UCRAINA: LA BANDIERA ROSSA FA ANCORA DISCUTERE
Altri contrari al simbolo URSS accanto a quello nazionale il Giorno della Vittoria. Sia tra le fila della maggioranza, che dell’Opposizione Democratica. Ad Ivano-Frankivs’k dimostrazione colorita
Tutti la votano ma nessuno la vuole. Diverse sono le voci che venerdì, 22 Aprile, si son alzate contro l’ordine di issare la bandiera rossa accanto a quella nazionale in tutti gli edifici pubblici, il Prossimo 9 Maggio.
A sorpresa, contrario si è dichiarato il Ministro degli Esteri, Kostjantyn Hryshchenko, che ha escluso l’esposizione del vessillo URSS presso le ambasciate ucraine, sia il giorno in cui si commemora la vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, sia in altre occasioni.
Critiche anche da parte dell’ex-Speaker del Parlamento, Arsenij Jacenjuk, che ha accusato la maggioranza di condotta antipatriottica. Secondo il Deputato Nazionale di Nasha Ukrajina-Narodna Samooborona, l’esposizione del vessillo sovietico è strettamente collegata al progetto di partnership dell’Ucraina nell’Unione Doganale russo-bielorusso-kazaka. Una scelta di campo che comporterebbe l’esclusione di Kyiv dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, e la rinuncia ad ogni forma di membership con l’Unione Europea.
Sulla medesima frequenza il principale gruppo dell’Opposizione Democratica, il Blocco Tymoshenko-Bat’kivshchyna. Il quale, con una nota, ha illustrato la pericolosità di un provvedimento che non rispetta chi, in nome di un’Ucraina Indipendente, dopo avere combattuto i nazisti, è stato ucciso dai comunisti.
Un Consiglio Regionale particolare
Proprio il capogruppo di Bat’kivshchyna al Consiglio Regionale di Ivano-Frankivs’k, Jurij Romanjuk, ha proposto la convocazione di una sessione straordinaria proprio per il 9 Maggio. Da tenersi, in via dimostrativa, sul tetto dell’edificio. E con la partecipazione delle forze politiche patriottiche non rappresentate nell’organismo locale.
Deciso a non rispettare l’ordine anche il Consiglio Comunale di Leopoli. Viceversa, a favore della bandiera rossa il Giorno della Vittoria, si sono espresse le città di Odessa e Zhytomir.
Giovedì, 21 Aprile, la Rada ha approvato l’obbligo di esposizione del vessillo del 150esimo battaglione Kutuzov II accanto a quello nazionale. Favorevoli alla proposta, presentata dal comunista Petro Cybenko, la maggioranza compatta, la Kompartija, la Narodna Partija, ed il Partija Rehioniv – la forza politica, egemone nel Paese, a cui appartengono il Presidente, Viktor Janukovych, il Premier, Mykola Azarov, e quasi tutti i membri del Consiglio dei Ministri.
Matteo Cazzulani
UCRAINA: ANCORA POLEMICHE SUGLI ACCORDI DI KHARKIV
Ad un anno dagli accordi con la Federazione Russa, e la battaglia delle uova e dei fumogeni alla Rada, diverse le proteste. L’Opposizione Democratica ne richiede la revoca in Parlamento. ONG, in Tribunale. La maggioranza li difende. Gli esperti ne criticano l’effettiva convenienza
Un anno fa a volare sono stati uova e fumogeni alla Rada. Oggi, carte bollate in Tribunale, e dichiarazioni sui media. Il 22 Aprile 2010 il Presidente ucraino, Viktor Janukovych, ha siglato con il suo collega russo, Dmitrij Medvedev, gli Accordi di Kharkiv.
Un patto bilaterale con cui, per ottenere uno sconto sul gas, di circa il 30%, Kyiv ha concesso il prolungamento della permanenza della Flotta Russa del Mar Nero in Crimea. Fino al 2042.
Una decisione controversa, approvata in Parlamento in una seduta surreale, con i Deputati dell’Opposizione Democratica armati di uova, fumogeni, striscione, e bandierone nazionale. Un anno dopo, gli Accordi stretti nella capitale dell’Ucraina sovietica fanno ancora discutere.
A denunciarli alla Magistratura ucraina, un attivista dell’ONG Opir, Andrij Levus, che ne ha preteso da Janukovych la cancellazione ed il riconoscimento della loro sterilità politica.
