Guerra del Gas: la Polonia lancia il Corridoio Settentrionale
Varsavia si accorda con la Danimarca per la realizzazione della Baltic Pipe per l’importazione di gas naturale dalla Norvegia. Progettata anche la costruzione di un nuovo rigassificatore a Danzica, dopo quello di Świnoujście, per importare LNG in Europa Centro Orientale.
Varsavia – Più sicuri diversificando. Questa è la motivazione che ha spinto la Polonia ad attivarsi in materia di politica energetica con la presentazione di una serie di progetti atti a diversificare le forniture di gas indirizzato non solo al mercato interno polacco, ma anche e sopratutto al costituendo mercato unico del gas dell’Unione Europea.
Nella giornata di lunedì, 18 Aprile, Polonia e Danimarca hanno stabilito un accordo di massima per la realizzazione della Baltic Pipe, gasdotto concepito per veicolare in territorio polacco gas di origine norvegese attraverso il sistema infrastrutturale energetico danese.
Come dichiarato dal Premier polacco, Beata Szydło, e dal suo collega danese, Lars Lokke Rasmussen, la Baltic Pipe rappresenta un progetto di importanza strategica per Varsavia, Copenaghen e, più in generale, per l’Unione Europea.
Infatti, dal punto di vista polacco la realizzazione della Baltic Pipe permette la diversificazione delle forniture di gas per mezzo dell’importazione di gas proveniente dalla Norvegia: una mossa necessaria per decrementare la dipendenza di Varsavia dalle forniture di oro azzurro dalla Russia.
Inoltre, il gas importato in Polonia attraverso la Baltic Pipe verrebbe messo a disposizione degli altri Paesi dell’Europa Centro Orientale -una regione fortemente dipendente dalle forniture di energia dalla Russia- attraverso il Corridoio Nord-Sud e l’Interconnettore Polonia Lituania.
Questi due gasdotti, in via di realizzazione, sono progettati, rispettivamente, per veicolare oro azzurro dal rigassificatore polacco di Świnoujście al rigassificatore croato di Krk e a quello lituano di Klaipeda.
Dal punto di vista danese, la Baltic Pipe rappresenta un progetto di importanza strategica per via della imminente dismissione del bacino di Tyra che, finora, ha reso la Danimarca un Paese produttore di gas.
Con la realizzazione della Baltic Pipe, Copenaghen diventerebbe un importante Paese di transito del gas della Norvegia verso la Polonia e, di conseguenza, gli altri Stati dell’Europa Centro Orientale.
Dal punto di vista norvegese, la realizzazione della Baltic Pipe rappresenta una possibilità per attrarre investimenti atti ad ampliare la produzione di gas nei propri giacimenti.
Non a caso, Varsavia ha manifestato la volontà di ampliare la capacità della Baltic Pipe, preventivata a 7 miliardi di metri cubi di gas all’anno, così da garantire un maggiore afflusso di oro azzurro in Europa Centro Orientale.
Oltre alla Baltic Pipe, la Polonia si è attivata per la realizzazione di un rigassificatore a Danzica che, secondo i progetti, dovrebbe ampliare la capacità di Varsavia di importare gas liquefatto dopo l’avvio dell’importazione di LNG dal Qatar per mezzo del rigassificatore di Świnoujście.
Così come per quanto riguarda la Baltic Pipe, anche i rigassificatori di Świnoujście e Danzica sono preventivati per diversificare le importazioni di gas ed immettere l’oro blu importato da fonti non-russe nel sistema infrastrutturale energetico dell’Europa Centro Orientale.
L’attivismo della Polonia in politica energetica per mezzo della progettazione della Baltic Pipe e del rigassificatore di Danzica, assieme al già realizzato rigassificatore di Świnoujście, è stato ribattezzato Corridoio Settentrionale: una denominazione che ricorda il Corridoio Meridionale, ossia un fascio di gasdotti che la Commissione Europea ha progettato per veicolare in Italia gas proveniente dall’Azerbaijan attraverso Georgia, Turchia, Grecia ed Albania.
Intermarium e Unione Energetica Europea alla base del progetto
Il Corridoio Settentrionale è frutto di due iniziative di carattere geopolitico concepite in Polonia. In primis, la realizzazione di una politica che mira alla sicurezza energetica dei Paesi dell’Europa Centro Orientale è legata all’Intermarium.
Questa concezione geopolitica, fatta propria dal Presidente polacco, Andrzej Duda, mira alla creazione di un’alleanza regionale composta dai Paesi ubicati tra il Mar Baltico e il Mar Nero, tra la Russia e la Germania, atta a garantire la sicurezza nazionale degli Stati facenti parte di essa -Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Romania, Bulgaria, Ucraina, Georgia, e possibilmente anche Turchia.
