Dopo l’Accordo di Associazione, Moldova, Ucraina e Georgia si avvicinano all’Europa
L’Alleanza Pro-Europa, la coalizione di maggioranza del Parlamento moldavo, ha approvato l’Accordo di Associazione con l’UE. Il Parlamento ucraino modernizza la gestione del sistema infrastrutturale energetico agli standard dell’Unione Europea, mentre il Governo georgiano ha incrementato la quantità di gas importata dall’Azerbaijan anche per l’Europa
Una ratifica lampo per un Paese che, così, dimostra la sua alta voglia di Europa. Nella giornata di mercoledì, 2 Luglio, il Parlamento moldavo ha ratificato la firma dell’Accordo di Associazione che il Premier moldavo, Iurie Leanca, ha sottoscritto a Bruxelles con l’Unione Europea lo scorso 27 Giugno.
La ratifica, avvenuta dopo meno di una settimana dalla firma dell’Accordo, è stata possibile grazie al voto dell’Alleanza Pro Europa: la coalizione di Governo composta da Partiti pro-europei di differente orientamento ideologico.
Oltre al Partito Liberal Democratico di Moldova -PLDM- del Premier Leanca, che ha lo status di osservatore presso il Partito Popolare Europeo, l’Alleanza Pro-Europa è composta anche dal Partito Democratico di Moldova del Presidente del Parlamento, Marian Lupu -che fa parte nella qualità di osservatore del Partito dei Socialisti Europei- e dal Partito dei Liberali Riformisti -PLR- che partecipa come osservatore all’Alleanza dei liberali e Democratici Europei.
Assente dalla votazione è stato però il Partito Comunista di Moldavia -PCM- la prima forza politica per numero di parlamentari che, per via del suo orientamento anti-occidentale, ha espresso piena contrarietà all’avvicinamento di Chisinau all’Europa.
Oltre alla Moldova, passi in avanti verso l’Europa sono stati compiuti dall’Ucraina, che, nella giornata di venerdì, 4 Luglio, ha visto approvare dal Parlamento una Legge che armonizza la gestione del sistema infrastrutturale energetico ucraino al regolamento UE in materia.
Nello specifico, la Legge ha separato la gestione della compravendita del gas dalla gestione del sistema infrastrutturale energetico ucraino, affidate rispettivamente alla compagnia nazionale Naftohaz e alla compagnia Ukrtranshaz.
Inoltre, la legge permette ad enti terzi appartenenti all’Unione Europea e ad altro Paesi della Comunità Energetica Europea -alla quale, oltre ai Paesi membri UE, appartengono Serbia, Moldova, Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Montenegro- di rilevare quote non superiori al 51% nella gestione parziale o totale del sistema infrastrutturale energetico dell’Ucraina.
Alla legge, un emendamento ha poi dato la possibilità anche a compagnie statunitensi di partecipare alla gestione del sistema infrastrutturale energetico ucraino: una decisione che aiuta Kyiv a decrementare la dipendenza dalle importazioni di gas della Russia, di cui Mosca si avvale come forma di coercizione geopolitica nei confronti di Paesi terzi sovrani e indipendenti.
Sempre a proposito di energia, anche la Georgia ha compiuto un passo verso l’Europa con l’incremento della quantità di gas importata dall’Azerbaijan del 20% nell’ultimo anno.
Il flusso di gas dall’Azerbaijan alla Georgia, oltre che per la sicurezza nazionale di Tbilisi, è necessario anche per la realizzazione del progetto di diversificazione delle forniture di gas dell’Europa anche attraverso l’importazione del gas azero in Italia dal territorio georgiano tramite Turchia, Grecia ed Albania.
In UE solo la Lituania in prima fila per la ratifica del documento
Sia l’Ucraina che la Georgia hanno firmato a Bruxelles l’Accordo di Associazione con l’UE, ma, diversamente dalla Moldova, la loro ratifica non è ancora stata fissata in Parlamento.
La mancanza di un voto calendarizzato sulla questione è anche presente presso i Parlamenti dei Paesi membri UE che, così come i Paesi non-UE che hanno firmato l’Accordo, devono ratificare la firma del Documento.
