Andrzej Duda come Matteo Renzi: un paragone tutt’altro che azzardato
Cambiamento, modernità e sguardo verso i voti di centro sono gli elementi che hanno permesso al candidato conservatore alle Elezioni Presidenziali polacche di ottenere la maggioranza relativa al Primo Turno. Così come realizzato dal Premier italiano, il consenso ottenuto dall’esponente del Partito Diritto e Giustizia -PiS- può portare ad un rinnovamento radicale della politica anche in Polonia
Varsavia – C’è chi presso la stampa italiana lo ha descritto come un “pericoloso nazionalpolulista euroscettico e clericale di destra” la cui vittoria metterebbe addirittura in crisi l’Unione Europea. In realtà, Andrzej Duda, candidato conservatore capace, inaspettatamente, di ottenere la maggioranza relativa dei consensi nel Primo Turno delle Elezioni Presidenziali di Domenica, 10 Maggio, è invece il personaggio che potrebbe rinnovare la politica della Polonia.
Il risultato di Duda -avvocato di circa 43 anni, laureato presso l’Università Jagellonica di Cracovia, la sua città natale- è stato possibile grazie ad una campagna ben preparata sui social media e trascorsa per intero tra la gente, sia nelle grandi città che nei piccoli centri di campagna.
Una ricetta vincente che, a dispetto dei sondaggi che lo davano per sicuro secondo, gli ha consentito di scavalcare, anche se per un solo punto percentuale, il Presidente uscente, il moderato Bronislaw Komorowski.
Nella sua breve carriera politica, Duda è stato esperto in materia legislativa presso il Gruppo Parlamentare del Partito conservatore Diritto e Giustizia -PiS- poi Viceministro della Giustizia, e, dal 2006 al 2010, Sottosegretario di Stato presso la Cancelleria dell’allora Presidente, Lech Kaczynski.
In seguito, dopo una sconfitta nelle Elezioni Amministrative di Cracovia nel 2010, Duda è diventato Parlamentare e Addetto Stampa del suo Partito nel 2011. Infine, con più di 97 Mila preferenze, Duda, nel 2013, è stato eletto Parlamentare Europeo: carica che tutt’oggi mantiene tra le file del Gruppo dei Conservatori e Riformatori Europei -ECR.
Dopo avere ottenuto l’investitura ufficiale a Candidato Presidente della Polonia, Duda ha puntato fin da subito ai voti di centro, ed ha avviato una campagna elettorale con contenuti talmente nuovi da rendere PiS espressione di un conservatorismo moderno “giovane” ed aperto alla società, di gran lunga più simile ai Tory di Cameron in Gran Bretagna che al vecchio PiS di Jarosław Kaczynski: una formazione profondamente di destra legata a doppio filo con le Gerarchie Ecclesiastiche più reazionarie.
Oltre che ad un successo inaspettato, la “ricetta Duda” -che ha come piatto forte l’utilizzo dei Fondi Europei per la creazione di nuovi posti di lavoro, per la costruzione di più case e per l’erogazione di incentivi per le famiglie con figli, oltre che la realizzazione di una Polonia totalmente sicura militarmente ed indipendente energeticamente in un’Europa dove la presenza della NATO è più forte- sta portando alla realizzazione dell’impresa, per nulla facile, di rinnovare una politica vecchia, arcaica e non più al passo coi tempi come quella polacca.
L’impresa di Duda in Polonia -impresa che ha ancora da compiersi con la vittoria al Secondo Turno delle Elezioni Presidenziali- è paragonabile a quanto realizzato in Italia da Matteo Renzi: attuale Premier arrivato a Palazzo Chigi forte di un sostegno popolare guadagnato dapprima come Sindaco di Firenze e, successivamente, come “rottamatore” della vecchia classe dirigente del suo Partito Democratico.
Così come fatto da Renzi con la “Ditta” di Pierluigi Bersani, anche Duda sta riuscendo nell’impresa di pensionare un Partito vecchio, al limite del reazionario, come il PiS di Kaczynski spostando la forza politica verso posizioni più centriste.
Inoltre, sempre come realizzato dal Premier italiano nello scenario della politica italiana, Duda è considerato come un volto “nuovo” e “giovane” capace di mandare finalmente a riposo una classe politica che oramai da troppi anni, seppur con buoni risultati -ovviamente solo per quanto riguarda la Polonia- sta governando il Paese.
Il cambiamento e il discredito
Certo, per Duda la vittoria non sarà facile, anche perché dopo la sua vittoria al Primo Turno il rivale Komorowski si è ricordato di essere il Presidente uscente, ed ha ravvivato una campagna elettorale finora affrontata con leggerezza e superficialità.
