LA VOCE ARANCIONE. Il Blog di Matteo Cazzulani

Vertice Italia-Polonia: tra Renzi e Duda non scatta la scintilla

Posted in NATO, Polonia, Unione Europea by matteocazzulani on May 16, 2016

Il Premier italiano e il Presidente polacco in disaccordo su idea d’Europa, NATO, politica estera e migranti. Energia e opposizione alla Germania gli unici punti in comune tra i due leader quarantenni



Varsavia – Due leader della generazione dei quarantenni capaci di dare una scossa alla politica dei rispettivi Paesi dopo anni di stagnazione generazionale. Nonché due scout di formazione, come ha sottolineato l’inquilino di Palazzo Chigi. Queste sono state le premesse dell’incontro tra il Premier italiano, Matteo Renzi, e il Presidente polacco, Andrzej Duda, avvenuto nella giornata di lunedì, 16 Maggio, a Roma.

L’incontro -avvenuto, per la cronaca, in occasione del compleanno di Duda- ha dimostrato che, nonostante la storica amicizia che lega il popolo italiano a quello polacco, e viceversa, Italia e Polonia restano su due fronti ben distinti all’interno della Comunità Euro Atlantica.

Come riportato da Renzi, l’incontro ha riguardato uno scambio franco di vedute su tematiche in merito alle quali Roma e Varsavia non sono d’accordo: parole che lo stesso Duda ha confermato, sottolineando come Italia e Polonia non siano concordi su alcuni punti particolarmente rilevanti.

Seppur non espressamente menzionati, non è difficile enumerare i punti che vedono Italia e Polonia su due fronti contrapposti. In primis, vi è l’idea di Europa. Renzi, leader di estrazione cristiano democratica di uno dei principali partiti della famiglia del socialismo europeo, sostiene strenuamente la costrizione degli Stati Uniti d’Europa secondo il progetto elaborato da Altiero Spinelli e portato avanti da importanti europeisti, come gli ex-Presidenti della Commissione Europea Jacques Délors e Romano Prodi.

Duda, da parte sua, appartiene alla tradizione del conservatorismo europeo di Margaret Thatcher e Lech Kaczyński che sostiene la necessità di evolvere l’Unione Europea in un’Unione di Stati nella quale il peso dei Parlamenti nazionali è più forte rispetto a quello delle Istituzioni centrali “federali”. Ciononostante, come lo stesso Presidente polacco ha dichiarato, Duda non è un euroscettico, bensì, a differenza di altri membri di spicco del conservatorismo polacco, si ritiene sostenitore della solidarietà interna all’UE.

La divisione ideologica tra Renzi e Duda in merito all’idea di Europa si rispecchia nell’appartenenza dei due leader a schieramenti differenti all’interno dell’UE. Renzi, da un lato, appartiene, con Francia e Grecia, al fronte critico della politica di austerità approntata dal Cancelliere tedesco, Angela Merkel. 

Duda, invece, è il maggiore promotore dell’Intermarium: alleanza informale di Paesi dell’Europa Centro Orientale costituitasi per contrastare gli interessi di Germania e Russia, che vedono nella regione una propria zona di influenza sul piano economico, energetico, quando non addirittura politico.


Oltre ai punti di carattere strettamente ideologico, a dividere Italia e Polonia sono anche NATO, politica estera europea e migranti. In merito alla NATO, Duda è sostenitore del rafforzamento della presenza militare dell’Alleanza Atlantica in Europa Centro Orientale come forma di difesa e rassicurazione in seguito all’annessione della Crimea e all’occupazione dell’Est dell’Ucraina da parte della Russia.

Renzi, invece, mantiene una posizione più cauta in merito al rafforzamento della presenza NATO in Europa Centro Orientale e, più in generale, è contrario al progetto di incremento della difesa dei Paesi Membri dell’Alleanza Atlantica che prevede l’aumento della spesa per la difesa al 2% del budget nazionale.

La freddezza di Renzi a riguardo del rafforzamento della NATO in Europa Centro Orientale è legato alla posizione dell’Italia in merito alla politica estera europea, che, secondo Roma, dovrebbe profondere un impegno maggiore nel Bacino del Mediterraneo. 

Ad avviso di Duda, invece, la politica estera europea dovrebbe analizzare con maggiore equilibrio la situazione sul fronte orientale, prendendo consapevolezza della minaccia militare che, secondo Varsavia, la Russia rappresenta per l’Europa.

Renzi, inoltre, è uno dei più accesi sostenitori della politica di distribuzione dei migranti voluta dalla Merkel per arginare l’emergenza profughi in nome della solidarietà interna ai Paesi membri dell’UE. Duda, invece, si oppone al meccanismo di redistribuzione automatica dei migranti, contestando la mancanza di solidarietà tra i Paesi membri dell’UE su tematiche di carattere energetico.

