Scandalo intercettazioni in Polonia: Putin contro Tusk per il sostegno a Ucraina e Unione Energetica Europea
Il Premier polacco respinge le dimissioni del suo Governo, ma non esclude l’indizione di Elezioni Anticipate in seguito alle intercettazioni che hanno coinvolto il Capo della Banca Centrale polacca, il Ministro degli Interni, un ex-Ministro e un ex-Viceministro. Secondo la Suddeutsche Zeitung, i Servizi Segreti di Mosca sarebbero i responsabili delle registrazioni che stanno minando la tenuta del Governo in Polonia.
Le dimissioni del Governo no, Elezioni Anticipate sì. Questa è la posizione assunta dal Premier polacco, Donald Tusk, in risposta alle perquisizioni che i Servizi Segreti polacchi hanno effettuato presso la redazione del Wprost: il settimanale che, lunedì, 16 Giugno, ha pubblicato il testo di conversazioni di alte personalità politiche intercettate per alcuni mesi in uno dei più famosi ristoranti di Varsavia.
Tusk, dopo avere escluso le dimissioni del Governo, ha ventilato l’ipotesi di indire Elezioni Parlamentari Anticipate per verificare la fiducia degli elettori nei confronti della maggioranza, composta dalla cristiano-democratica Piattaforma Civica -PO, la forza politica di Tusk- e dal Partito contadino PSL.
“Ritengo necessario indire Elezioni Anticipate se non dovesse rivelarsi possibile la collaborazione tra diversi Istituzioni della vita pubblica -ha dichiarato Tusk, durante una conferenza stampa urgente giovedì, 19 Giugno- La Libertà di Stampa è un Valore sacrosanto: è interesse di tutta la Polonia comprendere non solo i retroscena delle intercettazioni, ma anche da chi, e perché, esse siano state accuratamente preparate da tempo”.
La reazione di Tusk è avvenuta a poche ore da due tentativi di perquisizione effettuati dai Servizi Segreti polacchi presso la redazione del Wprost mercoledì, 18 Giugno.
I Servizi Segreti, dopo avere ritenuto illegali le intercettazioni pubblicate dal Wprost, hanno richiesto a più riprese la consegna delle registrazioni in possesso del settimanale polacco, che, tuttavia, si è rifiutato di cederle.
Le intercettazioni riguardano conversazioni private tra il Capo della Banca Nazionale Polacca, Marek Belka, e il Ministro degli Interni, Bartlomej Sienkiewicz. In esse, Belka, ex-Premier socialdemocratico, ha promesso un intervento della Banca Centrale polacca per salvare il bilancio dello Stato in cambio del siluramento del Ministro delle Finanze, Jacek Rostowski.
Oltre alla conversazione tra Belka e Sienkiewicz, i cui postulati si sono tradotti in realtà a pochi mesi dalla registrazione, le intercettazioni hanno anche riguardato la richiesta di intervento all’allora Viceministro delle Finanze, Andrzej Parafianowicz, da parte dell’ex-Ministro dei Trasporti, Slawomir Nowak, per tutelare i conti della moglie dai controlli pubblici.
Come dichiarato da Tusk, le intercettazioni, che stanno minando la tenuta e il consenso pubblico del Governo polacco, sono state organizzate in maniera precisa e premeditata, con tutta probabilità per mano di agenti interni, o addirittura da Servizi Segreti di Paesi esteri.
La pista interna porta ad indiziare il principale Partito dell’Opposizione, il conservatore Diritto e Giustizia -PiS- che di recente ha perso contro la PO, seppur di pochi punti, le Elezioni Europee.
La pista estera, data per molto probabile dalla Suddeutsche Zeitung, porta invece ai Servizi Segreti della Russia di Putin. Mosca, infatti, ha tutto l’interesse a far cadere il Governo Tusk per punire la Polonia per il forte sostegno dato allo sviluppo della democrazia in Ucraina, Georgia e Moldova e per l’avvicinamento di questi Paesi all’Unione Europea.