All’apparentamento affrettato di Komorowski, che è appoggiato dalla moderata Piattaforma Civica -PO, la principale forza politica del Paese a cui appartengono il Premier Ewa Kopacz e il Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk- con l’elettorato di sinistra, suggellato nella giornata di lunedì, 12 Maggio, da una conferenza stampa con il suo predecessore Aleksander Kwasniewski, Duda ha risposto con costanza e decisione, continuando ad incontrare associazioni sui territori ed invitando il suo rivale, per l’ennesima volta, ad un dibattito televisivo.
Seppur differente nelle modalità e nella tempistica, ed anche per quanto riguarda il posizionamento ideologico, l’epopea di Duda possiede la medesima forte carica di innovazione e rinnovamento che, dal 2012 al 2014, ha portato Matteo Renzi alla guida prima del PD, e poi del Governo italiano dopo una “rottamazione” di vecchie personalità e vecchi Partiti.
Per questo, non è affatto azzardato paragonare Duda a Renzi, né lo è affermare che la parabola politica del candidato conservatore polacco è destinata ad entrare nella storia della politica polacca.
Questo, nonostante la disinformazione realizzata in Italia da chi, probabilmente senza conoscere a fondo il personaggio, né forse nemmeno il background politico della Polonia, sulle pagine di uno dei principali giornali italiani paragona Duda al Premier ungherese, il reazionario Viktor Orban.
Matteo Cazzulani
Analista di Tematiche dell’Europa Centro-Orientale
Putin bluffa in Cina per forzare il Southstream in Europa
Il Presidente russo da il via a gasdotto Forza della Siberia per minare il predominio degli Stati Uniti d’America nel Pacifico. L’operazione cinese maschera la costruzione in Bulgaria di un gasdotto progettato per incrementare la dipendenza dell’Unione Europea dal gas della Russia.
90 Miliardi di Dollari per un gasdotto di 3,5 Mila chilometri di lunghezza è la cifra che il Presidente della Federazione a Russa, Vladimir Putin, è pronto ad investire per la realizzazione del gasdotto denominato Forza della Siberia: infrastruttura concepita per veicolare gas dalla Russia alla Cina.
Come riportato dall’autorevole PAP, il gasdotto, realizzato lungo il tracciato dell’oleodotto Siberia Orientale-Oceano Pacifico -ESPO- ha una portata di 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno, tale da garantire alla Russia di onorare gli impegni contrattuali stretti con il Governo cinese lo scorso Maggio, che impegnano il monopolista statale russo del gas Gazprom a rifornire annualmente la Cina di 35 miliardi di metri di oro blu.
A commento dell’avvio dei lavori, lunedì, Primo di Settembre, Putin ha evidenziato che l’infrastruttura ricopre un’importanza strategica per la Russia: Forza della Siberia sarà infatti collegato al rigassificatore di Vladivostok, che Gazprom intende realizzare al più presto per esportare gas liquefatto in altri Paesi dell’area del Pacifico.
Più che un progetto concepito per avere risultati economici immediati, sopratutto tenendo conto che la Russia deve fare i conti con le sanzioni economiche applicate da Unione Europea e Stati Uniti d’America in segno di protesta contro l’invasione militare russa in Ucraina, l’inaugurazione di Forza della Siberia rappresenta tuttavia un’operazione propagandistica.
In primis, con il collegamento al terminale LNG in via di costruzione a Vladivostok, Putin intende innalzare la competizione nel Pacifico con gli USA, che con l’avvio dello sfruttamento delle proprie risorse di shale hanno già varato pre-contratti per la fornitura di gas liquefatto a Corea del Sud, India, Singapore, Giappone ed Indonesia.
Tuttavia, più che l’area del Pacifico a stimolare davvero l’attenzione di Putin è l’Europa: scacchiere del quale la Russia non può fare a meno per potere attuare una politica energetica aggressiva, di cui Mosca da tempo si avvale per realizzare scopi di natura geopolitica.
Infatti, sempre lunedì, Primo di Settembre, Gazprom ha avviato in Bulgaria la realizzazione del Southstream: un gasdotto concepito per incrementare la quantità di gas russo inviata in Europa a 63 miliardi di metri cubi di gas all’anno, e, di conseguenza, aumentare la già forte dipendenza dei Paesi UE dalle forniture di gas della Russia.
Come riportato dalla Novinite, nel porto bulgaro di Burgas è attesa una nave contenente le sezioni del gasdotto che, successivamente, saranno saldate e posizionate a terra in attesa della realizzazione della sezione sottomarina del Southstream proveniente dalla Russia.