Proprio sul piano dell’energia Renzi e Duda possono trovare del terreno in comune a causa, tuttavia, di contingenze e non di una posizione strategica condivisa. Italia e Polonia, infatti, sono tra gli oppositori del raddoppio del Nordstream: gasdotto progettato da Russia e Germania per incrementare la dipendenza dell’Unione Europea dalle forniture di gas russo.

Renzi è contrario al raddoppio del Nordstream, concepito per veicolare 110 miliardi di metri cubi di gas russo dalla Russia alla Germania attraverso il fondale del Mar Baltico, perché il progetto de facto decreterebbe il tramonto definitivo del Southstream, gasdotto progettato dalla Russia per veicolare in Italia 63 miliardi di metri cubi di gas.

Opponendosi al Nordstream, Renzi si è accodato al parere della Commissione Europea che, per voce del suo Vice Presidente, Maroš Ševčovič, ha ritenuto il progetto russo-tedesco lesivo degli interessi energetici dell’Unione Europea.

Duda condivide l’impostazione di Ševčovič e, assieme agli altri Paesi dell’Intermarium -Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Romania ed Ucraina- ritiene che il Nordstream sia un progetto politico concepito dalla Russia per dividere l’Unione Europea ed indebolirne i suoi stati membri.


Le alleanze regionali sono la soluzione per l’Europa

Un altro punto di incontro tra Renzi e Duda è l’opposizione all’egemonia della Germania in ambito europeo. Se, da un lato, Roma è fortemente critica della politica di austerità di Berlino, dall’altro Varsavia contesta gli stretti legami bilaterali che la diplomazia tedesca intrattiene con la Russia in ambito politico, militare ed energetico.

Dal colloquio tra Renzi e Duda appare chiaro come la tanto auspicata unità europea sia molto lontana dall’essere realizzata. Da un lato, le posizioni federaliste e mediterraneocentriche di Roma sono, ad oggi, difficilmente conciliabili con quelle centroeuropee e nuovoeuropee di Varsavia. 

Per questa ragione, appare sempre più probabile una prossima evoluzione dell’Unione Europea secondo la creazione di alleanze regionali che, senza compromettere la stabilità politica dell’Unione Europea, né fare naufragare il sogno europeo, sappiano tutelare gli interessi delle singole regioni che compongono l’UE.

Così, l’Intermarium di Duda, nata per tutelare la sicurezza energetica e militare dell’Europa Centro Orientale, potrebbe essere da esempio per la creazione di un’alleanza di Paesi UE che si affacciano sul Mediterraneo.


Matteo Cazzulani

Analista Politico dell’Europa Centro Orientale

@MatteoCazzulani

“Wałęsa agente comunista”: così Kaczynski vorrebbe vendicarsi del leader di Solidarność. 

Posted in Uncategorized by matteocazzulani on February 22, 2016

Pubblicate alcune delle documentazioni che proverebbero la collaborazione del primo Presidente della Polonia libera con i Servizi Segreti della Polonia filo-sovietica. La rivalità con il Capo del Partito di maggioranza nel Paese una delle motivazioni che potrebbero riscrivere la storia d’Europa



Varsavia – 183 pagine destinate a cambiare la storia della Polonia e dell’Europa, dietro le quali, oltre al giallo storico, si celano scenari ancor più inquietanti. Nella giornata di lunedì, 22 Febbraio, l’Istituto per la Memoria Nazionale polacco -IPN- ha reso noto alla stampa documentazioni dei Servizi Segreti della Polonia Popolare che proverebbero la collusione, con il regime filo-sovietico, di Lech Wałęsa: lo storico Capo del sindacato autonomo Solidarność, primo Presidente della Polonia libera, nonché guida del processo democratico che ha portato Varsavia, nel 1989, a divenire una moderna democrazia europea con un’economia di mercato.

I documenti, ritrovati in casa di Maria Kiszczak -la vedova del Generale Czesław Kiszczak: uno dei gerarchi di spicco della Polonia Popolare giudicato responsabile di eccidi e repressioni politiche- testimonierebbero che Wałęsa ha collaborato con i Servizi Segreti del regime filo-sovietico tra il 1970 e il 1976: un fatto che il leader di Solidarnosc ha negato a più riprese, pur ammettendo, tuttavia, di avere avuto contatti con la polizia di regime.

