LA VOCE ARANCIONE. Il Blog di Matteo Cazzulani

Conoscere la storia d’Europa: visita al Museo delle Vittime del Genocidio di Vilna

Posted in Paesi Baltici by matteocazzulani on August 24, 2012

Ungheria, Polonia e Lituania il giorno dell’Anniversario del Patto Molotov-Ribbentrop hanno ricordato le vittime dei totalitarismi comunista e nazista. Una visita virtuale all’esposizione museale lituana.

Vilna (Lituania) – Ungheria, Polonia e Lituania: tre Paesi dell’Europa Centrale uniti nel comune ricordo delle stragi compiute dai totalitarismi del Ventesimo Secolo. Nella giornata di giovedì, 23 Agosto, e stata celebrata la Giornata Europea del Ricordo delle Vittime dei Regimi Totalitari, istituita per commemorare i milioni di morti provocati dal comunismo e dal nazismo in Europa Centrale ed Orientale durante tutto il Novecento.

La commemorazione più importante ha avuto luogo a Budapest, dove le Autorità ungheresi e polacche si sono riunite per celebrare solennemente la ricorrenza.

Come sottolineato dal Sottosegretario di Stato del Ministero della Giustizia polacco, Wojciech Wegrzyn, il 23 Agosto 1939, con la firma del Patto Molotov-Ribbentrop, ha avuto inizio la collaborazione tra l’Unione Sovietica e la Germania nazista, che ha portato alla spartizione dell’Europa Centrale tra Mosca e Berlino, e alla realizzazione nel cuore del Vecchio Continente di eccidi e violenze che non bisogna dimenticare.

“Stalin ed Hitler credevano nell’eternità del tempo e nel permanere per sempre dei loro regimi – ha dichiarato il Primo Ministro ungherese, Viktor Orban – Essi credevano che fosse possibile cancellare il ricordo del passato. Si sono sbagliati, e noi oggi non dobbiamo dimenticare quanto da essi compiuto”.

La celebrazione e avvenuta su iniziativa di Ungheria e Polonia nel Museo del Terrore di Budapest, la cui costruzione e stata fortemente voluta dal Governo Orban per dare la possibilità alle future generazioni di conoscere con i propri occhi quanto provocato in Europa Centrale dai due totalitarismi.

Il Museo si trova infatti presso la vecchia centrale operativa dei fascisti ungheresi che collaboravano coi nazisti. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’edificio – che oltre alla parte museale conserva le sale dove i dissidenti venivano torturati, detenuti, interrogati e fucilati, e divenuto la sede del Servizio di Sicurezza comunista.

Simile atmosfera di quella di Budapest la si e potuta registrare anche in Lituania. A Vilna, il Giorno del Ricordo delle Vittime dei Regimi Totalitari e stata l’occasione per issare tutte le bandiere presso gli edifici pubblici a mezz’asta, e permettere alla popolazione la visita gratuita al Museo delle Vittime dei Genocidi.

Proprio come il Museo del Terrore di Budapest, il centro museale di Vilna e situato presso la vecchia sede del KGB e dell’NKVD: le due principali emanazioni del regime sovietico responsabili, anche in Lituania, di massacri ai danni di migliaia di avversari politici.

Ad inaugurarla, il 14 Ottobre 1992, e stata un’iniziativa congiunta del Ministero lituano della Cultura e dell’Educazione e della Presidenza dell’Unione dei Prigionieri e dei Deportati Politici. Il 24 Marzo 1997, il Museo e stato riorganizzato per colerebbe del Governo della Lituania, e la sua gestione e stata affidata al Centro Ricerche sul Genocidio e sulla Resistenza lituano.

La struttura, situata presso la centrale via Gedimino, possiede tre piani, entro i quali sono dislocati più di 100 Mila reperti organizzati in un percorso espositivo ben strutturato. La prima sezione, situata sul piano terreno, raccoglie reperti legati a tre fasi della Storia della Lituania.

