti ed un’Alleanza per l’Integrazione Europea frammentata.
La lotta fratricida dei democratici moldavi ha inizio. Nella giornata di martedì, 28 settembre, lo speaker del Parlamento, Mikhai Ghimpu, ha sciolto la Camera, e fissato le elezioni per il prossimo 28 novembre. Un atto dovuto, che segue il via libera datogli, la scorsa settimana, dalla Corte Costituzionale, dinnanzi all’incapacità dell’Assemblea di eleggere il Capo dello Stato.
Similmente all’Italia, in Moldova il Presidente è eletto dal Parlamento, che, tuttavia, per ben due volte non è riuscito a raggiungere la maggioranza dei 3/5 dei deputati. Ne è seguito un referendum per introdurre l’elezione diretta della carica, boicottato, lo scorso 5 settembre, dall’opposizione comunista, e disertato dagli elettori. Dinnanzi a tale impasse, si è deciso di restituire la decisione al popolo, e rinnovare la composizione di un Parlamento che, ad oggi, si regge su soli 9 voti di maggioranza.
I comunisti tentano il ritorno al potere
A sfidarsi saranno l’opposizione comunista, guidata dall’ex Capo di Stato, Vladimir Voronin, e l’Alleanza per l’Integrazione Europea – la coalizione finora al governo, composta dal Partito LiberalDemocratico di Moldova, PLDM, dal Partito Democratico di Moldova, PDM, dal Partito Liberale, PL, e dall’Alleanza “Moldova Noastra”.
I comunisti hanno già amministrato il Paese fino alla rivoluzione Twitter del 2008: l’ennesima contestazione colorata, pacifica e non violenta nel Mondo ex sovietico, con cui i democratici moldavi si sono ribellati ai brogli elettorali e alle velleità autoritarie di Voronin, allora presidente. Oggi, l’ex Capo di Stato promette, in campo interno, stabilità, paghe sociali ed incremento delle pensioni. In ambito estero, riavvicinamento alla Russia.
Idee, stando ai sondaggi, condivise da una buona fetta dell’elettorato. Ma ad agevolare i comunisti è soprattutto l’estrema litigiosità interna all’Alleanza, priva di un leader e divisa da dissidi e distinguo tra i suoi principali esponenti.
Il Fronte Democratico a ranghi sparsi
La personalità più accreditata a salvare le speranze europee di Chisinau è l’attuale primo ministro, Vlad Filat. Leader del Partito LiberalDemocratico, Filat gode di una consolidata partnership con l’ALDE e Bruxelles, da cui ha ottenuto l’impegno della semplificazione del regime dei visti dal 2012. Inoltre, il suo governo ha compiuto enormi progressi in campo legislativo e, soprattutto, spinto la Moldova ad una maturazione in senso democratico.
Altra figura di spicco è il già citato Mihai Ghimpu, guida del Partito Liberale. Anch’egli convinto europeista, propone un adattamento dell’economia agli standard del Vecchio Continente. Fino ad oggi Presidente ad interim, ha definito quello dell’Alleanza come l’unico governo della storia del Paese ad essere guidato da legge e Costituzione.
Segue Serafin Urechean, capo di Moldova Noastra: forza politica, di ispirazione liberale e patriottica, che punta tutto sulla lotta al ritorno dei comunisti al governo.
Ciò nonostante, ad insidiare la leadership di Filat è Marian Lupu. Fuoriuscito dal Partito Comunista, già è stato il candidato alla presidenza della maggioranza, obiettivo mancato per due volte. Inoltre, il Segretario del Partito Democratico è uno dei più accesi sostenitori dell’alleanza con Mosca. La sua forza politica collabora con Russia Unita, il partito del Presidente russo, Dmitrij Medvedev, e del primo ministro, Vladimir Putin. Di recente, ha dichiarato che l’Europa è un traguardo a cui Chisinau non deve ambire, ritenendo migliore l’opzione dell’alleanza col Cremlino.
Forse un’altra Ucraina
Da un lato, il raggruppamento di personalità alleate e concorrenti certifica il progresso del sistema partitico moldavo. Ma, dall’altro, ricorda Paesi similmente liberatisi da autocrazie post-sovietiche, come l’Ucraina.
Resta la speranza che, diversamente da Kyiv, tale competizione non prevalga sull’interesse della nazione. E, in nome di personalismi ed invidie, non porti lo schieramento democratico a rompersi, ed a sacrificare la legittima volontà del popolo moldavo, per cui esso è oggi al potere: l’ingresso nell’Unione Europea, dopo anni di sofferenze.
Matteo Cazzulani
2 comments