Pronta alla notizia è stata la reazione del Governo bulgaro, che ha dichiarato di non sapere nulla, né di avere autorizzato l’operazione in quanto, da poco più di un mese dal suo insediamento, il nuovo Esecutivo ha deciso di congelare la realizzazione del Southstream in Bulgaria una volta preso atto della contrarietà della Commissione Europea al progetto.
Per mezzo del Southstream, progettato per collegare la Russia all’Austria attraverso il fondale del Mar Nero, Bulgaria, Serbia, Ungheria e Slovenia, Putin intende infatti contrastare la politica di diversificazione delle forniture di gas varata dall’UE per mezzo della realizzazione di nuovi gasdotti e rigassificatori atti a recepire oro blu proveniente da altri Paesi importatori, come Qatar, Norvegia, Egitto, Israele e USA.
Renzi da il via alla TAP per favorire la sicurezza energetica dell’Italia
La politica di diversificazione delle forniture di gas dell’UE ha portato già i primi frutti quando, nella giornata di venerdì, 29 Agosto, il Premier italiano, Matteo Renzi, ha dato il via libera alla realizzazione in Italia del Gasdotto Trans Adriatico -TAP.
Questa infrastruttura, ritenuta dalla Commissione Europea di importanza strategica sia per l’Europa che per l’Italia, è concepita per veicolare 10 Miliardi di metri cubi di gas all’anno, provenienti dall’Azerbaijan, in Salento attraverso Grecia ed Albania.
Oltre a rendere l’Italia l’hub europeo del gas proveniente dall’Azerbaijan, e a garantire nuovi posti di lavoro legati alla realizzazione dell’infrastruttura, il via libera alla TAP è stato anche motivato dalla volontà del Premier Renzi di dare un chiaro segnale di rottura con la politica energetica unilaterale del Passato.
Sia il Governo di Mario Monti, che ancor più quelli di Silvio Berlusconi hanno infatti orientato la politica energetica nazionale unicamente sull’asse Italia-Russia, complice il rapporto di amicizia personale tra Putin e il Capo di Forza Italia, che nel 2008 ha portato alla firma del contratto per la costruzione del Southstream.
Un segnale di cambiamento nella politica energetica lo si è avuto già prima dell’insediamento di Renzi a Palazzo Chigi, quando, in Parlamento, Partito Democratico, Nuovo Centro Destra, Scelta Civica e Socialisti hanno votato a favore della TAP.
Contrari al gasdotto che incrementa la sicurezza energetica dell’Italia, si sono invece schierati Movimento 5 Stelle, Lega Nord, Sinistra Ecologia e Libertà e Fratelli d’Italia: Partiti che non hanno invece mai contestato la costruzione del Southstream.
Matteo Cazzulani
Analista Politico dell’Europa Centro-Orientale
Twitter @MatteoCazzulani
Don Camillo, Peppone e Matteo Renzi
Per chi, come il sottoscritto, in gioventù ai cartoni animati e alle partite di calcio ha preferito anche leggere qualche libro storia, “Don Camillo”, pellicola tratta dai romanzi di Giovannino Guareschi sulla rivalità tra un parroco attivista e un Sindaco comunista in un Paese della bassa reggiana- è un must che ha segnato la propria formazione personale.
Brescello, la località nella quale “Don Camillo” è stato girato, è un paesino di una manciata di chilometri quadrati di estensione, con un Museo dedicato al celebre film, qualche reperto disseminato tra i cinque bar intitolati a Don Camillo e Peppone -il soprannome del Sindaco comunista del film, Giuseppe Bottazzi- e le statue che raffigurano i due protagonisti del film poste rispettivamente davanti alla chiesa e davanti al Municipio.
Osservando questa piazza per la prima volta, all’indomani della storica vittoria del PD alle elezioni europee, è facile comprendere quanto l’epoca raccontata da Guareschi sia a noi tanto lontana e definitivamente archiviata quanto, per certi versi, più felice rispetto a quella attuale sul piano del progresso e della fiducia nella politica.
Oggi, lo scontro tra parroci attivisti della Democrazia Cristiana e Sindaci militanti del Partito Comunista Italiano, che Guareschi ci presenta con una sottile ironia, è stato definitivamente sorpassato da un Partito, il PD, che, dopo avere faticosamente amalgamato le due tradizioni politiche a cui appartengono Don Camillo e Peppone -quella democristiana e quella post-comunista, ma anche quella socialista e repubblicana- è diventato il primo Partito del Paese con il 40% dei consensi degli italiani ottenuto nelle Elezioni Europee.
Il merito del risultato storico, mai raggiunto prima d’ora nemmeno dalla DC di Amintore Fanfani, è sicuramente del Segretario del PD, il Premier Matteo Renzi, che, con la sua carica di innovazione e con la sua capacità comunicativa, è riuscito a neutralizzare sia il tradizionale parere negativo dell’elettorato nei confronti dei Partiti al Governo che, sopratutto, il facile e becero populismo anti europeo di Beppe Grillo e Silvio Berlusconi.