Sul piano energetico, l’Intermarium è già stata realizzata per mezzo dell’alleanza di Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Croazia in opposizione al prolungamento del gasdotto Nordstream.
Questo gasdotto, progettato sul fondale del Mar Baltico con una portata di 110 miliardi di metri cubi di gas all’anno, è un’iniziativa bilaterale che la Germania ha concordato con la Russia per incrementare la quantità di gas russo importato nel mercato europeo bypassando i Paesi membri dell’Unione Europea dell’Europa Centro Orientale.
Sulla base del progetto di Duda già si era mosso Lech Kaczyński, Presidente della Polonia tra il 2005 e il 2010 che, per rafforzare la sicurezza dei Paesi dell’Intermarium, si attivò, sul piano energetico, sia per importare olio dall’Azerbaijan, che per ottenere forniture di gas dalla Norvegia.
La seconda concezione geopolitica di matrice polacca alla base del Corridoio Settentrionale è l’Unione Energetica Europea, progetto varato dal Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, durante gli ultimi mesi trascorsi alla guida del Governo della Polonia nel 2014.
Tusk, unico Premier nella storia polacca ad avere ottenuto la riconferma alle urne -grazie ad una parentesi di buongoverno che ha evoluto la Polonia in un moderno Paese dell’Unione Europea- varò, allora, un progetto atto a mettere in comunicazione i sistemi infrastrutturali energetici dei Paesi membri dell’Unione Europea.
Lo scopo dell’iniziativa di Tusk, che fu ampiamente condivisa dal Presidente francese, François Hollande, è la creazione di un mercato unico dell’energia che permetta ad ogni Paese membro dell’UE di contare su forniture stabili e garantite in caso di interruzioni improvvise del flusso di oro azzurro da parte di uno degli Stati fornitori.
L’Unione Energetica Europea di Tusk, che per certi versi ricorda un progetto analogo concepito dagli ex-Presidenti della Commissione Europea Jacques Délors e Romano Prodi, si basa sul principio di solidarietà tra i Paesi membri dell’UE.
Tuttavia, considerato come l’Unione Europea sia ancora in balia degli egoismi nazionali di singoli Paesi interessati ai propri interessi -Germania in primis- l’Unione Energetica Europea appare un progetto ancora lontano dal poter essere realizzato.
Matteo Cazzulani
Analista Politico dell’Europa Centro Orientale
Turchia e Israele rispondono alla Russia con una storica partnership energetica
Il Presidente turco, Tayyip Erdogan, e il Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, vicini ad un accordo per l’importazione del gas del Leviathan. Ankara, a seguito dell’interruzione delle relazioni energetiche con Mosca, ottiene il sostegno del Qatar, mentre Tel Aviv rafforza le relazioni energetiche con l’Unione Europea
Varsavia – Lo sconfinamento di un velivolo militare russo Su 24 in Turchia, ed il suo conseguente abbattimento da parte dell’esercito turco, sta portando Ankara ad un passo dal concludere un accordo storico con Israele. Nella giornata di venerdì, 18 Dicembre, Turchia e Israele hanno avviato consultazioni per l’importazione in Turchia di gas naturale israeliano proveniente dal giacimento Leviathan, ubicato nel Mar Mediterraneo, al largo di Israele.
Come riportato da YetNews, il Leviathan, giacimento dalla portata di 622 miliardi di metri cubi di gas, è considerato dalla Turchia un’importante fonte di importazione di gas alternativa alla Russia, con cui Ankara ha congelato le reazioni energetiche in seguito all’abbattimento del Su 24 russo.
Come dichiarato dal Ministro dell’Energia israeliano, Yuval Steinitz, la partecipazione della Turchia allo sfruttamento del Leviathan è utile per sviluppare il giacimento e renderlo appetibile agli occhi di compagnie internazionali.
Il riattivarsi del dialogo tra Turchia ed Israele è parte di un meccanismo ben più ampio che ha coinvolto anche altri Paesi della regione, come Qatar ed Azerbaijan, uniti in un sodalizio energetico che, in prospettiva, potrebbe favorire anche l’Unione Europea.
Nella giornata di giovedì, 17 Dicembre, il Qatar ha promesso l’estensione illimitata, a seconda dei bisogni di Ankara, della quantità di gas liquefatto di 1,2 miliardi di metri cubi che il Governo turco si è impegnato ad acquistare con un accordo raggiunto di recente durante una vista del Presidente della Turchia, Tayyip Erdogan.