L’unico Paese che finora si è attivato in tale direzione è la Lituania che, come dichiarato dal Premier lituano, Algirdas Butkevicius, intende avviare al più presto le procedure per incentivare l’avvicinamento, e per certi versi anche il ritorno, all’Europa di Moldova, Ucraina e Georgia.
Matteo Cazzulani
Analista Politico di Europa Centro-Orientale
Twitter @MatteoCazzulani
Ecco cosa prevede l’Accordo di Associazione che l’UE ha firmato con Ucraina, Moldova e Georgia
Creazione di un mercato unico con l’abbattimento progressivo delle barriere doganali è quello che prevede il documento che l’Unione Europea ha firmato con il Governo ucraino, moldavo e georgiano. Presente anche una parte politica che interessa l’armonizzazione dei sistemi della Giustizia, della Democrazia e dei Diritti del Lavoro agli standard UE
Un accordo puramente economico e commerciale che allarga le maglie del mercato unico europeo ad Ucraina, Moldova e Georgia e che, comunque, è figlio di un compromesso politico tra i Paesi dell’Europa Centro-Orientale più attenti all’allargamento dell’Unione Europea a Paesi europei per storia, cultura e tradizioni, e quelli dell’Europa Occidentale più attenti a non irritare la Russia di Putin. Questo è, in sintesi, l’Accordo di Associazione con l’Unione Europea che, venerdì, 27 Giugno, Ucraina, Moldova e Georgia hanno firmato a Bruxelles.
Nello specifico, l’Accordo prevede la creazione di una Zona di Libero Scambio con l’abbattimento progressivo delle barriere doganali -previa conformità dei prodotti ucraini, moldavi e georgiani agli standard UE- per i prossimi sette anni da parte dell’Europa, mentre Ucraina, Georgia e Moldova avranno 10 anni di tempo per aprire i loro mercati nazionali alle merci UE.
Per favorire questo, l’UE abbatterà fin da subito le tariffe d’importazione per i prodotti da Ucraina, Moldova e Georgia, che, invece, avranno più tempo per eliminare i dazi per potere così proteggere ambiti sensibili della propria economia come, ad esempio, quello automobilistico in Ucraina.
L’Accordo di Associazione porta vantaggi notevoli per l’Europa, che trova tre mercati in cui collocare i propri prodotti e, così, dare un piccolo ma significativo contributo al rilancio di un’economia in piena crisi.
Per Ucraina, Moldova e Georgia, l’apertura di un mercato economico e commerciale di 500 Milioni di consumatori rappresenta un’importante occasione di sviluppo e progresso tecnico ed industriale, che deve portare le industrie e l’artigianato ucraino, moldavo e georgiano a competere con quello dei Paesi UE.
La firma dell’Accordo di Associazione prevede anche una parte politica, in cui i Paesi firmatari dichiarano di armonizzare agli standard UE anche il loro sistema della Giustizia, gli standard di Democrazia e Libertà e i Diritti del Lavoro.
Questa parte è già stata firmata dall’Ucraina lo scorso 21 Marzo per dare un forte segnale di vicinanza a Kyiv dopo la caduta del regime dell’ex-Presidente ucraino, Viktor Yanukovych, che si è sempre opposto alla conclusione dell’Accordo di Associazione.
Georgia e Moldova, invece, avrebbero dovuto firmare l’intero pacchetto dell’Accordo di Associazione -la parte politica e la creazione della Zona di Libero Scambio- più tardi, ma l’aggressività russa nei confronti dell’Ucraina, con l’occupazione militare della Crimea, ha spinto i vertici UE ad accelerare le procedure per permettere a due Paesi sovrani e indipendenti di attuare una precisa scelta geopolitica senza essere influenzati dal ricatto della Russia.
Proprio la Russia è il Paese che, più di tutti, si oppone ad un Accordo che è tutto fuorché politico, ma che per Mosca rappresenta tuttavia un’avvicinamento inaccettabile all’Europa di Paesi sovrani ed indipendenti su cui il Presidente russo, Vladimir Putin, ha sempre nutrito ambizioni espansionistiche.
Putin ha già invitato l’Ucraina con le maniere forti a non firmare l’Accordo di Associazione dapprima con le ritorsioni commerciali, poi con l’interruzione delle esportazioni di gas, con la rinegoziazione imposta del prezzo del carburante venduto a Kyiv e, infine, con l’aggressione militare in Crimea e nelle regioni orientali del Paese.