Dinnanzi alla questione, la società polacca è fortemente divisa. “Wałęsa ha chiuso con il passato sovietico e ha portato la Polonia in Europa: ciò che ha fatto negli anni Settanta, se comprovato, non cambia l’opinione, positiva, che ho di lui” dichiara Piotr, giovane architetto di orientamento politico moderato.

“Si è scoperto quello che già si sapeva: Wałęsa è un agente del regime filo-sovietico che, coerentemente, ha poi continuato a fare politica dopo la sua presidenza” sostiene, invece, Bartosz: ingegnere informatico di orientamento conservatore.

Oltre alla portata storico-sociale, il Caso Wałęsa ha una forte connotazione di carattere politico. Essa, infatti, si ascrive nel solco della rivalità tra Walesa e Jarosław Kaczyński: il Capo del Partito conservatore Diritto e Giustizia -PiS- la forza politica, di maggioranza assoluta nel Paese, alla quale appartengono il Premier, Beata Szydło, il Presidente, Andrzej Duda, e tutti i Ministri del Governo.

Del resto, tra Wałęsa e Kaczyński non è mai corso buon sangue fin dai tempi della comune militanza in Solidarność, anche se il punto di rottura definitivo tra i due si registra quando Kaczyński crea un movimento di protesta contro l’Amministrazione Presidenziale tutto interno all’area Solidarność che accusa il Capo dello Stato di avere collaborato con i servizi segreti della Polonia Popolare.

Il primo atto della guerra tra i due membri di Solidarność si consuma nel 1992, quando il Presidente Wałęsa dimissiona il Governo di Jan Olszewski, appoggiato da Kaczyński, alla vigilia della presentazione di un rapporto che, secondo l’allora ministro degli interni, Antoni Macierewicz -storico braccio destro di Kaczyński- avrebbe comprovato la connivenza tra il leader di Solidarność e il regime della Polonia Popolare.

Con la nomina a Premier di Kaczyński nel 2005, il Governo avvia la Lustrazione: procedura, che avrebbe dovuto portare alla luce i nomi delle persone che hanno collaborato con i servizi Segreti della Polonia Popolare, mirata anche a provare la presunta connivenza di Wałęsa con il regime filo-sovietico. 

Con la caduta del Governo Kaczyński nel 2007, anche il progetto della Lustrazione viene accantonato. Tuttavia, la recente pubblicazione del rapporto su Wałęsa ha, ora, riaperto la diatriba tra il leader di Solidarność e Kaczyński. Il tutto, a tre mesi dal ritorno al potere di Kaczyński che, pur non ricoprendo incarichi di Governo, de facto mantiene una fortissima influenza sia sull’Esecutivo che sulla Amministrazione Presidenziale: una coincidenza che ha non ha lasciato indifferenti.


Oltre al recente ritorno al Governo di Kaczyński, a destare curiosità sulla faccenda sono anche due avvenimenti che hanno visto il Governo polacco perdere prestigio sul piano internazionale.

Con il raggiungimento del compromesso per il mantenimento della Gran Bretagna nell’Unione Europea, che prevede la diminuzione dei diritti sociali goduti dagli emigrati polacchi nelle isole britanniche, Kaczyński ha dimostrato di non avere appeal sul Primo Ministro britannico, David Cameron, finora ritenuto dal PiS il migliore alleato di Varsavia in Europa Occidentale per via della comune ispirazione conservatrice.

Inoltre, la recente dichiarazione di preoccupazione in merito allo stato della democrazia in Polonia espressa del Senatore degli Stati Uniti d’America John McCain -uno dei leader del Partito Repubblicano notoriamente attento alle vicende dell’Europa Centro-Orientale- ha incrinato uno dei legami transatlantici sui quali Kaczynski contava maggiormente.

Nello specifico, McCain ha criticato le riforme di Giustizia e media approvate, di recente, dal Governo polacco: provvedimenti che sottopongono sia i Giudici della Corte Costituzionale, che i Capi di Redazione delle testate televisive e radiofoniche statali al diretto controllo del Governo.

Per via di queste casualità, in molti in Polonia vedono nell’apertura del Caso Wałęsa un’occasione, per Kaczyński, di deviare l’attenzione dei media nazionali ed internazionali dalle crescenti critiche che il Governo di Varsavia sta riscuotendo in campo internazionale.


Intanto i giovani polacchi e parte del Governo guardano a Putin 

Oltre alla questione meramente politica e personale, il Caso Wałęsa potrebbe essere anche l’inizio di una deriva nazionalista in Polonia che -il condizionale è d’obbligo- spingerebbe Varsavia dall’essere il Paese leader della promozione di democrazia e libertà in Europa Centrale ed Orientale di oggi all’allinearsi al fronte dei Paesi membri dell’Unione Europea con chiaro orientamento anti europeo e filo russo, al quale già appartengono Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Grecia e Cipro.