Inoltre, la Russia ha più volte criticato il Governo Tusk per il sostegno dato dal Premier polacco all’Unione Energetica Europea: un progetto, condiviso dal Presidente francese, Francois Hollande, e da altri Capi di Stato e di Governo UE, che mira a decrementare la dipendenza energetica dell’Europa da Russia ed Algeria attraverso la creazione di un mercato unico UE del gas.
Infine, il Governo Tusk ha dato un forte impulso alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento di energia anche per mezzo della realizzazione di rigassificatori -necessari per diversificare le forniture di gas dal monopolio della Russia- e dello sfruttamento dei giacimenti di shale: gas estratto da rocce argillose poste a bassa profondità, di cui, secondo i dati EIA, la Polonia sarebbe ricca.
Mosca attacca anche i gasdotti ucraini per convincere l’UE a realizzare il Southstream
A confermare la responsabilità degli Agenti Segreti della Russia di Putin nello scandalo intercettazioni in Polonia, per ragioni legate all’energia, è anche l’esplosione del gasdotto Urengoy-Pomary-Uzhhorod: la principale infrastruttura che veicola in Europa più del 90% del gas russo importato dall’Unione Europea attraverso l’Ucraina.
Come dichiarato dal Premier ucraino, Arseniy Yatsenyuk, l’esplosione, avvenuta mercoledì, 18 Giugno, è utile alla Russia per presentare l’Ucraina come partner inaffidabile per il transito del gas russo in Europa e, così, convincere l’Unione Europea della necessità di costruire il Southstream.
Questo gasdotto, il Southstream, è progettato dalla Russia per incrementare la già alta quantità di gas veicolato in Europa di ulteriori 63 Miliardi di metri cubi di gas attraverso un’infrastruttura che bypassa l’Ucraina, transitando attraverso il fondale del Mar Nero, Bulgaria, Serbia, Ungheria, Slovenia e Austria.
Per reagire al Southstream, l’Europa, da un lato, ha questionato la conformità dell’infrastruttura ai regolamenti UE in materia di trasparenza e libera concorrenza.
Dall’altro, la Commissione Europea ha implementato la realizzazione della Comunità Energetica Europea, di cui Tusk e la Polonia sono stati, guarda caso, i più accesi promotori.
Matteo Cazzulani
Analista Politico di Europa Centro-Orientale
Twitter: @MatteoCazzulani
Cameron vs. Juncker: e se il Premier britannico ri-avesse ragione?
Il Primo Ministro britannico minaccia di anticipare il referendum sulla permanenza di Londra in Europa se l’ex-Presidente dell’Eurogruppo sarà nominato alla guida della Commissione Europea. I punti su cui Cameron potrebbe avere ragione nel contestare l’Europa delle banche e del vecchio motore franco-tedesco
All’indomani della decisione del Primo Ministro britannico, David Cameron, di non accettare la riforma del Trattato di Lisbona, un fatto che ha de facto posto la Gran Bretagna al di fuori della schiera dei Paesi promotori di una maggiore integrazione europea, nel 2012 scrissi un articolo dal titolo, chiaramente provocatorio, “E se Cameront avesse ragione?”.
In esso, ipotizzavo che la posizione di Cameron dovesse favorire la comprensione del fatto che l’Unione Europea non dovesse essere un processo fine a sé stesso a conduzione unicamente franco-tedesca, bensì punto di partenza per la realizzazione di un’Unione Trans Atlantica con gli Stati Uniti di Obama e con il Canada: un super Stato dell’Occidente basato sui principi di Democrazia, Diritti Umani, Progresso e Libertà.
Oggi, all’indomani della dichiarazione di Cameron in merito all’intenzione di anticipare la data del referendum per la permanenza della Gran Bretagna in Europa qualora Jean Claude Juncker sarà nominato presidente della Commissione Europea, mi sento di riproporre il medesimo titolo, con il chiaro scopo di invitare ad una riflessione ben più profonda dell’accusa di isolazionismo mossa, forse con troppa superficialità, al Primo Ministro britannico.