Alla Moldova, il Vice-Premier russo, Dmitry Rogozin, ha promesso ripercussioni sulle esportazioni in Russia di materiale industriale e vino prodotto da Chisinau, ed ha ventilato simili ripercussioni sul piano energetico a quelle applicate all’Ucraina, senza escludere la pista militare con l’invasione della Transnistria: lingua di terra tra Moldova ed Ucraina ad oggi controllata da un regime filorusso.
Differente è il caso della Georgia, che, oltre ad avere ancora aperte le ferite di Abkhazia ed Ossezia del Sud -regioni georgiane occupate militarmente dai russi nel 2008- può comunque contare su una minore dipendenza dal gas della Russia, importando carburante anche da Azerbaijan ed Iran.
Tuttavia, non è escluso un intervento militare della Russia anche in Georgia, volto sopratutto a bloccare il Gasdotto del Caucaso del Sud: infrastruttura che veicola il gas dell’Azerbaijan in Turchia, dalla quale dipende il progetto di diversificazione delle forniture di gas dell’UE.
Per decretare la dipendenza dal gas russo, di cui Mosca si avvale come mezzo di coercizione geopolitica nei confronti sia dell’UE che di Paesi sovrani e indipendenti come Ucraina, Moldova e Georgia, l’Europa ha progettato, oltre ai rigassificatori per ricevere LNG da Qatar, Norvegia, Egitto e Stati Uniti d’America, anche il Corridoio Meridionale per importare in Italia gas dell’Azerbaijan dalla Georgia attraverso Turchia, Grecia ed Albania.
Kyiv e Chisinau reagiscono al niet di Putin
Nel frattempo, pronta è stata la reazione del Presidente ucraino, Petro Poroshenko, che, in risposta all’aggressione militare della Russia, ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale per permettere agli aggressori russi di abbandonare l’Ucraina orientale.
Poroshenko ha tuttavia invitato Putin a rispettare fin da subito il piano di pace che Kyiv ha presentato a Mosca, secondo una richiesta fatta a Mosca anche dal Segretario di Stato USA, John Kerry.
Inoltre, per limitare la dipendenza energetica dalla Russia, l’Ucraina ha avviato importazioni di gas russo proveniente dalla Germania per mezzo dei gasdotti di Ungheria, Polonia e Slovacchia.
Per quanto riguarda la Moldova, che dipende anch’essa fortemente dal gas della Russia, è stata avviata l’importazione di gas dalla Romania per mezzo del gasdotto Iasi-Ungheni.
Matteo Cazzulani
Analista Politico dell’Europa Centro-Orientale
Twitter @MatteoCazzulani
Putin contro l’offerta di pace di Poroshenko e la diversificazione energetica dell’UE
Il Presidente ucraino dichiara il cessate il fuoco unilaterale e propone al Capo di Stato russo un programma per la pace. Mosca ammassa le sue truppe ai confini orientali dell’Ucraina
Poroshenko offre la pace, Putin vuole ancora la guerra. Nella giornata di giovedì, 19 Giugno, il Presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha presentato via telefono al suo collega russo, Vladimir Putin, un piano di pace di quattordici punti per stabilizzare definitivamente la situazione in Ucraina orientale, da tempo occupate da miliziani dell’esercito della Federazione Russa.
Poroshenko, che ha unilateralmente dichiarato il cessate il fuoco da parte dell’esercito ucraino impegnato nella riconquista delle regioni di Donetsk e Luhansk, ha garantito sicurezza ai partecipanti delle negoziazioni, ed ha promesso amnistia per i miliziani russi che depongono le armi in cambio del rilascio immediato degli ostaggi di guerra.
Inoltre, il Presidente ucraino ha stabilito la creazione di una zona demilitarizzata di 10 chilometri a cavallo del confine tra Ucraina e Russia, ha permesso la creazione di un Corrodoio Sanirario per permettere il rimpatrio dei miliziani russi e dei mercenari ucraini, ed ha proposto la riorganizzazione del sistema radiotelevisivo ed amministrativo delle regioni di Donetsk e Luhansk.