Infatti, la demolizione dell’immagine di Wałęsa porta giocoforza ad una rivalutazione totale del movimento di Solidarność e del percorso non violento che la Polonia ha compiuto verso l’Europa e l’Occidente, così che l’onestà intellettuale e la statura politica dei leader del processo democratico polacco, a partire dal Primo Presidente della Polonia libera, verrebbero, pericolosamente, messe in discussione.

A giovare di questo vacuum storico-culturale potrebbe essere non solo Kaczyński, ma anche la corrente di pensiero, sempre più forte sopratutto tra i giovani, di chi, in Polonia, vede nel Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, l’unico garante della stabilità e dei valori “tradizionali cristiani” nella regione dell’Eurasia.

Del resto, Putin stesso, che ha considerato la caduta dell’URSS “la più grande tragedia del secolo scorso” presenta di proposito la Russia come il Paese storicamente leader degli Stati dell’Ex-Patto di Varsavia e saldamente radicato alle tradizioni cristiane per ottenere l’appoggio alla politica internazionale di Mosca da parte di cittadini europei, perlopiù di estrema destra ed estrema sinistra -ma anche di tanti moderati, come dimostra il caso dell’Italia- delusi dall’Unione Europea e impauriti dallo spettro dell’immigrazione selvaggia.


A supportare la tesi della “putinizzazione ideologica” della Polonia collegata con il Caso Wałęsa è sia la stretta alleanza tra Kaczyński e il Premier ungherese Viktor Orbán -entrambi delusi dall’Unione Europea e fortemente contrari alla politica di accoglienza dei migranti approvata dalla Cancelliera tedesca, Angela Merkel- ma anche il recente varo di una coalizione tra PiS e il Movimento Kukiz’15: forza politica  di orientamento nazionalista e populista fortemente euroscettica e filorussa.

Non a caso, in cambio dell’appoggio a PiS per ottenere la maggioranza necessaria a cambiare la Costituzione, Paweł Kukiz -ex-rock star passato alla politica- ha preteso, e ottenuto, la nomina di giornalisti a lui politicamente vicini, di chiaro orientamento filorusso ed antieuropeo, a Capo delle principali testate televisive e radiofoniche statali.

Se, come dichiarato dal Presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, la Polonia rischia davvero una putinizzazione politica, il Caso Wałęsa, il crescente peso del Movimento di Kukiz e la sempre maggiore influenza delle frange giovanili antieuropee e filo putiniane potrebbero essere i segnali dell’involuzione democratica di un Paese-faro, per ragioni storiche e culturali, della civiltà europea.


Matteo Cazzulani

Analista Politico dell’Europa Centro Orientale

@MatteoCazzulani

“Profughi ucraini”: così la Polonia ha fatto arrabbiare l’Ucraina

Posted in Polonia by matteocazzulani on January 22, 2016

Durante il dibattito sulla questione polacca, la Premier Beata Szydło parla di “un milione di ucraini” riparati a Varsavia. Pronta la reazione dell’Ambasciatore ucraino, Andriy Deshchytsya, che ha sottolineato come gli ucraini in Polonia siano migranti che non percepiscono alcun sussidio sociale



Varsavia – “Migranti” e non “profughi”. Questa è la differenza, testo semantica quanto politica, che ha aperto un acceso dibattito, che rasenta la vera e propria crisi politica, tra Polonia e Ucraina.

Il tutto è iniziato con l’intervento del Premier polacco, Beata Szydło, nel dibattito presso il Parlamento Europeo dedicato alle riforme costituzionali a Varsavia, durante il quale il Capo del Governo della Polonia ha affermato che il suo Paese non è d’accordo con la quota di ricollocazione dei migranti imposta dal piano Merkel dopo avere accolto “circa un milione di profughi dall’Ucraina che nessuno in Europa ha voluto”.

La dichiarazione della Szydło contiene una svista lessicale bella e buona, dal momento in cui il termine “profugo” -“uchodźca” in polacco- ha un significato molto differente, se non dispregiativo, rispetto a “migrante” -“migrant” in polacco.

Ad accorgersene è stato l’Ambasciatore dell’Ucraina in Polonia, Andriy Deshchytsya, che, prontamente, ha emanato una nota stampa per rettificare lo status dei tanti ucraini presenti nel territorio polacco, definendoli non come “profughi”, bensì come “migranti regolari”.

Nello specifico, l’Ambasciatore Deshchytsya ha sottolineato come, a differenza dei profughi, i migranti ucraini in Polonia non ricevono alcun sostegno sociale, pagando di propria tasca le spese per vitto, alloggio e studi e, nel contempo, contribuendo alla crescita dell’economia del Paese che li ha accolti.