Maggiormente dimostrativa l’iniziativa del Blocco Tymoshenko-Bat’kivshchyna. Il principale gruppo dell’Opposizione Democratica ha registrato in Parlamento una mozione per richiedere la revoca di accordi che, anziché diminuire il costo del gas, ha svenduto gli interessi nazionali ucraini.
Come evidenziato dalla sua Leader, Julija Tymoshenko, per l’Ucraina la concessione del prolungamento dell’esercito russo a Sebastopoli, in territorio ucraino, ha significato la cessione di parte dell’indipendenza politica ed economica. Senza alcun vantaggio energetico.
Di diverso avviso il Primo Ministro, Mykola Azarov, che ha giustificato il documento con la necessità di porre una modifica ai precedenti patti stretti dalla stessa Julija Tymoshenko – al tempo a capo del Consiglio dei Ministri – con il suo collega russo Vladimir Putin.
Il 19 Gennaio 2009, l’anima della Rivoluzione Arancione ha accettato gas a prezzi di mercato. In cambio, riuscendo ad eliminare l’onerosa clausola Prendi o Paga – che ha obbligato Kyiv ad acquistare un cospicuo tetto di gas, a prescindere dal suo effettivo utilizzo. E, sopratutto, a garantire al suo popolo un inverno finalmente al caldo, dopo anni di incertezze e di Guerre del Gas con Mosca.
L’analisi degli esperti
Concorde con la sterilità degli Accordi di Kharkiv, l’esperto del Centro Razumkov, Valerij Chalij, che li ha evidenziati come una vittoria diplomatica della Federazione Russa. Una loro cancellazione non solo sarebbe dannosa per le relazioni bilaterali, ma comporterebbe l’immediata richiesta della Russia di un forte indennizzo.
D’altro canto, essi non sono riusciti a garantire il promesso sconto sulla bolletta del gas. Che, il Primo di Agosto del 2010, persino è stata incrementata del 50%.
Secondo le ultime rilevazioni Razumkov, favorevole agli accordi con la Federazione Russa si è espresso il 25% della nazione.
Matteo Cazzulani
UCRAINA: JURIJ LUCENKO RESTA IN ISOLAMENTO
Confermata la detenzione per il Capo di Narodna Samooborona, che inizia uno sciopero della fame. La solidarietà della Leader dell’Opposizione Democratica, Julija Tymoshenko, e dei suoi colleghi di schieramento
“Non so quanto durerà il mio fisico. E’ la prima volta. Mi asterrò dal cibo”. Queste le parole dell’ex-Ministro degli Interni, Jurij Lucenko, a commento della sentenza che lo ha condannato al carcere per ancora un mese.
Giovedì, 21 Aprile, la Corte d’Appello di Kyiv ha confermato la richiesta della Procura Generale di detenere in isolamento l’esponente politico dell’Opposizione Democratica. La motivazione, la mancata cessazione della procedura di presa visione dei capi di imputazione a suo carico.
Accusato di abuso d’ufficio, Lucenko è stato arrestato lo scorso 26 Dicembre, davanti al figlioletto, al ritorno da una passeggiata col cane. Da allora, è rinchiuso in una cella di massima sicurezza, come un carnefice.
Sdegno dei presenti al momento della proclamazione della sentenza. Tra essi, la Leader dell’Opposizione Democratica, Julija Tymoshenko, amica e collega di battaglie politiche di Lucenko.
“Non c’è giustizia – ha dichiarato l’anima della Rivoluzione Arancione – nemmeno per gli altri oppositori. E’ tutto orchestrato dal Presidente, Viktor Janukovych. Lucenko – ha continuato – ricorrerà alla Corte Europea”.
Il sostegno dei colleghi
Mercoledì, 20 Aprile, la liberazione dell’ex-titolare degli Interni è stata richiesta da 60 Parlamentari, di tutti gli schieramenti.
Oltre all’ex-titolare degli Interni, anche Julija Tymoshenko è stata colpita dalla magistratura. L’ex-Primo Ministro è accusata di uso improprio dei fondi per il Protocollo di Kyoto alle uscite sociali, ed acquisto irregolare di vaccini ed ambulanze. Un’ulteriore imputazione le è stata sollevata circa gli accordi del Gennaio 2009 per il rinnovo delle forniture di gas russo, stretti con il suo omonimo russo, Vladimir Putin.