Durante il Congresso che ha portato Renzi alla guida del PD, in molti, a torto, hanno accusato l’attuale Segretario di non essere in grado di tenere insieme il Partito.
Il Segretario, invece, non solo ha lievitato l’importanza del PD nello scenario politico italiano mettendo all’angolo nemici che sotto l’era di Pierluigi Bersani sembravano imbattibili, ma è anche stato capace di presentare finalmente il PD come un soggetto partitico di centrosinistra staccato dagli steccati ideologici del Novecento.
Certo, l’opera di Renzi è tutt’altro che conclusa. Ora, il PD ha un’occasione unica per cambiare verso davvero, sopratutto in Europa, dove Renzi, a causa del fallimento di Francois Hollande e della scarsa prestazione elettorale della SPD, è il primo Leader del centrosinistra europeo, in grado di interloquire con Cancelliere tedesco, Angela Merkel.
Il ruolo di Renzi in Europa può finalmente portare al varo di una comune politica UE dell’immigrazione, ad una posizione in ambito estero più forte, e alla diversificazione delle forniture di gas dal monopolio di ‘Stati canaglia’ che si avvalgono dell’energia come mezzo di coercizione e sopruso nei confronti di Paesi terzi sovrani e indipendenti.
Renzi, sia in Europa che in Italia, può e deve portare ad una riforma del settore del lavoro, comprendendo che senza la cancellazione delle disuguaglianze sociali, delle disparità di trattamento tra raccomandati e non, e senza un incisivo intervento della politica per permettere ai giovani di avere la dignità di un lavoro che dia loro la possibilità di metter su famiglia, l’Italia è destinata al collasso e ad un inesorabile declino.
Il carico sulle spalle di Renzi è tanto pesante quanto importante: il Segretario del PD, dopo avere davvero creato il Partito Democratico a vocazione maggioritaria sognato da Prodi e Veltroni, e prima ancora da Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, ha oggi la possibilità di dare risposte chiare e certe alle sfide della modernità.
Questo, in sintesi, è quanto mi è giunto alla mente nel caldo pomeriggio della Festa della Repubblica quando, preso dallo sconforto di una situazione di precarietà che non si riesce ad accettare, ho guardato le statue di Don Camillo e Peppone e, ricordando l’entusiasmo con cui fin dall’inizio -e per davvero- ho sostenuto convintamente l’ascesa di Renzi, ho deciso di trovare ancora un appiglio per non perdere la speranza.
Matteo Cazzulani
Responsabile per i rapporti del PD metropolitano milanese con i Partiti democratici e progressisti nel Mondo
Twitter: @MatteoCazzulani
Europee: il voto dell’Europa Centrale spinge il PPE a destra
Pareggi che penalizzano le forze governative avvengono in Polonia, Repubblica Ceca e Lituania, mentre in Croazia ed Austria avvengono ribaltoni. Conferme alle forze di Governo in Ungheria, Slovacchia e Romania.
Tanti pareggi dal sapore di sconfitta per le forze governative, alcuni cambiamenti di fronte netti e chiari e qualche conferma destinata a pesare nello scenario politico europeo. Questo è il quadro del voto europeo nei Paesi dell’Europa Centro-Orientale, da dove, nonostante la bassa affluenza, è provenuto un apporto decisivo al Partito Popolare Europeo PPE, che ha vinto le elezioni europee staccando il Partito dei Socialisti Europei PSE di soli quattro punti percentuali: 28% a 24%.
In Polonia, i conservatori di Diritto e Giustizia -affiliati al gruppo dei Conservatori e Riformatori Europei, ECR- hanno superato la cristiano democratica Piattaforma Civica -membro PPE- con il 32% dei consensi contro il 31%: un risultato che sancisce un sorpasso, seppur minimale, del più importante Partito di opposizione alla principale forza di Governo, rappresentata dal Premier, Donald Tusk.
Terza, sempre in Polonia, si è classificata, con il 9% dei consensi, la coalizione socialdemocratica SLD-UP, appartenente al Partito dei Socialisti Europei.
Ad entrare al Parlamento Europeo, con il 7% dei voti, sono poi i contadini del PSL -membri del PPE e partner di governo della Piattaforma Civica- e la Nuova Destra: formazione euroscettica che ha ottenuto il 7% dei consensi.