Inoltre, Deshchytsya ha evidenziato come in Ucraina si abbia il timore che la questione degli immigrati ucraini possa essere stata utilizzata dal governo polacco come leva politica per esercitare pressione sull’Unione Europea affinché Bruxelles riveda le quote automatiche di ricollocamento dei migranti, che prevedono lo stanziamento in Polonia di 7 Mila profughi ad oggi stanziati in Italia.

La gaffe della Szydło rappresenta un campanello di allarme per un Governo, quello polacco, oggi sotto stretta osservazione da parte della Comunità Internazionale in seguito alla sostituzione repentina dei giudici della Corte Costituzionale e ad una riforma del sistema dei media che ha posto i Direttori delle principali testate pubbliche sotto il diretto controllo dell’Esecutivo.

Varata la coalizione anti ucraina Kaczyński-Kukiz

Eppure, in politica estera il nuovo Governo polacco si era mosso, per lo meno agli esordi, molto bene, rilanciando il ruolo della Polonia come Paese leader dell’Europa Centro Orientale dopo un’epoca nella quale Varsavia ha, invano, cercato un rapporto stretto con la Germania piuttosto che badare alla salvaguardia degli interessi dei Paesi dell’Unione Europea ubicati tra il territorio tedesco e la Russia.

L’Ucraina, della quale la Polonia si è sempre considerata l’avvocato presso le Istituzioni Europee, ha tuttavia smesso di richiamare immagini positive presso l’élite governativa polacca da quando, per via della riforma dei media, ai vertici della televisione statale TVP e dell’emittente radiofonica pubblica sono stati nominati personaggi di estrema destra dalle tendenze apertamente anti ucraine, come Marcin Palade.

La nomina di queste personalità ai vertici di importanti mezzi di informazione è legata alla nascita di una coalizione tra il conservatore Diritto e Giustizia -PiS, il Partito della Szydło che governa in solitaria- e il movimento nazionalista-populista Kukiz ’15, creato dalla rockstar Pawel Kukiz sulla base di proclami antieuropei e filo putiniani.

Lo scopo della coalizione è la riforma della Costituzione voluta dal leader di Diritto e Giustizia, Jarosław Kaczyński, che PiS, malgrado la maggioranza assoluta in parlamento, non può cambiare senza un alleato dalla forza numerica sufficiente che permetta il raggiungimento della maggioranza dei 2/3 dei seggi.

Matteo Cazzulani

Analista politico dell’Europa Centro-Orientale

@MatteoCazzulani

La giusta battaglia di Cameron contro l’ipocrisia di Juncker

Posted in Unione Europea by matteocazzulani on November 12, 2015

Il Primo Ministro britannico propone condizioni ragionevoli per mantenere la Gran Bretagna in un’Unione Europea riformata. Pari opportunità tra eurozona e Paesi extra-Euro la questione principale che l’Unione Europea deve risolvere per mantenersi viva e forte nel Mondo



Varsavia – La richiesta di riforma dell’Unione Europea del Primo Ministro britannico, David Cameron, è una battaglia per un’UE più equa, contro lo strapotere -e l’arroganza- dell’Asse franco-tedesco. Nella giornata di lunedì, 9 Novembre, con una lettera inviata al Presidente del Consiglio Europeo, il polacco Donald Tusk, Cameron ha posto quattro condizioni per la permanenza della Gran Bretagna all’interno dell’Unione Europea: maggiore ruolo dei Parlamenti nazionali, deregulation per favorire imprese, sviluppo e lavoro, limitazione delle migrazioni interne, pari diritti tra Paesi della zona euro e Paesi che preferiscono mantenere una propria moneta nazionale.

Se solo su uno dei punti proposti da Cameron, la limitazione delle migrazioni interne, possono essere mosse perplessità -anche se la Gran Bretagna è oggi meta di centinaia di cittadini degli Stati dell’UE del sud alla disperata ricerca di un lavoro che Londra fa fatica ad assorbire nel suo tessuto sociale- per il resto il Primo Ministro britannico pone sul tavolo punti che, se realizzati, possono portare ad un’UE finalmente più attiva e dinamica.

Concedendo maggiore potere ai Parlamenti nazionali, l’Unione Europea diventa maggiormente capace di tutelare gli interessi specifici di quei Paesi la cui voce è finora poco se non per nulla ascoltata a Bruxelles. Inoltre, il ruolo dei Parlamenti nazionali è maggiormente vincolante rispetto a quello di un Parlamento Europeo al quale, ad oggi, non si è voluto concedere poteri legislativi, bensì solamente consultativi.