Come riportato dall’Ambasciatore del Qatar in Turchia, Salem Mubarak Al-Shafi, la decisione di aiutare Ankara sul piano energetico è dettata dalla volontà di sostenere, in un momento particolarmente delicato, un Paese, la Turchia, con cui Qatar condivide la medesima posizione a riguardo delle crisi internazionali più dirimenti, dalla Siria alla Libia, fino allo Yemen.
Oltre ad Israele e Qatar, la Turchia, che a seguito del congelamento delle relazioni energetiche con la Russia ha siglato un accordo per l’importazione di 4,4 Miliardi di LNG annui dalla Nigeria, ha anche rafforzato la partnership con l’Azerbaijan, con cui Ankara ha in essere un accordo per l’importazione di 6,6 miliardi di metri cubi di gas provenienti dal giacimento Shakh Deniz e la realizzazione del Gasdotto Trans Anatolico -TANAP.
Questo gasdotto, la TANAP, è progettato per veicolare un massimale di 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno in territorio turco e, in seguito, in Unione Europea. Interessamento alla TANAP, che è parte del Corridoio Meridionale Energetico Europeo -fascio di gasdotti concepito dalla Commissione Europea per diversificare le forniture di gas e decrementare la dipendenza da Russia ed Algeria- è stato espresso anche da Israele.
Come riportato dall’Ambasciatore israeliano a Baku, Dan Stav, Israele intende compartecipare alla TANAP nell’ambito di un programma di partnership con l’Azerbaijan in materia di energia ed agricoltura. Inoltre, alla luce delle trattative con la Turchia, la compartecipazione di Israele alla TANAP avverrebbe proprio tramite la realizzazione del gasdotto per importare gas naturale dal giacimento Leviathan in territorio turco su cui Ankara e Tel Aviv stanno trattando.
Un ulteriore elemento che facilita la realizzazione dell’accordo energetico tra Israele e la Turchia è l’accordo raggiunto tra il Governo israeliano, la compagnia energetica statunitense Noble Energy e l’israeliana Delek per lo sfruttamento del Leviathan.
L’accordo, che pone fine ad una lunga impasse politica, prevede il controllo della Noble Energy e della Delek sul Leviathan, in cambio della promessa da parte delle due compagnie energetiche di sfruttare al più presto anche gli altri due giacimenti di gas israeliani nel Mar Mediterraneo: il Tamar e il Dalit.
Come dichiarato dal Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, l’accordo permette ad Israele non solo di soddisfare il proprio fabbisogno di energia, ma anche di esportare gas naturale in Giordania, Egitto, Turchia ed Unione Europea.
A proposito dell’Unione Europea, l’esportazione del gas israeliano avverrebbe proprio grazie al collegamento del Leviathan con la TANAP, di cui Israele si avvarrebbe per immettere il proprio gas nel fascio di gasdotti deputato al trasporto di oro azzurro dall’Azerbaijan in Europa.
Verso la soluzione del caso della Marmara Flotilla
Nonostante il cospicuo interesse da parte di ambo le parti, un ostacolo all’accordo energetico tra Turchia e Israele è rappresentato dall’attacco alla Marmara Flotilla, un cargo marittimo deputato alla consegna di armi ai terroristi palestinesi sotto forma di aiuti umanitari, nel corso del quale, nel 2010, nove cittadini turchi sono stati uccisi.
Come riportato dalla Reuters, una soluzione alla questione sembrerebbe essere molto vicina a seguito di trattative in Svizzera tra il Sottosegretario agli Esteri del Governo turco, Feridun Sinirlioglu, l’inviato di Netanyahu in Turchia, Joseph Ciechanover, e il Capo del Mossad, Yossi Cohen.
Secondo indiscrezioni, Israele si sarebbe detta disposta a corrispondere una compensazione finanziaria alle vittime turche dell’attacco, così come richiesto da Erdogan.
Non a caso, il Presidente turco ha descritto la normalizzazione delle relazioni con Israele come un passo necessario per la sicurezza e la prosperità del Medio Oriente.
Matteo Cazzulani
Analista di tematiche energetiche
Guerra del Gas: la Lituania punta anche su Israele
Il Presidente lituano, Dalija Grybauskaite, dichiara pieno interesse da parte di Vilna al gas liquefatto israeliano. Un pre-accordo tra i gestori del principale giacimento e la BP Group per l’avvio delle forniture in Egitto mette a repentaglio l’acquisto di LNG di Tel Aviv da parte dei Paesi dell’Unione Europea
Israeliani e statunitensi in prima fila per ricoprire un ruolo determinante per la sicurezza energetica dell’Europa: la strada è lunga e difficile, ma si può fare. Nella giornata di mercoledì, 2 Luglio, il Presidente lituano, Dalija Grybauskaite, ha dichiarato l’interesse della Lituania di importare gas liquefatto da Israele.