Per tali accuse, la Leader dell’Opposizione Democratica è confinata in Patria. Per due volte, impossibilitata a recarsi a Bruxelles per partecipare al summit del partito Popolare Europeo, di cui è partner.
Oltre a Julija Tymoshenko, e Jurij Lucenko, ancora una decina di esponenti di spicco del campo arancione sono finiti sotto il controllo della magistratura. L’unico a liberarsene, l’ex-Ministro dell’Economia, Bohdan Danylyshyn, riconosciuto perseguitato dalla Repubblica Ceca, che gli ha concesso Asilo Politico.
Matteo Cazzulani
UCRAINA: RIPRISTINATO IL VESSILLO SOVIETICO
La maggioranza approva l’obbligo di esporre la bandiera dell’esercito URSS accanto a quella nazionale il prossimo 9 Maggio, data in cui ricorre la vittoria nella Seconda Guerra Mondiale. Protestano Opposizione Democratica, Chiesa Greco-Cattolica, e Leopoli. Decise a rispettare la memoria di chi, dopo avere combattuto i nazisti, è stato a sua volta vittima dell’Armata Rossa
Bandiera Rossa l’ha trionfata. E trionferà anche il Giorno della Vittoria. Giovedì, 21 Aprile, il Parlamento ucraino ha approvato un decreto che obbliga, per il prossimo 9 Maggio, uffici pubblici ed istituzioni ad issare la bandiera sovietica accanto a quella nazionale. Nello specifico, il vessillo giallo-blu sarà accostato a quello del 150esimo battaglione Kutuzov II, che ha combattuto in Ucraina tra il 1941.
Una contraddizione per chi, legato alla causa nazionale, sulle Rive del Dnipro ha combattuto prima i nazisti. Poi, prevedendo l’arrivo dell’ennesimo regime totalitario, anche l’esercito comunista.
Non la pensano in tale maniera i 260 parlamentari che hanno sostenuto la proposta presentata dal comunista Petro Cybenko. Oltre alla Kompartija, favorevole il gruppo Riforme per il Futuro, la Narodna Partija – facente capo allo Speaker della Rada, Volodymyr Lytvyn – ed il Partija Rehioniv – la forza politica, egemone nel Paese, a cui appartengono il Presidente, Viktor Janukovych, il Premier, Mykola Azarov, e quasi tutti i membri del Consiglio dei Ministri.
“E’ un provvedimento che rende memoria ai nostri padri” ha commentato l’esponente del soggetto filo-presidenziale, Mykhajlo Chechetov.
Pronta risposta dell’Opposizione Democratica. La quale, alla messa in votazione della proposta, ha cercato dapprima di bloccare l’aula. E, successivamente, esposto bandierine nazionali, in risposta a quelle rosse, sventolate dalla maggioranza.
“La bandiera rossa – ha dichiarato il Deputato nazionale di Nasha Ukrajina-Narodna Samooborona, Andrij Parubij – non è un omaggio, ma offende la memoria di chi è stato ucciso dai bolscevichi”.
Sulla medesima frequenza il principale gruppo dell’Opposizione Democratica, il Blocco Tymoshenko-Bat’kivshchyna. Che, con una nota, ha illustrato come la vittoria sui nazisti in Ucraina sia stata merito non solo dell’Armata Rossa, ma anche dei partigiani patrioti. A loro volta, vittime dei sovietici una volta cacciato il tedesco invasore.
Chesa Greco-Cattolica e Leopoli contrari
Oltre a quelle dell’Opposizione Democratica, forti sono le reazioni anche fuori dalla Rada. Il Capo della Chiesa Greco-Cattolica, Svjatoslav Shevchuk, ha invitato la Rada a rispettare la volontà della Nazione, che non interamente riconosce la bandiera rossa come simbolo di libertà. Altresì, come vessillo di una dittatura durata fino al 1991.
Invece, la città di Leopoli ha proibito l’esposizione del vessillo URSS accanto a quello nazionale. A sancirlo, una consistente maggioranza del Consiglio Comunale. Decisa, almeno nel capoluogo galiziano, a rispettare la memoria storica di tutti gli ucraini.