Per quanto riguarda la deregulation, Cameron propone di eliminare quegli ostacoli burocratici che, ad oggi, limitano sia la libera iniziativa in ambito economico -il vero sale della salute economica di ogni Paese, dato che la possibilità di aprire attività commerciali senza uno stato controllore ed impositore di tasse crea lavoro e benessere- sia la presa di decisioni importanti per il futuro dell’Unione Europea, come l’approvazione del Trattato di Partnership Trans Atlantica -TTIP- per creare una zona di libero scambio tra UE e Stati Uniti.

Sulla questione delle pari opportunità tra Paesi della Zona Euro e Paesi extra-Euro, Cameron solleva una questione sacrosanta, dal momento in cui, ad oggi, l’appartenenza all’eurogruppo è un discrimine adottato dall’asse franco-tedesco per favorire alcuni Paesi membri dell’Unione Europea piuttosto che altri. 

Ne sono esempio Polonia, Lituania e Romania, Paesi non appartenenti all’eurozona -la Lituania appartiene all’eurogruppo dal 2015- che nel 2012 hanno visto inascoltato, e calpestato il diritto ad opporsi alla realizzazione del Nordstream, gasdotto progettato da Russia, Germania, Francia, Olanda e Belgio per incrementare la dipendenza dell’Europa dalle forniture di gas russo bypassando i Paesi membri dell’UE dell’Europa Centro Orientale.

La battaglia di Cameron per la riforma dell’Unione Europea è dunque una battaglia di civiltà per un’Europa più equa, in cui i diritti di tutti i Paesi siano rispettati, e in cui i bisogni di ogni Stato membro siano compresi e risolti. 

Ad esempio, la richiesta attuale di Gran Bretagna, Polonia, Danimarca, Romania e Croazia -Stati non appartenenti alla zona Euro- di una maggiore presenza della NATO in Europa Centro Orientale per garantire la sicurezza nazionale dei Paesi della regione messa a repentaglio dalle continue provocazioni militari russe ai confini della UE è fortemente opposta da Germania, Francia, Italia, Olanda e Belgio, Paesi della zona euro legati strettamente alla Russia di Putin da interessi che, come nel caso del sopracitato Nordstream, infrangono la solidarietà interna dell’Unione Europea in materia di energia e difesa.

Tusk nel mirino della “vecchia Europa”

Oltre alla questione statutaria, la proposta di Cameron si intreccia con una querelle interna alle Istituzioni europee tra il Presidente del Consiglio Europeo Tusk, e il Presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, tra i quali, nonostante la comune appartenenza al Partito Popolare Europeo, non corre buon sangue.

Secondo fonti ben informate, che hanno chiesto l’anonimato, Juncker, politico di lungo corso delle Istituzioni Europee con buoni contatti ed una padronanza linguistica adatta ad ottenere il consenso di tedeschi e francesi, starebbe orchestrando il dimissionamento di Tusk che, al contrario, ha ancora poca esperienza in Europa ed è gravato da una scarsa conoscenza dell’inglese.

Il motivo della rivalità di Juncker con Tusk è legato a due fattori. In primis, la nazionalità di Tusk, in quanto molti dirigenti UE mal digeriscono la presenza di un esponente di un Paese non appartenente alla zona euro -e ancor più appartenente all’Europa Centro Orientale- a Capo di una delle tre Istituzioni europee.

In secondo luogo, Juncker intrattiene stretti rapporti con Putin, come dimostrato dalle recenti dichiarazioni con cui il Presidente della Commissione Europea in persona ha sostenuto la necessità di rompere con la tradizionale alleanza dell’UE con gli USA proponendo l’eliminazione delle sanzioni imposte alla Russia in seguito all’annessione della Crimea e all’occupazione dell’Ucraina Orientale.

Ponendosi in contrapposizione a Juncker, esponente di una “vecchia Europa” filorussa, antiamericana e polonofoba -orientamento condiviso in Italia da Berlusconi, Salvini, Meloni, Grillo e Gentiloni- Cameron sostiene una coraggiosa riforma per un’Unione Europea davvero in grado di agire da protagonista nel Mondo del XXI Secolo come parte della Comunità Occidentale stretta alleata di Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia e degli altri Paesi che hanno in democrazia, libertà e progresso i propri principi fondanti. 

Qualora, invece, dovesse vincere la linea Juncker, l’Unione Europea finirebbe inevitabilmente per diventare un rottame politico, vassallo della Russia e preda facile del terrorismo internazionale che, così come Putin, nella divisione interna tra “Vecchia Europa” ed “Europa extra-euro” vede l’unica possibilità di affossare una volta per tutte la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa.