Sul piano politico, Poroshenko ha poi dichiarato l’intenzione di indire Elezioni Parlamentari ed Amministrative anticipate, consultazioni frequenti con i Governatori delle regioni dell’Est dell’Ucraina, un programma di incentivi per la creazione di lavoro nelle regioni di Donetsk e Luhansk, decentralizzazione del potere e rafforzamento dell’uso della lingua russa.
Nonostante l’apertura di pace del Presidente ucraino, che ha persino rimpiazzato a Capo del Ministero degli Esteri Andriy Deshchytsya -noto per avere offeso pubblicamente Putin- con il più mite Pavlo Klimkin -Ambasciatore ucraino a Berlino noto per le sue posizioni marcatamente filo europee- la Russia ha risposto concentrando nuove truppe ai confini orientali dell’Ucraina, a pochi chilometri da Luhansk.
“Abbiamo riscontrato il concentrarsi di soldati ed armamenti russi al confine con l’Ucraina: siamo preoccupati per questo passo indietro compiuto da Mosca, che mette a serio repentaglio la realizzazione del piano di pace,mvolto a stabilizzare la situazione in Ucraina orientale” ha dichiarato il Segretario Generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen.
Mosca finanzia la lobby anti-shale in Europa
Rasmussen, a Londra, durante una conferenza presso il noto Think-Tank di politica estera Chatman House, ha poi lanciato l’allarme in merito al sostegno dato dalla Russia alle organizzazioni ambientaliste ed ecologiste che si oppongono in Europa allo sfruttamento del gas shale.
Lo shale è un gas estratto da rocce argillose poste a bassa profondità che, se estratto in Europa, permetterebbe, secondo i dati EIA, a Paesi come Polonia, Francia, Olanda, Danimarca, Romania e Lituania di ridurre al minimo la loro dipendenza dalle forniture di gas dalla Russia.
“Alcuni Paesi dell’Alleanza Atlantica lamentano la campagna mediatica scatenata dalla Russia contro lo sfruttamento dello shale” ha dichiarato Rasmussen, argomentando come vi siano molte associazioni ambientaliste che contestano lo sfruttamento dello shale, che invece è regolarmente sfruttato negli Stati Uniti d’America.
Rasmussen ha poi aggiunto che molte di queste Associazioni ambientaliste, che agiscono per ragioni ecologiche ed ideologiche, sono all’oscuro dei vantaggi che la loro posizione porta alla strategia geopolitica della Russia di Putin, che mira a mantenere l’Europa dipendente dal gas di Mosca.
Lo shale, come la diversificazione delle forniture energetiche dell’Europa messa a punto dall’Unione Europea, è vista come una minaccia al progetto della Russia di mantenere l’Europa sotto il suo controllo.
“La sicurezza energetica è una questione legata a stretto filo con la sicurezza nazionale” ha aggiunto, a ragione, Rasmussen- solo con una maggiore indipendenza energetica l’UE ha la possibilità di diventare davvero forte ed autonoma nel mercato mondiale”.
Matteo Cazzulani
Analista di Politica dell’Europa Centro-Orientale
Twitter: @MatteoCazzulani
Cameron vs. Juncker: e se il Premier britannico ri-avesse ragione?
Il Primo Ministro britannico minaccia di anticipare il referendum sulla permanenza di Londra in Europa se l’ex-Presidente dell’Eurogruppo sarà nominato alla guida della Commissione Europea. I punti su cui Cameron potrebbe avere ragione nel contestare l’Europa delle banche e del vecchio motore franco-tedesco
All’indomani della decisione del Primo Ministro britannico, David Cameron, di non accettare la riforma del Trattato di Lisbona, un fatto che ha de facto posto la Gran Bretagna al di fuori della schiera dei Paesi promotori di una maggiore integrazione europea, nel 2012 scrissi un articolo dal titolo, chiaramente provocatorio, “E se Cameront avesse ragione?”.
In esso, ipotizzavo che la posizione di Cameron dovesse favorire la comprensione del fatto che l’Unione Europea non dovesse essere un processo fine a sé stesso a conduzione unicamente franco-tedesca, bensì punto di partenza per la realizzazione di un’Unione Trans Atlantica con gli Stati Uniti di Obama e con il Canada: un super Stato dell’Occidente basato sui principi di Democrazia, Diritti Umani, Progresso e Libertà.