Un pareggio che sa di sconfitta è anche quello subito in Repubblica Ceca dal Partito SocialDemocratico ceco CSSD, che, con il 14% dei consensi, si è visto superare dai Partner di coalizione del moderato ANO, primo con il 16%, e dalla forza Liberal-Conservatrice di opposizone TOP09, seconda con il 15% dei consensi.
Oltre ad ANO, TOP09 e CSSD -che appartengono rispettivamente all’Alleanza dei Liberali e Democratici Europei ALDE e al PSE- entrano in Parlamento Europeo anche i comunisti -membri della Sinistra Unita Europea, quarti con il 10% dei voti, i cristianodemocratici -membri PPE, quinti con il 9% dei consensi- e i conservatori del Partito Democratico Civico -membri ECR, sesti con il 7% dei voti.
Altro Pareggio che penalizza le forze di governo è avvenuto in Lituania, dove l’Unione per la Patria, forza politica conservatrice che appartiene al PPE, ha superato di poco, con il 19% dei consensi, il Partito SocialDemocratico Lituano del Premier Algirdas Butkevicius, appartenente al PSE.
Terzo, sempre in Lituania, il Movimento Liberale Lituano -membro ALDE, con il 16% dei voti- seguito dai conservatori del Partito Ordine e Giustizia -membro ECR, quarto con il 14% dei voti- dal Partito del Lavoro -membro PSE, quinto con il 12% dei consensi- e dall’Azione dei Polacchi in Lituania -membro ECR, sesto con l’8% dei voti.
Un ribaltone politico è invece avvenuto in Croazia, dove i popolari della Comunità Democratica Croata -membro PPE- hanno superato il Partito SocialDemocratico Croato del Premier Zoran Milanovic, membro PSE, 41% a 29. Terzi, sempre in Croazia, i verdi, con il 9%, seguiti dall’estrema destra euroscettica con il 7%.
Uno sconvolgimento politico che favorisce il PPE è avvenuto anche in Austria, dove il Partito Popolare Austriaco ha superato, con il 28% dei consensi, i partner di Governo del Partito Socialdemocratico Austriaco: membro PSE, secondo con il 23% dei voti.
Al terzo posto, sempre in Austria, si sono poi classificati gli euroscettici del Partito della Libertà Austriaco che, con il 19% dei consensi, confluiranno nel Gruppo delle forze anti europee guidato dal Front National francese di Marie Le Pen.
Chi schiaccerà l’occhio alla Le Pen sarà sicuramente la delegazione degli Europarlamentari dell’Ungheria, dove il Partito di maggioranza Fidesz del Premier, Viktor Orban, appartenente al PPE ma fortemente conservatore, ha ottenuto una riconferma con il 51% dei consensi.
A seguire, in Ungheria, si è classificato il partito ultra nazionalista Jobbik, con il 15% dei voti, mentre il Partito SocialDemocratico Ungherese, membro PSE, è slittato al terzo posto con solo l’11% dei consensi.
Conferma alle forze di Governo, ma di colore differente, è arrivata anche in Slovacchia, dove il Partito socialdemocratico SMER del Premier, Robert Fico, ha vinto di dieci punti percentuali sui cristiano democratici, portando, così, il PSE ad accorciare le distanze sul PPE.
Altra conferma che sorride al PSE proviene dalla Romania, dove l’Unione Social Democratica del Premier, Victor Ponta, ha vinto, con il 41% dei consensi, sul Partito Nazional Liberale: membro ALDE, fermo al 14%.
Terzo, con il 12%, si è classificato il Partito Democratico Liberale, che è membro del PPE, mentre alle sue spalle si è posizionata la seconda forza del centrodestra romeno, il Movimento Popolare, con il 6%.
Ponta contende a Renzi la leadership del Gruppo PSE
Se paragonato con il risultato europeo, dove, nonostante la vittoria netta del PPE, si prospetta la creazione di una Grande Coalizione con il PSE e l’ALDE per superare l’opposizione degli euroscettici, il dato dell’Europa Centro-Orientale è destinato ad influire non poco sulla politica europea per due ragioni,
In primis, nel PPE viene meno il peso dei polacchi della Piattaforma Civica, che tradizionalmente è più vicina a istanze sociali e liberali, mentre cresce quello degli ungheresi di Fidesz, molto più conservatori.
Nel PSE, invece, il buon risultato dell’Unione Social Democratica romena porta la compagine di Budapest a contendere al PD di Renzi, la leadership interna al secondo gruppo politico per importanza del nuovo Parlamento Europeo.