Cameron ha argomentato la sua minaccia con il fatto che Juncker, a suo avviso, rappresenta un’icona del federalismo europeo di vecchio stampo che, per via della sua età avanzata e della sua estrazione geografica e politica, è incapace di riformare l’Unione Europea secondo i desiderata della Gran Bretagna.
La posizione di Cameron è chiaramente sbagliata, in quanto Juncker, candidato alla Presidenza della Commissione del Partito Popolare Europeo PPE -la forza politica che ha vinto le Elezioni Europee- è legittimato dal voto popolare: andare contro la volontà dei cittadini sarebbe un errore grossolano che priverebbe l’UE di quella svolta di democrazia necessaria per la costituzione di un’Europa più forte e più protagonista nel Mondo.
Tuttavia, il timore di Cameron in merito alla reale capacità di Juncker di cambiare l’Europa è tutt’altro che errata: il candidato del PPE, che proviene da una decennale esperienza alla guida dell’Eurogruppo, difficilmente saprà comprendere l’importanza di porre fine ad un’Europa incentrata unicamente sull’Asse franco-tedesco per evolvere l’UE in un organismo in cui tutti gli Stati, in primis Polonia, Italia e Gran Bretagna, siamo finalmente posti sullo stesso piano di Parigi e Berlino.
Juncker, per via della sua appartenenza politica, è anche poco probabile che sia capace di realizzare un necessario cambiamento delle politiche di austerità, che senza provvedimenti tesi a lavoro e crescita, risulta essere sterile e nociva per la società europea.
Da Juncker, dunque, nihil novi rispetto a quanto fatto finora da Barroso: nominarlo a Capo della Commissione Europea potrebbe portare ad avere un leader capace e preparato che, tuttavia, potrebbe faticare a cogliere la necessità di un radicale cambiamento per restituire fiducia e speranza nel sogno europeo.
Se presa sotto questi termini, la protesta di Cameron potrebbe anche essere ritenuta uno stimolo necessario ad andare oltre all’Europa che oggi conosciamo, e che Juncker sembra proprio essere intenzionato a non cambiare nel suo profondo.
Seppur non condivisibile nei modi e nei toni, la minaccia di Cameron deve anche spingerci a comprendere la necessità di implementare i lavori per la realizzazione dell’Unione Trans Atlantica, affinché Europa, USA e Canada siano un domani unite in un unico mercato che consenta all’Occidente, e non alla sola UE, di tenere testa alle altre superpotenze mondiali, quali Cina, India e Russia.
La posizione di Cameron, dunque non va commentata solo come un impedimento al rafforzamento politico dell’Europa, bensì va colta come uno stimolo prezioso a procedere in una più giusta direzione, prima che, come già ci dimostrano la crescita della Cina, la vittoria dei nazionalisti in India, e l’aggressione militare della Russia in Ucraina, sia troppo tardi.
Per questo, oltre che ad attaccare -giustamente- Cameron per la sua opposizione agli Stati Uniti d’Europa, sarebbe anche bene chiedersi se è davvero nell’interesse dell’Europa restare ancorati ad una concezione arcaica di UE incentrata solo sul motore franco-tedesco che, timidamente, si rifiuta di ricoprire un ruolo da protagonista nel Mondo.
Personalmente, trovo nella concezione di politica estera della Polonia, nell’attaccamento storico e culturale al concetto di Europa della Repubblica Ceca, nella politica energetica della Romania, nella politica industriale e tecnologica di Estonia, Lettonia e Lituania, e nella politica di difesa della Gran Bretagna, un incentivo molto più utile al rafforzamento politico dell’Europa di una concezione carolingia che condanna l’UE ad una pozione marginale nel Mondo.
Matteo Cazzulani
Analista di Politica dell’Europa Centro-Orientale
Twitter: @MatteoCazzulani
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