Oggi, all’indomani della dichiarazione di Cameron in merito all’intenzione di anticipare la data del referendum per la permanenza della Gran Bretagna in Europa qualora Jean Claude Juncker sarà nominato presidente della Commissione Europea, mi sento di riproporre il medesimo titolo, con il chiaro scopo di invitare ad una riflessione ben più profonda dell’accusa di isolazionismo mossa, forse con troppa superficialità, al Primo Ministro britannico.
Cameron ha argomentato la sua minaccia con il fatto che Juncker, a suo avviso, rappresenta un’icona del federalismo europeo di vecchio stampo che, per via della sua età avanzata e della sua estrazione geografica e politica, è incapace di riformare l’Unione Europea secondo i desiderata della Gran Bretagna.
La posizione di Cameron è chiaramente sbagliata, in quanto Juncker, candidato alla Presidenza della Commissione del Partito Popolare Europeo PPE -la forza politica che ha vinto le Elezioni Europee- è legittimato dal voto popolare: andare contro la volontà dei cittadini sarebbe un errore grossolano che priverebbe l’UE di quella svolta di democrazia necessaria per la costituzione di un’Europa più forte e più protagonista nel Mondo.
Tuttavia, il timore di Cameron in merito alla reale capacità di Juncker di cambiare l’Europa è tutt’altro che errata: il candidato del PPE, che proviene da una decennale esperienza alla guida dell’Eurogruppo, difficilmente saprà comprendere l’importanza di porre fine ad un’Europa incentrata unicamente sull’Asse franco-tedesco per evolvere l’UE in un organismo in cui tutti gli Stati, in primis Polonia, Italia e Gran Bretagna, siamo finalmente posti sullo stesso piano di Parigi e Berlino.
Juncker, per via della sua appartenenza politica, è anche poco probabile che sia capace di realizzare un necessario cambiamento delle politiche di austerità, che senza provvedimenti tesi a lavoro e crescita, risulta essere sterile e nociva per la società europea.
Da Juncker, dunque, nihil novi rispetto a quanto fatto finora da Barroso: nominarlo a Capo della Commissione Europea potrebbe portare ad avere un leader capace e preparato che, tuttavia, potrebbe faticare a cogliere la necessità di un radicale cambiamento per restituire fiducia e speranza nel sogno europeo.
Se presa sotto questi termini, la protesta di Cameron potrebbe anche essere ritenuta uno stimolo necessario ad andare oltre all’Europa che oggi conosciamo, e che Juncker sembra proprio essere intenzionato a non cambiare nel suo profondo.
Seppur non condivisibile nei modi e nei toni, la minaccia di Cameron deve anche spingerci a comprendere la necessità di implementare i lavori per la realizzazione dell’Unione Trans Atlantica, affinché Europa, USA e Canada siano un domani unite in un unico mercato che consenta all’Occidente, e non alla sola UE, di tenere testa alle altre superpotenze mondiali, quali Cina, India e Russia.
La posizione di Cameron, dunque non va commentata solo come un impedimento al rafforzamento politico dell’Europa, bensì va colta come uno stimolo prezioso a procedere in una più giusta direzione, prima che, come già ci dimostrano la crescita della Cina, la vittoria dei nazionalisti in India, e l’aggressione militare della Russia in Ucraina, sia troppo tardi.
Per questo, oltre che ad attaccare -giustamente- Cameron per la sua opposizione agli Stati Uniti d’Europa, sarebbe anche bene chiedersi se è davvero nell’interesse dell’Europa restare ancorati ad una concezione arcaica di UE incentrata solo sul motore franco-tedesco che, timidamente, si rifiuta di ricoprire un ruolo da protagonista nel Mondo.
Personalmente, trovo nella concezione di politica estera della Polonia, nell’attaccamento storico e culturale al concetto di Europa della Repubblica Ceca, nella politica energetica della Romania, nella politica industriale e tecnologica di Estonia, Lettonia e Lituania, e nella politica di difesa della Gran Bretagna, un incentivo molto più utile al rafforzamento politico dell’Europa di una concezione carolingia che condanna l’UE ad una pozione marginale nel Mondo.
Matteo Cazzulani
Analista di Politica dell’Europa Centro-Orientale
Twitter: @MatteoCazzulani
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