L’operazione, come dichiarato dalla Grybauskaite, è possibile una volta finalizzata la costruzione del rigassificatore di Klaipeda: un terminale, realizzato grazie ai fondi europei, necessario per l’importazione di gas liquefatto proveniente sopratutto da Norvegia, Qatar, Egitto e Stati Uniti d’America.
La possibilità del gas israeliano è rappresentata dall’avvio dello sfruttamento da parte di Israele dei giacimenti ubicati sul fondale del Mar Mediterraneo, che per mezzo di una decisione del Governo di Tel Aviv, saranno utilizzati al 60% per soddisfare la richiesta interna, mentre il 40% sarà riservato alle esportazioni.
Da sciogliere, tuttavia, resta il nodo in merito alla destinazione del gas israeliano, che fin dall’inizio avrebbe dovuto caratterizzare una fonte preziosa per l’Unione Europea per potere diversificare le forniture di gas e, così, decrementare l’alta dipendenza da Russia ed Algeria.
Nello specifico, il gas israeliano avrebbe potuto raggiungere il Corridoio Meridionale in Turchia tramite la costruzione di un gasdotto sottomarino dai giacimenti israeliani al territorio turco.
La manovra, resa possibile dal riappacificamento tra Israele e Turchia voluto dal Presidente USA in persona, Barack Obama, è stata tuttavia posta sotto esame per via della necessità di realizzare il gasdotto nelle acque territoriali di Paesi tradizionalmente ostili a Israele, come Libano e Siria.
L’altra strada per l’esportazione del gas israeliano in Europa è il suo invio Grecia attraverso Cipro: un progetto che è stato inserito tra le priorità della Presidenza di Turno greca dell’UE che, tuttavia, Atene non ha saputo concretizzare.
A complicare il quadro dell’esportazione del gas israeliano in Europa è anche una lettera di intenti inviata alla compagnia energetica BP Group da parte della Delek e della Ratio Oil Exploration per l’avvio delle forniture in Egitto del gas sfruttato dal giacimento Leviathan.
Il Leviathan, dopo il Tamar e il Karish -capienti rispettivamente 10 trilioni di piedi cubi e 3 trilioni di piedi cubi- è il principale giacimento israeliano, con una capienza pari a 20 trilioni di piedi cubi di gas.
Se sfruttato per rifornire di gas l’Egitto, e non l’Europa, il Leviathan porrebbe a serio repentaglio la realizzazione del progetto per l’invio di gas liquefatto israeliano in Paesi dell’Unione Europea che vedono in Israele una delle possibili alternative su cui contare per diversificare le proprie forniture energetiche.
Anche Polonia, Croazia, Danimarca e Ucraina interessate al gas di Tel Aviv
Oltre alla Lituania, chi guarda con speranza anche ad Israele sono gli altri Paesi dell’UE che si stanno avvalendo dei fondi europei per realizzare rigassificatori, come la Polonia e la Croazia, impegnate rispettivamente nella costruzione del terminale di Swinoujscie e di Krk.
I due terminali, sempre grazie all’utilizzo dei fondi europei, saranno collegati attraverso il Corridoio Nord Sud -un gasdotto che transita attraverso Polonia, Slovacchia, Ungheria e per l’appunto Croazia- e potranno raggiungere anche Gran Bretagna e Scandinavia per mezzo dell’Interconnettore Polonia-Danimarca.
Particolare attenzione al progetto è rivolta dall’Ucraina, che conta sulla diversificazione delle forniture di gas dell’Europa per potere anch’essa decrementare la dipendenza energetica dalla Russia, che si avvale ripetutamente dell’energia come arma di coercizione geopolitica nei confronti di Kyiv.
Come dichiarato dal Vicecapo del colosso energetico nazionale ucraino Naftohaz, Oleksandr Todiychuk, Kyiv ha in programma la realizzazione di una conduttura per importare gas dalla Polonia.
Todiychuk ha poi espresso fiducia nella possibilità che ad essere importato in Europa, e successivamente in Ucraina, sia anche lo shale liquefatto statunitense, che gli USA si stanno avviando ad esportare in UE per decrementare la dipendenza energetica dell’Unione Europea dalla Russia.