Matteo Cazzulani

Analista Politico dell’Europa Centro Orientale

@MatteoCazzulani

Polonia: presentato il Governo Szydło

Posted in Polonia by matteocazzulani on November 10, 2015

Il Presidente del Partito conservatore Diritto e Giustizia, Jaroslaw Kaczynski, approva la candidatura a Premier della Vicepresidente del Partito. L’atlantista Waszczykowski e il controverso Macierewicz nominati rispettivamente Ministri di Esteri e Difesa

Varsavia – Non sono mancate le sorprese nella formazione del nuovo Governo della Polonia, un Esecutivo monocolore retto dal Partito conservatore Diritto e Giustizia -PiS- la forza politica che ha ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento dopo la storica vittoria nelle Elezioni Parlamentari della scorsa Domenica, 25 Ottobre.

Durante una conferenza stampa, nella giornata di lunedì, 9 Novembre, il Presidente del PiS, Jaroslaw Kaczynski, ha presentato la Vicepresidente del Partito, Beata Szydło, come nuovo Premier della Polonia, così come preannunciato durante la campagna elettorale.

A sua volta, la Szydło ha presentato la rosa dei Ministri del nuovo Governo, tra cui spiccano i Vicepremier Piotr Glinski -Professore di sociologia candidato a più riprese dal PiS come Premier di un Governo tecnico- e Jaroslaw Gowin, leader del Partito conservatore Polonia Insieme -PR- i cui candidati, nelle Elezioni, hanno corso nelle liste del PiS.

La nomina a Vicepremier di Gowin, proposto come Ministro della Difesa durante la campagna elettorale, ha lasciato la porta aperta alla nomina alla guida del Dicastero della Difesa di Antoni Macierewicz, figura controversa impegnata nel chiarimento delle cause della Catastrofe di Smolensk, nella quale, nel 2010, è stato ucciso il Presidente Lech Kaczynski, il fratello gemello di Jaroslaw.

Altra nomina importante è quella a Ministro degli Esteri di Witold Waszczykowski, diplomatico di chiaro orientamento atlantista che, come Vicesegretario alla Difesa, ha negoziato l’accordo per il dislocamento degli elementi dello Scudo Spaziale USA in Europa Centrale nel 2008.

Con la nomina del Professor Glinski a Vicepremier con delega alla Cultura, il nuovo Governo polacco intende porre le tematiche culturali al centro dell’attività di Governo, un aspetto che potrebbe portare sia ad una maggiore riflessione storica sui rapporti con importanti vicini della Polonia come Ucraina e Lituania, che ad un peggioramento delle relazioni con Kyiv e Vilna.

D’altro canto, la nomina di Macierewicz lascia presagire la riapertura del dossier sulla Catastrofe di Smolensk, su cui il Governo della moderata Piattaforma Civica -PO, la forza partitica che ha governato la Polonia negli ultimi 8 anni- ha lesinato ogni indagine approfondita.

Infine, la nomina di Waszczykowski testimonia una svolta in Politica Estera in senso atlantista e più attento a rendere la Polonia il Paese-leader dell’Europa Centro Orientale, dopo anni in cui, sempre sotto i Governi PO, la Polonia ha guardato quasi solo alla Germania come partner strategico per rafforzare la propria posizione in seno all’Unione Europea.

La querelle sul vertice UE

Il Governo Szydło sarà chiamato al voto di fiducia in occasione della prima seduta del nuovo Parlamento, che il Presidente polacco, Andrzej Duda, ha fissato per giovedì, 12 Novembre, una data che coincide con il vertice informale sull’immigrazione convocato dal Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk.

La scelta della data ha creato una polemica, dal momento in cui il Premier uscente, Ewa Kopacz, formalmente la leader in Parlamento della PO -alla quale appartiene Tusk- non potrà presenziare al vertice europeo.

Dal canto suo, il Presidente Duda ha lamentato di non essere stato informato della convocazione del vertice europeo, pertanto, a suo dire, la scelta di convocare la prima seduta del Parlamento è stata presa in linea con il calendario degli impegni del Governo di cui l’Amministrazione Presidenziale è al corrente.

Matteo Cazzulani
Analista Politico dell’Europa Centro Orientale
@MatteoCazzulani

IMG_0475.JPG

La Polonia al voto tra incertezze e sicurezze

Posted in Polonia by matteocazzulani on October 24, 2015

Come confermato da tutti i sondaggi, i conservatori del PiS hanno quasi in tasca la vittoria che pone fine a 8 anni di Governo moderato della PO, ma potrebbero avere problemi nel trovare partner di coalizione. L’assenza di Tusk, la scarsa energia del Premier Kopacz, e il conservatorismo moderno del Presidente Duda le ragioni del cambio di epoca politica

Varsavia – Le elezioni parlamentari polacche di Domenica, 25 Ottobre, sono un cambio di epoca politica annunciato, con però più punti interrogativi che certezze.