Si inizia con il periodo tra il il 1940 e il 1941 – quando le armate dell’Unione Sovietica con l’appoggio politico della Germania Nazista hanno occupato la Lituania ed hanno portato al progressivo annichilamento della sovranità politica e culturale dei lituani – per seguire con la Guerra Partigiana lituana tra il 1944 e il 1953 – combattuta dalla Lituania contro la dominazione sovietica, dopo tre anni di occupazione nazista, per ristabilire uno Stato indipendente – e concludere con la soppressione dell’attività bellica dei partigiani, avvenuta con l’eliminazione brutale di 20 Mila combattenti da parte delle forze armate comuniste com il sostegno militare dell’esercito russo.

La seconda sezione e dedicata alla descrizione della vita nei campi di detenzione in Lituania e nel resto dell’Unione Sovietica, dove gran parte dei partigiani lituani e stata spostata con la forza.

Proprio alle deportazioni di massa dei lituani – avvenuta tra il 1944 e il 1991 in maniera scientificamente organizzata per separare nuclei famigliari e rompere legami affettivi tra i sospettati di dissenso al regime comunista – e dedicata la seconda parte della seconda sezione, che comprende anche un’esibizione dedicata alla resistenza popolare nonviolenta all’Unione Sovietica tra il 1954 e il 1991, ed una serie di reperti inerenti all’attività del KGB a Vilna e in altre città della Lituania.

E nel piano seminterrato che si trova la parte più importante del Museo delle Vittime dei Genocidi: la Prigione del KGB. Essa e stata costruita dai sovietici nel 1940 per processare, detenere ed eliminare i dissidenti lituani. Una volta spezzata la guerra partigiana della Lituania, nel 1953, solo 23 delle 50 celle della Prigione sono state utilizzate per la detenzione e gli interrogatori dei prigionieri prima del loro invio nei Gulag in Russia, mentre il resto e stato adibito ad archivio fino all’Agosto del 1991, quando i russi sono stati costretti ad abbandonare la Lituania.

Tra le sale dell’esposizione, di particolare importanza sono i luoghi insonorizzati in cui venivano effettuate le torture, le stanze buie e umide in cui venivano rinchiusi i detenuti dopo gli interrogatori, la “sala dell’acqua” – in cui i prigionieri erano costretti a sostare su uno setto bordo per non cadere in una piscina di acqua ghiacciata – e, infine, la sala delle esecuzioni.

Quest’ultimo luogo si trova in una posizione più isolata, e mantiene l’aspetto tetro e funesto del passato. Dopo una sala in cui veniva compilato il certificato di morte del condannato, segue una stanza di poco più grande, in cui veniva eseguita l’esecuzione. A spiegare come il tutto avvenisse in maniera sistematica e ripetitiva e un filmato, proiettato su uno schermo all’interno della sezione.

Anche ebrei e sacerdoti cattolici tra le vittime dei totalitarismi comunista e nazista

Per concludere, non manca presso la prigione una stanza dedicata alle vittime ebraiche della Shoah provocate dall’occupazione nazista tra il 1941 e il 1944, ed una contenente i reperti appartenuti ai Sacerdoti cattolici impegnati con la preghiera nel sostegno della lotta partigiana: uccisi anch’essi dalla furia comunista per avere rifiutato di collaborare con il regime sovietico.

Matteo Cazzulani

Su Katyn verdetto controverso della Corte Europea dei Diritti Umani

Posted in Polonia, Unione Europea by matteocazzulani on April 17, 2012

Il Tribunale di Strasburgo ha riconosciuto il massacro del fiore dell’intellighenzia polacca per mano dei russi del 1940 come una strage di guerra, ma ha ammesso l’impossibilita di procedere nelle indagini per la mancata collaborazione di Mosca. Secondo le vittime e una dimostrazione della debolezza politica del Vecchio Continente, mentre le Autorità di Varsavia esprimono cauto ottimismo

C’è chi esprime soddisfazione e chi grida vendetta per una giustizia non resa. Nella giornata di lunedì, 16 Aprile, la Corte Europea per il Diritti Umani di Strasburgo ha ritenuto il massacro di Katyn una strage di guerra operata dai russi con il preciso scopo di eliminare l’elite militare e intellettuale polacca, ma nel contempo ha riconosciuto l’impossibilita a procedere a un giudizio definitivo per via dell’assenza di prove.