Matteo Cazzulani
GUERRA DEL GAS: TRA UCRAINA E POLONIA TIMIDO PASSO IN AVANTI PER IL RINNOVO DELLE ESPORTAZIONI ENERGETICHE
Dopo due anni, trovato l’accordo politico per la ripresa dell’esportazione di oro blu ucraino in territorio polacco. Da stabilire gli aspetti contrattuali
Gas ucraino ancora in Polonia, contratti permettendo. Secondo quanto riportato dall’autorevole Kommersant” Ukrajina, Kyiv sarebbe pronta a rinnovare la concessione per lo sfruttamento dei propri giacimenti alla compagnia polacca Devon.
Controllata per il 36,37% dal colosso nazionale di Varsavia, PGNiG, e per il 12,2% da quello ucraino, Naftohaz, è stata creata per esportare oro blu estratto in ucraina verso la Polonia.
Un ruolo che, come deciso dai due Presidenti, Viktor Janukovych e Bronislaw Komorowski, la Devon potrebbe ripristinare dopo due anni di stop. E, con esso, porre fine alla Guerra del Gas tra Kyiv e Varsavia. Oramai in corso da circa due anni.
Nel 2004, il Comitato di Stato per le Risorse Naturali ha strappato il diritto di sfruttamento alla compartecipata ucraino-polacca, consegnandolo all’ente privato Ukrnaftoburinnja.
Dopo un estenuante ricorso, il 4 Marzo 2009, il secondo governo di Julija Tymoshenko lo ha concesso alla compagnia statale Naftohaz. Una breve parentesi, poiché, già l’8 Dicembre 2009, la Corte Amministrativa di Kyiv lo ha restituito ad Ukrnaftoburinnja. Decisione ratificata dal governo Azarov, il 26 Marzo 2010.
Aspetti finanziari ancora da risolvere
Sebbene tra i due Presidenti vi sia l’accordo, a complicare la risoluzione del conflitto è l’aspetto economico. Per legge, il gas estratto in territorio ucraino deve essere utilizzato solo per i siti e le abitazioni ubicate in Ucraina.
Dunque, qualora il diritto di estrazione di oro blu fosse riassegnato alla Devon, essa sarebbe costretta a cedere e riacquistare il carburante da Naftohaz, per poterlo inviare in territorio polacco.
Un complicato iter burocratico e contrattuale, che potrebbe dilungare il superamento della crisi.
Matteo Cazzulani
UCRAINA: JULIJA TYMOSHENKO RESPINGE LE ACCUSE SUL GAS DELLA PROCURA GENERALE
La Leader dell’Opposizione Democratica e l’ex-Capo del colosso energetico nazionale confermano la regolarità dei patti per il gas russo del 2009. Iniziativa bipartisan per il rilascio dell’ex-Ministro degli Interni, Jurij Lucenko
Un interrogatorio di 8 ore. Tanto è durata la convocazione in Procura della Leader dell’Opposizione Democratica, Julija Tymoshenko, mercoledì, 20 Aprile.
Un’occasione per confermare ai giudici l’infondatezza delle accuse a lei mosse sulla questione del gas. Alla presenza dell’ex-Capo del colosso statale Naftohaz, Oleh Dubyna, l’anima della Rivoluzione Arancione ha dimostrato di aver agito su mandato del Consiglio dei Ministri, e ribadito la maggiore convenienza degli accordi da lei stretti con la Russia nel gennaio 2009, rispetto a quelli rivisti dall’attuale Presidente, Viktor Janukovych.
Il quale, nell’Aprile 2010, con gli Accordi di Kharkiv, in cambio di un risibile sconto sull’oro importato blu ha concesso il prolungamento della permanenza della Flotta Russa del Mar Nero in Crimea fino al 2042.
“Le autorità – ha dichiarato Julija Tymoshenko – vogliono smontare la nostra compagnia statale per favorire la svendita degli interessi ucraini. I procedimenti giudiziari aperti – ha continuato – mirano a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica, e ad addossare la colpa ad altri”.
Il 19 Gennaio 2009, allora Primo Ministro, Julija Tymoshenko ha siglato con il suo omonimo russo, Vladimir Putin, accordi per l’acquisto di gas a prezzi di mercato. Una decisione onerosa, ma necessaria per eliminare la clausola Prendi o Paga, che ha obbligato Kyiv all’acquisto di un tetto minimo di gas, a prescindere dal suo effettivo utilizzo. E, sopratutto, garantire agli ucraini un inverno finalmente al caldo, dopo anni di Guerre del Gas.