Matteo Cazzulani
Analista Politico dell’Europa Centro-Orientale
Twitter: @MatteoCazzulani
Ecco cosa prevede l’Accordo di Associazione che l’UE ha firmato con Ucraina, Moldova e Georgia
Creazione di un mercato unico con l’abbattimento progressivo delle barriere doganali è quello che prevede il documento che l’Unione Europea ha firmato con il Governo ucraino, moldavo e georgiano. Presente anche una parte politica che interessa l’armonizzazione dei sistemi della Giustizia, della Democrazia e dei Diritti del Lavoro agli standard UE
Un accordo puramente economico e commerciale che allarga le maglie del mercato unico europeo ad Ucraina, Moldova e Georgia e che, comunque, è figlio di un compromesso politico tra i Paesi dell’Europa Centro-Orientale più attenti all’allargamento dell’Unione Europea a Paesi europei per storia, cultura e tradizioni, e quelli dell’Europa Occidentale più attenti a non irritare la Russia di Putin. Questo è, in sintesi, l’Accordo di Associazione con l’Unione Europea che, venerdì, 27 Giugno, Ucraina, Moldova e Georgia hanno firmato a Bruxelles.
Nello specifico, l’Accordo prevede la creazione di una Zona di Libero Scambio con l’abbattimento progressivo delle barriere doganali -previa conformità dei prodotti ucraini, moldavi e georgiani agli standard UE- per i prossimi sette anni da parte dell’Europa, mentre Ucraina, Georgia e Moldova avranno 10 anni di tempo per aprire i loro mercati nazionali alle merci UE.
Per favorire questo, l’UE abbatterà fin da subito le tariffe d’importazione per i prodotti da Ucraina, Moldova e Georgia, che, invece, avranno più tempo per eliminare i dazi per potere così proteggere ambiti sensibili della propria economia come, ad esempio, quello automobilistico in Ucraina.
L’Accordo di Associazione porta vantaggi notevoli per l’Europa, che trova tre mercati in cui collocare i propri prodotti e, così, dare un piccolo ma significativo contributo al rilancio di un’economia in piena crisi.
Per Ucraina, Moldova e Georgia, l’apertura di un mercato economico e commerciale di 500 Milioni di consumatori rappresenta un’importante occasione di sviluppo e progresso tecnico ed industriale, che deve portare le industrie e l’artigianato ucraino, moldavo e georgiano a competere con quello dei Paesi UE.
La firma dell’Accordo di Associazione prevede anche una parte politica, in cui i Paesi firmatari dichiarano di armonizzare agli standard UE anche il loro sistema della Giustizia, gli standard di Democrazia e Libertà e i Diritti del Lavoro.
Questa parte è già stata firmata dall’Ucraina lo scorso 21 Marzo per dare un forte segnale di vicinanza a Kyiv dopo la caduta del regime dell’ex-Presidente ucraino, Viktor Yanukovych, che si è sempre opposto alla conclusione dell’Accordo di Associazione.
Georgia e Moldova, invece, avrebbero dovuto firmare l’intero pacchetto dell’Accordo di Associazione -la parte politica e la creazione della Zona di Libero Scambio- più tardi, ma l’aggressività russa nei confronti dell’Ucraina, con l’occupazione militare della Crimea, ha spinto i vertici UE ad accelerare le procedure per permettere a due Paesi sovrani e indipendenti di attuare una precisa scelta geopolitica senza essere influenzati dal ricatto della Russia.
Proprio la Russia è il Paese che, più di tutti, si oppone ad un Accordo che è tutto fuorché politico, ma che per Mosca rappresenta tuttavia un’avvicinamento inaccettabile all’Europa di Paesi sovrani ed indipendenti su cui il Presidente russo, Vladimir Putin, ha sempre nutrito ambizioni espansionistiche.
Putin ha già invitato l’Ucraina con le maniere forti a non firmare l’Accordo di Associazione dapprima con le ritorsioni commerciali, poi con l’interruzione delle esportazioni di gas, con la rinegoziazione imposta del prezzo del carburante venduto a Kyiv e, infine, con l’aggressione militare in Crimea e nelle regioni orientali del Paese.
Alla Moldova, il Vice-Premier russo, Dmitry Rogozin, ha promesso ripercussioni sulle esportazioni in Russia di materiale industriale e vino prodotto da Chisinau, ed ha ventilato simili ripercussioni sul piano energetico a quelle applicate all’Ucraina, senza escludere la pista militare con l’invasione della Transnistria: lingua di terra tra Moldova ed Ucraina ad oggi controllata da un regime filorusso.
Differente è il caso della Georgia, che, oltre ad avere ancora aperte le ferite di Abkhazia ed Ossezia del Sud -regioni georgiane occupate militarmente dai russi nel 2008- può comunque contare su una minore dipendenza dal gas della Russia, importando carburante anche da Azerbaijan ed Iran.