La sentenza, frutto di un ricorso presentato nel 2009 da 15 tra i famigliari delle 20 Mila vittime del genocidio del fiore dell’intellighenzia della Seconda Repubblica Polacca, operato dall’NKVD nel 1940 su preciso ordine di Stalin, ha toccato un delle pagine più nere della storia europea, nonché un punto dolente nelle relazioni polacco-russe su cui Mosca non ha fatto sufficiente chiarezza.

I russi nel 2004 hanno deciso di congelare le proprie indagini a riguardo, che sono state condotte dal 1998, mentre nel corso dell’iter processuale della Corte di Strasburgo, presieduta da quattro giudici – di nazionalità ucraina slovacca, ceca e russa – si sono rifiutati di presentare la documentazione richiesta perché sottoposta a segreto di Stato.

Un parere in chiaroscuro e stato espresso dal Ministro della Giustizia polacco, Jaroslaw Gowin, che da un lato ha illustrato come la Corte Europea per i Diritti Umani abbia riconosciuto il massacro di Katyn come una strage di guerra, ma nel contempo ha commentato la decisione di arrestare le indagini come la dimostrazione del forte peso che la Russia esercita sulla giustizia di Strasburgo.

L’amarezza della parte offesa

Parere contrario e stato espresso dal Capo della Federazione delle Vittime di Katyn, Izabella Dariusz Skopska, che ha sottolineato come la Corte Europea abbia dimostrato la debolezza delle strutture della democrazia dell’UE, ed ha dichiarato la volontà di continuare a lottare per la giustizia.

Infine, un parere favorevole, seppur cauto, e stato espresso dal Parlamentare Europeo, Pawel Zalewski, che ha illustrato come la Corte Europea per i Diritti Umani si sia fatta portatrice delle principali richieste espresse dalla Polonia, ma ha anche riconosciuto come punto di rammarico la mancata collaborazione della Russia a un’indagine che avrebbe dovuto porre fine su una pagina della storia che resta ancora aperta.

Matteo Cazzulani

MEMORIA STORICA E MAGGIORE INTEGRAZIONE: LA POLONIA GIA’ LAVORA PER L’EUROPA DI DOMANI

Posted in Ukraina by matteocazzulani on November 30, 2011

Il Presidente polacco, Bronislaw Komorowski, rende omaggio alle vittime polacche ed ucraine delle fosse comuni staliniane di Bykovnja, e rilancia il solido rapporto con l’Ucraina, con la speranza di un prossimo ingresso nell’UE. Storico discorso del Ministro degli Esteri, Radoslaw Sikorski, a Berlino, dove, tra gli applausi, evidenzia le soluzioni di Varsavia per rafforzare Bruxelles

Il Presidente polacco, Bronislaw Komorowski

Un gesto di responsabilità nei confronti del passato, con uno sguardo fisso al presente, ed all’immediato futuro. Così si è caratterizzata la giornata politica di lunedì, 28 Novembre, di una Polonia oramai giunta all’ultimo mese di presidenza di turno dell’Unione Europea. Un’incombenza non da poco, che Varsavia sta gestendo al meglio possibile in un periodo di crisi sia sul piano della politica interna che estera.

Nella mattinata, il Presidente polacco, Bronislaw Komorowski, si è recato in Ucraina al cimitero di Bykovnja, nei pressi di Kyiv, dove è stato eretto un obelisco in memoria dei polacchi sterminati dalla polizia staliniana tra il 1939 ed il 1940: dopo la spartizione della Polonia – pianificata d’accordo con la Germania di Hitler – Stalin ha ordinato all’NKVD l’arresto e l’esecuzione di circa 3435 polacchi appartenenti ad intellighenzia ed alte sfere militari, poi seppelliti in fosse comuni a Katyn, Kherson e Kharkiv. In queste località – tristemente note alla storiografia dell’Europa Centrale, ma non ancora a quella del Belpaese – già sorgono memoriali simili a quello in programma a Bykovnja entro il 2012, dove, fino ad oggi, ad essere ricordate sono solo le vittime ucraine di comunismo e nazismo.