Matteo Cazzulani
Analista di politica dell’Europa Centro-Orientale
Twitter: @MatteoCazzulani
Pace e Libertà: così Obama tutela l’Europa dall’aggressione imperiale di Putin
La visita del Vicepresidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, in Ucraina determina il ritorno degli USA ad una politica assertiva per la difesa del Diritto Internazionale in Europa. L’assenza dell’UE e la forza della propaganda russa a dare manforte alla politica imperialista di Mosca che mette a serio repentaglio la sicurezza nazionale dell’UE
“In Biden we trust” è il titolo di un articolo che ho scritto nella primavera del 2009, quando il Vicepresidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, fu mandato in Europa Centrale dal neoeletto Presidente USA, Barack Obama, per rassicurare Polonia e Repubblica Ceca in merito alla vicinanza dell’Amministrazione statunitense democratica dopo la decisione del nuovo inquilino della Casa Bianca di revocare il piano di realizzazione dello scudo antimissilistico a Varsavia e Praga.
Allora, la mossa di Obama, in controtendenza con il provvedimento varato dall’Amministrazione repubblicana di George W Bush, ha segnato l’inizio di una politica di ‘reset’ nei confronti della Russia di Putin, necessaria all’Amministrazione democratica USA per spostare il focus della strategia geopolitica statunitense dall’Europa all’Asia: laddove si era già da tempo collocato il reale centro degli affari globali.
Oggi, la visita di Biden in Ucraina, organizzata per esprimere pieno sostegno ad un Paese che ha subito da parte della Russia di Putin un’occupazione parziale del suo territorio dopo l’annessione militare di una sua regione -la Crimea- e una continua campagna di aggressione energetica e commerciale, apre una nuova fase della politica estera USA, che sono finalmente tornati a sostenere la democrazia, la libertà e il rispetto dello Stato di Diritto in Europa.
A motivare il gesto politico di Obama è il comportamento preoccupantemente sciovinista e guerrafondaio della Russia di Putin, che, per controllare il territorio ucraino -pedina fondamentale per realizzare la ricostruzione dell’Impero Russo: il grande sogno di Putin- ha invaso una sua Regione, infrangendo così gli importanti Accordi di Budapest del 1994, che sanciva l’inviolabilità dei confini dell’Ucraina in cambio della denuclearizzazione dell’esercito di Kyiv.
Oltre alla messa in discussione di un importate capitolo del disarmo nucleare su scala globale, Putin, con la giustificazione del suo intervento armato in Crimea -e, possibilmente, anche in Ucraina orientale- per tutelare le popolazioni russofone presenti in territorio ucraino, ha anche riaperto la questione delle minoranze linguistiche: un argomento, di cui in passato si è avvalso Hilter per annettere al Terzo Reich Austria, Sudeti e Corridoio di Danzica prima della Seconda Guerra Mondiale, che rimette in discussione l’intera natura delle relazioni tra Stati sovrani.
Sulla base di questo background, la mossa di Obama è necessaria per ripristinare la Pace in Europa. Per farlo, il Presidente USA ha preso spunto dalla dottrina dell’Internazionalismo Liberale che, fondata da Woodrow Wilson, e seguita, tra gli altri, da Franklin Delano Roosevelt, Harry Truman, John Fitzgerald Kennedy, Lindon Johnson, Ronald Reagan e Bill Clinton, considera lo sviluppo di Democrazia, Libertà, Diritti Umani e Progresso nel Mondo come condizione necessaria per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America.
Alla positiva notizia del ritrovato impegno per la Pace e la Libertà in Europa da parte di Obama fanno però compagnia notizie a dir poco preoccupanti, come, in primis, l’assenza dell’Unione Europea, che ha perso un’occasione irripetibile per esercitare finalmente un ruolo da protagonista sullo scenario globale.
Dinnanzi alle mire imperialiste realizzate con metodi bellici da parte della Russia di Putin in un Paese europeo per storia, cultura e tradizioni come l’Ucraina, l’UE avrebbe dovuto dapprima aprire le sue porte a Kyiv mediante l’abbattimento del regime dei visti per quei cittadini ucraini che desiderano vivere e progredire in territorio europeo.
Successivamente, l’Europa avrebbe dovuto parlare con Mosca in maniera forte e chiara in sostegno del rispetto di Democrazia, Diritti Umani e Pace: principi su cui l’Unione Europea è stata fondata.
Un’apertura dell’UE all’Ucraina, da prendere senza timore per possibili ripercussioni dello Zar del Gas Putin -che se il gas non lo vende all’Europa non lo vende a nessuno- avrebbe ridato linfa alla mission di politica estera dell’Unione Europea come unico soggetto in grado di garantire lo sviluppo di Pace, Progresso, Democrazia e Libertà per mezzo di accordi commerciali e politici.
Questa, del resto, è stata la politica attuata nel 2004 con l’allargamento ai Paesi dell’Europa Centrale dall’allora Presidente della Commissione Europea Romano Prodi, in piena alternativa all’esportazione della democrazia con le armi e le bombe attuata dall’Amministrazione repubblicana di Bush.