Tuttavia, non è escluso un intervento militare della Russia anche in Georgia, volto sopratutto a bloccare il Gasdotto del Caucaso del Sud: infrastruttura che veicola il gas dell’Azerbaijan in Turchia, dalla quale dipende il progetto di diversificazione delle forniture di gas dell’UE.
Per decretare la dipendenza dal gas russo, di cui Mosca si avvale come mezzo di coercizione geopolitica nei confronti sia dell’UE che di Paesi sovrani e indipendenti come Ucraina, Moldova e Georgia, l’Europa ha progettato, oltre ai rigassificatori per ricevere LNG da Qatar, Norvegia, Egitto e Stati Uniti d’America, anche il Corridoio Meridionale per importare in Italia gas dell’Azerbaijan dalla Georgia attraverso Turchia, Grecia ed Albania.
Kyiv e Chisinau reagiscono al niet di Putin
Nel frattempo, pronta è stata la reazione del Presidente ucraino, Petro Poroshenko, che, in risposta all’aggressione militare della Russia, ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale per permettere agli aggressori russi di abbandonare l’Ucraina orientale.
Poroshenko ha tuttavia invitato Putin a rispettare fin da subito il piano di pace che Kyiv ha presentato a Mosca, secondo una richiesta fatta a Mosca anche dal Segretario di Stato USA, John Kerry.
Inoltre, per limitare la dipendenza energetica dalla Russia, l’Ucraina ha avviato importazioni di gas russo proveniente dalla Germania per mezzo dei gasdotti di Ungheria, Polonia e Slovacchia.
Per quanto riguarda la Moldova, che dipende anch’essa fortemente dal gas della Russia, è stata avviata l’importazione di gas dalla Romania per mezzo del gasdotto Iasi-Ungheni.
Matteo Cazzulani
Analista Politico dell’Europa Centro-Orientale
Twitter @MatteoCazzulani
Ucraina: Obama sostiene la TAP
L’Amministrazione Presidenziale degli Stati Uniti d’America, per decrementare la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia di Putin, sostiene la realizzazione in tempi brevi del Corridoio Meridionale, progettato per veicolare gas dall’Azerbaijan. Le azioni militari dei russi in Ucraina orientale hanno portato all’aumento dell’interesse USA per l’infrastruttura, e a incentivare in Europa la realizzazione di rigassificatori per importare shale liquefatto statunitense ed LNG da Qatar, Norvegia, Egitto.
Sostegno ad un gasdotto che diversifica le forniture di gas per l’Europa e che riguarda l’Italia molto da vicino. Questo è il primo passo che gli Stati Uniti d’America hanno preso per supportare l’Unione Europea nel diversificare le forniture di gas dalla Russia: una manovra necessaria per diminuire la dipendenza energetica da un Paese, la Federazione Russa, che, come dimostrato in occasione della crisi in Ucraina, troppo spesso si avvale dell’arma energetica come mezzo di coercizione geopolitica volto a realizzare una politica estera di stampo imperialista.
Come riportato dall’autorevole politico.com, l’Amministrazione del Presidente USA, Barack Obama, ha sostenuto la necessità di implementare i lavori per la realizzazione del Corridoio Meridionale UE: fascio di gasdotti progettato per veicolare 16 miliardi di metri cubi di gas all’anno sfruttati in Azerbaijan dalla Georgia all’Italia.
Nello specifico, il Vicesegretario di Stato per gli Affari Energetici, Amos Hochstein, nella giornata di mercoledì, 16 Aprile, ha rimarcato come l’Amministrazione Obama abbia sempre riposto grandi sforzi nel sostenere la realizzazione di un’infrastruttura, il Corridoio Meridionale, necessaria per garantire all’Europa forniture di gas alternative a quelle della Russia.
Le parole di Hochstein, che ha supportato come gli USA siano maggiormente impegnati nel sostenere il Corridoio Meridionale in seguito all’annessione militare della Crimea alla Russia ed alle azioni militari di Mosca nell’est dell’Ucraina, seguono le dichiarazioni del Segretario di Stato statunitense, John Kerry, che, durante lo scorso vertice sull’energia USA-UE, ha evidenziato come il gas dall’Azerbaijan sia solo una delle forniture di gas alternative a quella del Cremlino.
Kerry ha infatti invitato l’UE a realizzare al più presto rigassificatori per importare gas liquefatto da Qatar, Norvegia, Egitto ed USA che, con l’avvio dello sfruttamento dello shale -oro blu estratto da rocce argillose poste a bassa profondità- ha incrementato esponenzialmente le esportazioni a prezzo basso.