“E’ una pagina nera della storia, che accomuna Polonia ed Ucraina in una memoria che non ci deve dividere, ma unire – ha dichiarato Komorowski dinnanzi all’obelisco, in compagnia del suo collega ucraino, Viktor Janukovych – La reale attività dell’NKVD è stata sottaciuta per tutto il periodo sovietico – ha continuato – ma oggi, finalmente liberi, per mezzo della verità storica intendiamo costruire rapporti sempre migliori con i nostri vicini – ha continuato – che hanno condiviso tali barbarie”.

Un concetto che il Presidente polacco ha ripetuto anche nel pomeriggio, quando il tema dei colloqui con Janukovych si è spostato sulla stretta attualità. Komorowski ha invitato il collega ucraino a dare un chiaro segnale di rispetto della democrazia e dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda la Leader dell’Opposizione, Julija Tymoshenko: la detenzione in isolamento dell’ex-Primo Ministro – seguita ad uno dei tanti processi-farsa che le Autorità hanno scatenato a carico di esponenti del campo arancione – può seriamente compromettere la firma di un’Accordo di Associazione UE-Ucraina, con cui Bruxelles intende riconoscere a Kyiv lo status di partner privilegiato, oggi goduto da Svizzera, Islanda, e Norvegia.

“Vorremmo che l’affare Tymoshenko non condizioni le trattative per la conclusione dei negoziati – ha dichiarato il Capo di Stato polacco nella tarda serata, dopo avere incontrato anche il braccio destro della Leader dell’Opposizione, Oleksandr Turchynov – siamo amici e fratelli del popolo ucraino, e ne sosteniamo le legittime aspirazioni europee. Tuttavia – ha continuato – molti dei Paesi UE sono contrari ad ogni Accordo fino a quando Kyiv non ritornerà a rispettare pluralismo partitico e dialettica democratica”.

Sikorski da lezioni di europeismo alla Merkel

Parole di alta responsabilità che hanno fatto eco a quelle pronunciate a Berlino dal Ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski: invitato d’eccezione ad un convegno intergovernativo, organizzato dall’Associazione di Politica Estera Tedesca, il Capo della Diplomazia di Varsavia ha definito con chiarezza proposte e misure per salvare l’Europa dalla crisi.

In primis, maggiore presenza della Polonia nell’ambito decisionale dell’UE, almeno alla pari di quel trio franco-tedesco-italiano che si appresta a riscrivere le regole per salvare la casa comune. Come illustrato da Sikorski, la prima minaccia per il Vecchio Continente è la crisi dell’Euro, di cui si devono occupare tutti i 27 Paesi dell’Unione: compreso chi, come la Polonia, pur non avendo adottato la valuta unica ha un’economia fortemente dipendente dallo stato di salute di eurolandia.

“Non bisogna addossare la colpa della crisi all’allargamento: proprio l’ingresso dei Paesi dell’Europa Centrale ha permesso alle esportazioni tedesche un’incremento da 15 a 95 Miliardi tra il 2004 ed il 2010 – ha evidenziato il Ministro degli Esteri – E’ una questione di fiducia. L’unica risposta possibile è la maggiore integrazione delle istituzioni europee, su cui Varsavia è in prima fila per un lavoro comune ed adeguato”.

Una proposta su cui Sikorski ha fornito esempi concreti, come la diminuzione del numero dei Commissari: dai 27 attuali a non più di 12, designati non più per logiche di appartenenza nazionale, ma, possibilmente, a rotazione, tenendo conto della capacità del singolo politico più che del peso dello Stato di provenienza.

Altra innovazione – che gioverebbe sia all’assetto decisionale del Vecchio Continente che alle casse del bilancio comunitario – è la fusione tra le cariche di Presidente della Commissione Europea e Rappresentante del Consiglio dell’UE: spesso i rispettivi titolari, José Manuel Barroso ed Herman Van Rompuy, si sono occupati delle medesime tematiche, gettando il Vecchio Continente in un’impasse istituzionale inaccettabile per dare risposte concrete alla concorrenza mondiale. Infine, il Capo della Diplomazia polacca ha proposto lo smantellamento di due delle tre sedi UE – Bruxelles, Strasburgo, e Lussemburgo – per un risparmio annuo di non meno di 200 Milioni di Euro.