Un altro aspetto negativo della questione è la constatazione di quanto ancora attraente sia la propaganda russa in Europa, sopratutto in Paesi come Italia e Francia, che hanno recepito appieno vere e proprie menzogne messe in circolo dalla Russia di Putin per discreditare gli ucraini come fascisti e irrispettosi delle minoranze nazionali.
Come confermato da un recente sondaggio dell’autorevole Istituto Internazionale di Sociologia di Kyiv, nessun ucraino russofono è mai stato vittima di violenze ed intimidazioni, né è mai stato minacciato dal Governo ucraino per la sua appartenenza linguistica.
Quando Putin dichiara che le proteste per la democrazia in Ucraina sono attuate dai fascisti armati di Pravy Sektor -e i media italiani quotano queste panzane senza verificare il fatto- mente spudoratamente: Pravy Sektor -come ho avuto modo di dichiarare oggi su Radio Popolare- rappresenta solo il 4% del fronte politico ucraino, e nell’Ucraina dell’Est gli squadroni di separatisti filorussi -in realtà agenti dell’esercito di Mosca infiltrati da tempo in territorio ucraino- hanno messo al bando i Partiti democratici ucraini dopo avere proclamato la “caccia all’ucrainofono”.
Se in Europa esiste un regime davvero fascista, dove le minoranze etniche, linguistiche, religiose e sessuali sono represse, il dissenso politico sottaciuto, e i giornalisti non allineati picchiati quando non addirittura uccisi, questo è la Russia di Putin, e non l’Ucraina della Tymoshenko, né l’America di Obama.
L’UE è in pericolo se non si rafforza politicamente nell’areale internazionale
La mobilitazione degli USA in sostegno di Democrazia e Libertà, e l’assenza di un’iniziativa reale dell’UE, lascia capire che l’Europa ha bisogno dell’America democratica di Obama per tutelare i propri valori, quando non addirittura la propria esistenza.
Come sottolineato dall’autorevole centro studi polacco PISM -che è autorevole anche e sopratutto perché è polacco, e quindi più capace di comprendere le dinamiche dell’Europa Orientale- lo scopo di Putin nell’avere sollevato la questione linguistica non è tanto il giustificare l’azione militare in Ucraina, bensì il preparare simili provocazioni in Estonia, Lettonia e Lituania: Paesi UE in cui vive una cospicua popolazione russofona.
C’è bisogno di più Obama, Kennedy, Spinelli e Prodi
Sulle dichiarazioni che ho rilasciato a Radio Popolare, e che qui ho riportato in maniera più estesa, avrei potuto scrivere la classica mia nota come Responsabile dei rapporti con l’Ucraina del PD metropolitano milanese.
Non ho ritenuto opportuno farlo per non mettere in imbarazzo il Segretario metropolitano, anche se dall’impegno profuso in prima persona da autorevoli esponenti democratici italiani, in primis dal Vicepresidente del Parlamento Europeo Gianni Pittella, ma anche dagli Europarlamentari Patrizia Toia e David Sassoli, dalla Parlamentare Lia Quartapelle, e dalle dichiarazioni di recente rilasciate dall’ex-Premier Massimo D’Alema, è chiaro che il PD è, come unico Partito nell’arco politico italiano, in prima fila per il rispetto della Democrazia, della Libertà, dei Diritti Umani e della Pace.
In una situazione in cui, in Italia, Movimento 5 Stelle, Lega Nord e Forza Italia si sono schierati apertamente a difesa dell’aggressione della Russia all’Ucraina, sarebbe opportuno che il nostro Paese, come sostiene il PD, attingesse di più da Obama, Kennedy, Clinton, Spinelli e Prodi, e non da Putin, Grillo, Salvini e Berlusconi, per restituire dignità e slancio internazionale ad un’Unione Europea che, oggi, ha estremo bisogno di aiuto.
Matteo Cazzulani
Analista Politico dell’Europa Centro-Orientale
Fondazione Filitalia International
Twitter: @MatteoCazzulani
Ucraina: Obama sostiene la TAP
L’Amministrazione Presidenziale degli Stati Uniti d’America, per decrementare la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia di Putin, sostiene la realizzazione in tempi brevi del Corridoio Meridionale, progettato per veicolare gas dall’Azerbaijan. Le azioni militari dei russi in Ucraina orientale hanno portato all’aumento dell’interesse USA per l’infrastruttura, e a incentivare in Europa la realizzazione di rigassificatori per importare shale liquefatto statunitense ed LNG da Qatar, Norvegia, Egitto.