Un’infrastruttura fondamentale per la sicurezza energetica europea
Il Corridoio Meridionale UE è composto nella sua parte iniziale dal Gasdotto Trans Anatolico -TANAP- progettato per veicolare il gas dell’Azerbaijan dalla Georgia alla Turchia Occidentale. La seconda parte è invece formata dal Gasdotto Trans Adriatico -TAP- che è stato progettato per trasportare il gas azero dalla Grecia all’Italia attraverso l’Albania.
La portata di gas del Corridoio Meridionale di 16 Miliardi di metri cubi di gas all’anno può incrementare con l’avvio dell’importazione di gas anche da Turkmenistan, Iraq del Nord ed Israele.
Inoltre, in aggiunta all’Italia il Corridoio Meridionale UE può raggiungere anche Ungheria, Slovacchia e Polonia attraverso una diramazione della TAP dall’Albania alla Croazia, la Romania attraverso una ramificazione della TAP dalla Grecia in Bulgaria, ed anche la Gran Bretagna attraverso il prolungamento della TAP dall’Italia a Svizzera, Francia, Germania, Belgio e Paesi Bassi.
Sia la TANAP che la TAP, supportate dalla Commissione Europea e dai Governi nazionali di Turchia, Grecia, Italia, Albania, Croazia, Bulgaria e Svizzera, sono compartecipate dal colosso britannico British Petroleum, da quello azero SOCAR, da quello norvegese Statoil, dalla compagnia francese Total, dalla svizzera AXPO, dalla tedesca E.On e dalla belga Fluxys.
Un progetto necessario sostenuto dal PD, ed anche da PSI, Forza Italia ed NCD
Oltre che infrastruttura necessaria per diminuire la dipendenza dell’Europa dal gas della Russia di Putin, la TAP è anche un gasdotto che accresce il ruolo dell’Italia in ambito europeo, facendo del nostro Paese l’hub del carburante azero in UE.
L’approdo della TAP in Italia è stata resa possibile grazie al voto favorevole in Parlamento di PD, Forza Italia, NCD e PSI al progetto di realizzazione del gasdotto in Salento presentato dall’allora Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini.
Malgrado la realizzazione della TAP rafforzi l’economia del nostro Paese, diminuisca il costo della bolletta del gas e crei nuovo posti di lavoro nel settore, M5S, SEL, Lega Nord e Fratelli d’Italia hanno votato contro, rischiando così di fare un assist geopolitico a Putin.
Matteo Cazzulani
Analista di Politiche dell’Europa Centro-Orientale
@MatteoCazzulani
SUEZ GAZ DE FRANCE ENTRA NEL NABUCCO
Il colosso energetico francese rafforza il gasdotto dalla verdiana denominazione concepito per diversificare le forniture di gas dell’Unione Europea. Procedono anche TAP e IAP.
Un progetto che cresce per diminuire la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia. Nella giornata di lunedì, 27 Maggio, il colosso energetico francese Suez Gaz de France è entrato nel consorzio deputato alla realizzazione del gasdotto Nabucco.
Come riportato alla Trend dall’Amministratore Delegato del gasdotto dalla verdiana denominazione, Reinhard Mitschek, l’ingresso di Suez Gas de France da forza al Nabucco, e rende il gasdotto ancor più europeo, grazie alla presenza di un colosso energetico dell’Europa Occidentale.
Oltre che da Suez Gaz de France, il Nabucco è compartecipato dalla compagnia austriaca OMV, dalla turca BOTAS, dalla romena Transgaz, dalla bulgara BEH e dall’ungherese FGSZ.
Il gasdotto dalla verdiana denominazione è pianificato per veicolare 30 Miliardi di metri cubi di gas all’anno estratto in Azerbaijan dalla Turchia Occidentale in Austria, attraverso Bulgaria, Romania ed Ungheria.
Il Nabucco, sostenuto dai Governi di Romania, Bulgaria, Austria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, è un progetto del Corridoio Meridionale, fascio di gasdotti progettato per veicolare il gas azero in Europa.
Firmato sostegno al Gasdotto Ionico Adriatico
Altri due gasdotti del Corridoio Meridionale sono il Gasdotto Trans Adriatico -TAP- e il Gasdotto Ionico Adriatico -IAP, che, sabato 25 Maggio, sono stati sostenuti da un accordo intergovernativo tra Albania, Croazia, Bosnia Erzegovina e Montenegro, a Tirana.
La TAP veicolerà 21 Miliardi di metri cubi di gas dell’Azerbaijan all’anno in Italia dal confine tra Grecia e Turchia attraverso l’Albania.
Supportato politicamente da Italia, Grecia, Albania e Svizzera, il Gasdotto Trans Adriatico è compartecipato dal colosso norvegese Statoil, dalla compagnia svizzera AXPO, e dalla tedesca E.On.