Il discorso di Sikorski è stato accolto con applausi ed un entusiasmo rari in terra teutonica per un esponente della Polonia – prima di lui, solo il suo predecessore, Wladyslaw Bartoszewski, ha ricevuto simili ovazioni il 28 Maggio 1995, durante l’exposé al parlamento tedesco in occasione del cinquantesimo anniversario della Fine della Seconda Guerra Mondiale. Diversi tra gli esperti hanno addirittura evidenziato come il Ministro degli Esteri polacco abbia saputo proporre una nuova Europa capace di ripartire, e risvegliare nei tedeschi un sentimento europeista ultimamente frustrato dalla crisi: riuscendo laddove lo stesso Cancelliere, Angela Merkel, ha ultimamente arrancato.

“Temo addirittura che la Germania non sia così matura da comprendere il discorso di Sikorski – ha dichiarato Cornelius Ochmann, analista dell’autorevole Fondazione Bertelsmann – a Berlino nessun altro politico dell’ex-blocco orientale ha mai pronunciato parole così cariche di europeismo”.

Matteo Cazzulani

UN ANNO FA LA STRAGE DI SMOLENSK. VICINANZA AL POPOLO POLACCO

Posted in Editoriale, Polonia by matteocazzulani on April 10, 2011

Il 10 Aprile 2010 un incidente aereo ha torlo la vita all’ex-Presidente, Lech Kaczynski, a sua moglie, ed a 94 alte cariche della Repubblica della Polonia. Come esprimere vicinanza a Varsavia in Italia

L'ex-presidente polacco, Lech Kaczynski, e la moglie

96 vittime, ed un intero stato nuovamente decapitato, a 70 anni dallo sterminio di Katyn. Questo quanto successo esattamente un anno fa. Il 10 Aprile 2010, la coppia presidenziale, e le più alte cariche della Repubblica polacca, sono morte nella tragedia aerea di Smolensk.

Un terribile scherzo di una storia che, cinicamente, si è ripetuta nei confronti di Varsavia. l’Aereo, diretto al terminale russo, avrebbe dovuto consentire ai passeggeri di rendere omaggio alle vittime delle fosse di Katyn, nella vicina Bielorussia.

Dove, tra l’aprile ed il maggio 1940, le truppe sovietiche dell’NKVD hanno ucciso il fiore dell’intellighenzia polacca. 22 Mila innocenti, a cui si sono aggiunti georgiani, bielorussi, ucraini, attagli, ed ebrei. Uno dei peggiori massacri voluti da Stalin, su cui la storiografia, sopratutto quella occidentale, continua a tacere.

70 anni dopo, un incidente ha nuovamente privato la Polonia dei suoi vertici. Sulla personalità del Presidente, Lech Kaczynski, molto si è discusso. Conservatore, per i suoi critici è stato troppo estremista in politica interna. In politica estera, ha difeso le ragioni del suo Paese, non senza forti contrasti con Unione Europea e Russia.

Non sta alla Voce Arancione darne un giudizio, né commentarne l’operato. Agli storici tale compito. Bensì, riteniamo opportuno esprimere vicinanza ad un popolo, quello polacco, a noi simpatico e caro.

Un paese, la Polonia, già colpito dai fatti della storia, fin dall’epoca delle spartizioni del 18esimo secolo. E che, ancor oggi, con un nuovo Capo dello Stato, ed un nuovo orientamento in politica estera, continua a faticare a ritrovare se stesso, ed a rappacificarsi con il proprio passato.

Il ricordo in Italia. Dove e come

L’incidente di Smolensk assume un significato ben superiore rispetto alla “sola” scomparsa delle più alte cariche del Paese.

In Italia, chi volesse stringersi attorno al popolo polacco può farlo in due occasioni. A Roma, presso la Chiesa di San Stanislao, l’Ambasciata della Repubblica di Polonia ha organizzato una Santa Messa di suffragio. A Milano, alle ore 11:30, simile iniziativa presso la Chiesa di Santa Maria alla Porta.

La Voce Arancione lo fa, citando il testo della risoluzione a riguardo, presentata al Senato USA dal repubblicano Richard Lugar.

“Gli Stati Uniti esprimono omaggio alle vittime polacche della catastrofe di Smolensk. Ed apprezzano l’attaccamento alla Costituzione con cui la Polonia ha saputo superare questo difficile capitolo della sua storia”.

Matteo Cazzulani

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