Sostegno ad un gasdotto che diversifica le forniture di gas per l’Europa e che riguarda l’Italia molto da vicino. Questo è il primo passo che gli Stati Uniti d’America hanno preso per supportare l’Unione Europea nel diversificare le forniture di gas dalla Russia: una manovra necessaria per diminuire la dipendenza energetica da un Paese, la Federazione Russa, che, come dimostrato in occasione della crisi in Ucraina, troppo spesso si avvale dell’arma energetica come mezzo di coercizione geopolitica volto a realizzare una politica estera di stampo imperialista.
Come riportato dall’autorevole politico.com, l’Amministrazione del Presidente USA, Barack Obama, ha sostenuto la necessità di implementare i lavori per la realizzazione del Corridoio Meridionale UE: fascio di gasdotti progettato per veicolare 16 miliardi di metri cubi di gas all’anno sfruttati in Azerbaijan dalla Georgia all’Italia.
Nello specifico, il Vicesegretario di Stato per gli Affari Energetici, Amos Hochstein, nella giornata di mercoledì, 16 Aprile, ha rimarcato come l’Amministrazione Obama abbia sempre riposto grandi sforzi nel sostenere la realizzazione di un’infrastruttura, il Corridoio Meridionale, necessaria per garantire all’Europa forniture di gas alternative a quelle della Russia.
Le parole di Hochstein, che ha supportato come gli USA siano maggiormente impegnati nel sostenere il Corridoio Meridionale in seguito all’annessione militare della Crimea alla Russia ed alle azioni militari di Mosca nell’est dell’Ucraina, seguono le dichiarazioni del Segretario di Stato statunitense, John Kerry, che, durante lo scorso vertice sull’energia USA-UE, ha evidenziato come il gas dall’Azerbaijan sia solo una delle forniture di gas alternative a quella del Cremlino.
Kerry ha infatti invitato l’UE a realizzare al più presto rigassificatori per importare gas liquefatto da Qatar, Norvegia, Egitto ed USA che, con l’avvio dello sfruttamento dello shale -oro blu estratto da rocce argillose poste a bassa profondità- ha incrementato esponenzialmente le esportazioni a prezzo basso.
Un’infrastruttura fondamentale per la sicurezza energetica europea
Il Corridoio Meridionale UE è composto nella sua parte iniziale dal Gasdotto Trans Anatolico -TANAP- progettato per veicolare il gas dell’Azerbaijan dalla Georgia alla Turchia Occidentale. La seconda parte è invece formata dal Gasdotto Trans Adriatico -TAP- che è stato progettato per trasportare il gas azero dalla Grecia all’Italia attraverso l’Albania.
La portata di gas del Corridoio Meridionale di 16 Miliardi di metri cubi di gas all’anno può incrementare con l’avvio dell’importazione di gas anche da Turkmenistan, Iraq del Nord ed Israele.
Inoltre, in aggiunta all’Italia il Corridoio Meridionale UE può raggiungere anche Ungheria, Slovacchia e Polonia attraverso una diramazione della TAP dall’Albania alla Croazia, la Romania attraverso una ramificazione della TAP dalla Grecia in Bulgaria, ed anche la Gran Bretagna attraverso il prolungamento della TAP dall’Italia a Svizzera, Francia, Germania, Belgio e Paesi Bassi.
Sia la TANAP che la TAP, supportate dalla Commissione Europea e dai Governi nazionali di Turchia, Grecia, Italia, Albania, Croazia, Bulgaria e Svizzera, sono compartecipate dal colosso britannico British Petroleum, da quello azero SOCAR, da quello norvegese Statoil, dalla compagnia francese Total, dalla svizzera AXPO, dalla tedesca E.On e dalla belga Fluxys.
Un progetto necessario sostenuto dal PD, ed anche da PSI, Forza Italia ed NCD
Oltre che infrastruttura necessaria per diminuire la dipendenza dell’Europa dal gas della Russia di Putin, la TAP è anche un gasdotto che accresce il ruolo dell’Italia in ambito europeo, facendo del nostro Paese l’hub del carburante azero in UE.
L’approdo della TAP in Italia è stata resa possibile grazie al voto favorevole in Parlamento di PD, Forza Italia, NCD e PSI al progetto di realizzazione del gasdotto in Salento presentato dall’allora Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini.
Malgrado la realizzazione della TAP rafforzi l’economia del nostro Paese, diminuisca il costo della bolletta del gas e crei nuovo posti di lavoro nel settore, M5S, SEL, Lega Nord e Fratelli d’Italia hanno votato contro, rischiando così di fare un assist geopolitico a Putin.
Matteo Cazzulani
Analista di Politiche dell’Europa Centro-Orientale
@MatteoCazzulani
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