La IAP è concepita per veicolare il gas azero della TAP fino al terminale croato nell’isola di Krk, a sua volta collegato con il rigassificatore di Swinoujscie, in Polonia, attraverso il Corridoio Nord-Sud.
Oltre agli enti coinvolti nella TAP, anche la croata Plinacro compartecipa nel Gasdotto Ionico Adriatico.
Matteo Cazzulani
GAS: LA RUSSIA VUOLE SERBIA E UCRAINA NEL SUO IMPERO
Il Presidente russo, Vladimir Putin, impone al suo collega ucraino, Viktor Yanukovych, l’ingresso nell’Unione Doganale, per garantire a Mosca l’egemonia sull’ex-URSS. Firmato con il Capo di Stato serbo, Tomislav Nikolic, una Dichiarazione per la costruzione nei Balcani del Southstream
Due accordi in tre giorni per affossare l’Unione Europea e l’indipendenza energetica di Bruxelles. Nella Giornata di Domenica, 26 Maggio, il Presidente russo, Vladimir Putin, ha incontrato il suo collega ucraino, Viktor Yanukovych, a Sochi.
Secondo una nota del Cremlino, Putin ha chiesto a Yanukovych la firma di un Memorandum per l’ingresso dell’Ucraina, come membro osservatore, nell’Unione Doganale.
Secondo i piani di Putin, l’Ucraina deve aderire all’Unione Doganale per evitare l’integrazione di Kyiv nell’Unione Europea e, di pari passo, rafforzare Mosca come attore della geopolitica mondiale.
L’Unione Doganale, concepita da Mosca per imporre l’egemonia della Russia nell’ex-Unione Sovietica, è già compartecipato da Bielorussia e Kazakhstan.
Oltre all’ingresso nell’Unione Doganale, Putin ha proposto a Yanukovych la creazione di un consorzio russo-ucraino per la ristrutturazione del sistema infrastrutturale energetico ucraino.
In cambio dell’operazione, che mira a garantire alla Russia il pieno controllo dei gasdotti dell’Ucraina, da cui transita la maggior parte del gas russo importato in Unione Europea, Mosca è pronta a concedere a Kyiv uno sconto sulle forniture di carburante, ad oggi pagate dagli ucraini a prezzi superiori a quelli imposti dal Cremlino a Germania e Francia.
Venerdì, 24 Maggio, il Presidente Putin, ha anche firmato con il suo collega serbo, Tomislav Nikolic, una Dichiarazione di Collaborazione Strategica nei settori dei trasporti, militare e tecnico-militare.
Sul piano energetico, la Dichiarazione stabilisce l’erogazione di un credito da Mosca a Belgrado di 1,7 Miliardi di Euro, ed il totale finanziamento da parte della Russia del Southstream.
Questo gasdotto è concepito per veicolare 63 Miliardi di metri cubi di gas in Austria dalle coste meridionali della Russia attraverso il fondale del Mar Nero, Bulgaria, Serbia, Ungheria, Slovenia ed Italia.
Il pericolo per l’UE e la risposta della Romania
Se realizzato, il Southstream aumenta notevolmente la dipendenza dell’Unione Europea dalle forniture di gas della Russia, ed impossibilita a Bruxelles la realizzazione del piano di diversificazione delle fonti di approvvigionamento di energia.
Per veicolare gas dall’Azerbaijan, ed anche dal Turkmenistan, la Commissione Europea ha progettato il Corridoio Meridionale: fascio di gasdotti, tra cui il progetto più importante è il Nabucco.
Questo gasdotto è concepito per veicolare 30 Miliardi di metri cubi di gas azero all’anno in Austria dalla Turchia attraverso Bulgaria, Romania ed Ungheria.
In vista della realizzazione del Nabucco, la Romania ha approvato il collegamento dei gasdotti romeni con quelli della Moldova mediante la realizzazione della conduttura Jassy-Ungheni.
Questo gasdotto, lungo 43,2 Chilometri, cofinanziato dall’UE, è progettato per veicolare 1,5 Miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Romania alla Moldova, e garantisce a Chisinau fonti di approvvigionamento alternative a quelle della Russia, da cui l’economia moldava dipende fortemente, una volta realizzato il Nabucco in territorio romeno.
Nell’Ottobre 2012, la Moldova è stata costretta a congelare l’integrazione nella Comunità Energetica Europea per potere rinegoziare l’accordo con la Russia per le importazioni di gas, sulle quali Mosca ha paventato uno sconto in cambio dell’uscita di Chisinau dall’UE del gas.
Matteo Cazzulani
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