Come rilevato da tutti i sondaggi, il principale partito dell’opposizione, il conservatore Diritto e Giustizia -PiS- otterrà la maggioranza dei consensi, superando, per la prima volta dal 2007, la moderata Piattaforma Civica -PO- finora al Governo assieme al partito contadino PSL.

Le ragioni del vantaggio PiS sono legate innanzitutto alla debolezza della PO, che dopo la nomina a Presidente della Commissione Europea di Donald Tusk -unico Premier della storia della Polonia ad avere ottenuto una riconferma nelle urne nel 2011- non ha saputo trovare né nell’attuale Premier Ewa Kopacz, né in nessun altro esponente un leader in grado di portare avanti l’ottimo lavoro finora svolto.

Altro motivo del vantaggio di PiS è la svolta in senso moderato di un partito finora descrivibile come radical-clericale verso un conservatorismo moderno in linea con i Tory britannici, una scelta politica legata al ridimensionamento del ruolo del Capo di PiS Jaroslaw Kaczynski, che ha ben pagato come dimostrato dalla vittoria nelle Elezioni Presidenziali del giovane Andrzej Duda lo scorso Maggio.

Le differenze tra PiS e PO, guidati rispettivamente da Beata Szydło e dal Premier Kopacz, sono inoltre evidenti per quanto riguarda diversi punti, come la politica estera, il rapporto con l’Europa, la politica previdenziale ed il lavoro.

In politica estera, PiS intende rafforzare la posizione della Polonia come leader regionale per garantire la sicurezza della Polonia, e più in generale dell’Europa Centro Orientale, sul piano militare, energetico ed economico all’interno di un’Unione Europea sempre più germanocentrica.

La PO, invece, intende mantenere la Polonia in stretta alleanza con la Germania all’interno di un’UE nella quale, secondo i moderati, Varsavia può contare di più solo se amica di Berlino.

Per quanto riguarda il tema dei migranti, PiS si oppone al sistema di distribuzione automatica dei migranti che la Merkel intende imporre ai Paesi dell’Unione Europea per ricollocare i cosiddetti “profughi politici” che intendono stabilirsi in Unione Europea.

La PO, da parte sua, solo a parole si oppone alla ridistribuzione automatica dei migranti, ma, sotto pressione della Germania, presso il Consiglio Europeo ha votato a favore del piano Merkel.

Sul piano del lavoro, PiS intende incrementare la paga minima, mentre la PO si oppone ai “contratti spazzatura”.

PiS propone l’abbassamento dell’età pensionabile a 65 anni, mentre la PO sostiene politiche per sostenere l’invecchiamento attivo.

Verso la Grande Coalizione

Dal risultato delle Elezioni potrebbe tuttavia originarsi uno scenario che non necessariamente divide PiS e PO in due schieramenti avversi. Secondo gli ultimi sondaggi, PiS, che ingloba in sé altri due Parititi conservatori, Polonia Solidale e Polonia Insieme, non avrà i voti necessari per governare in solitaria.

Tra i possibili partner di coalizione di PiS, dato al 32%, vi sono i movimenti populisti di destra Kukiz 15 e KORWiN, dati entrambi al 6%, ma anche i contadini del PSL, finora in coalizione con la PO, dati al 5%.

Un’altra possibilità è la realizzazione di una coalizione anti-PiS, nella quale oltre alla PO, data al 20%, entrerebbero la Sinistra Unita, data al 9%, il partito di ispirazione Social-liberale Moderna, dato all’8%, ed il PSL.

Tuttavia, una possibilità ben accreditata è la realizzazione di una Grande Coalizione PiS-PO, un’opzione ventilata dalla stretta collaborazione tra il Presidente Duda e il Ministro degli Esteri, Grzegorz Schetyna, influente esponente PO che, dopo la sconfitta annunciata dei moderati, si appresta a prendere le redini del Partito.

La Grande Coalizione tra PiS e PO finirebbe, tuttavia, per favorire l’ascesa delle forze populiste all’opposizione, una situazione che ricorda molto quella italiana, in cui movimenti estremisti -Lega Nord e Movimento 5 Stelle- si presentano come unica alternativa al Governo delle forze moderate -Partito Democratico, Nuovo Centro Destra, UDC.

Matteo Cazzulani
Analista Politico dell’Europa Centro Orientale
@MatteoCazzulani

IMG_9740-0.PNG