Per tali patti, sono stati incriminati dalla procura Generale sia Dubyna, che la Leader dell’Opposizione Democratica. L’accusa, negata dagli ex-titolari di dicastero, aver agito senza l’imprimatur dei colleghi Ministri. Inoltre, l’anima della Rivoluzione Arancione è processata per uso improprio dei fondi per il Protocollo di Kyoto alle uscite sociali, ed acquisto irregolare di ambulanze e vaccini.
Rea, per così dire, di aver provveduto al pagamento delle pensioni, ed al miglioramento della sanità, Julija Tymoshenko è stata confinata in Patria. Impossibilitata, per due volte, di recarsi a Bruxelles per il summit del partito Popolare Europeo, di cui è partner.
Deputati nazionali in difesa di Lucenko
Assieme a lei, simili provvedimenti hanno colpito una decina di esponenti di spicco dell’Opposizione Democratica. Tra essi, l’ex-Ministro degli Interni, Jurij Lucenko, detenuto in isolamento.
La sua liberazione è stata richiesta da 60 Parlamentari non solo del Blocco Tymoshenko-Bat’kivshchyna e Nasha Ukrajina-Narodna Samooborona – i gruppi dell’Opposizione Democratica – ma anche di Riforme per il Futuro, indipendenti, e del Partija Rehioniv – la forza politica, egemone nel Paese, a cui appartengono il Presidente, il Premier, Mykola Azarov, e quasi tutti i membri del Consiglio dei Ministri.
Matteo Cazzulani
ANCORA TENSIONE TRA LITUANIA E POLONIA
L’Ambasciatrice polacca a Vilna denuncia un clima di ostilità nei confronti della minoranza di Varsavia. Il governo lituano smentisce, ma si riapre la polemica. I precedenti delle dichiarazioni del Ministro degli Esteri, dei cognomi, e della rissa allo stadio.
Dopo cognomi, energia, terre, e pallone, anche le dichiarazioni dell’Ambasciatore. Nella giornata di martedì, 19 Aprile, la rappresentante diplomatica della Polonia in Lituania, Loreta Zakareviciene, ha lamentato una continua atmosfera di ostilità nei confronti della minoranza polacca.
Secca la smentita di Vilna, con il rappresentante del Primo Ministro lituano, Virgis Valentinavicius, che ha assicurato l’impegno dello Stato baltico nel mantenimento di buone relazioni con il vicino. E stigmatizzato ogni forma di avversità nei confronti della cospicua minoranza polacca, il 7% della popolazione.
Come riportato dall’autorevole Reuters, il diverbio è un macigno nelle relazioni tra due Paesi vicini. Uniti da comune storia e cultura, ma divisi da contenzioni del secolo passato, ancora irrisolti, malgrado la mediazione più volte offerta da Unione Europea e NATO.
Una crisi irrisolta
Tensioni che, nel solo ultimo anno e mezzo, si sono riacutizzate in diverse occasioni. Nel Novembre 2009, la diaspora polacca ha rivendicato il diritto di scrivere i propri cognomi con nessi consonantici e segni diacritici non esistenti nella grafia lituana.
Successivamente, i polacchi di Lituania hanno preteso più ore di insegnamento nella lingua di Kochanowski, e la restituzione di terre loro confiscate al termine della Seconda Guerra Mondiale.
Non di supporto, la posizione del Ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, che in diverse occasioni ha accusato la Lituania di ignorare le prerogative della minoranza polacca.
Più di recente, la tensione ha coinvolto anche l’ambito energetico, con la compagnia polacca PKN Orlen che ha accusato Vilna di intralciare l’apertura di nuove raffinerie di nafta sul suo territorio, minacciando il ritiro di quelle già installate.
Infine, l’ultimo incontro di calcio tra le rappresentative dei due Paesi, sulla carta amichevole, è stato il pretesto per violenti scontri tra le tifoserie. E nuove polemiche intergovernative.
Matteo Cazzulani
UCRAINA: L’OPPOSIZIONE DEMOCRATICA CONTRO GLI ACCORDI DI KHARKIV
Il Blocco Tymoshenko-Bat’kivshchyna richiede la cancellazione del contratto con cui il Presidente, Viktor Janukovych, ha garantito il prolungamento della permanenza dell’esercito russo sul suolo ucraino. Protesta la Maggioranza.
Il gas infiamma la politica ucraina. Nella giornata di lunedì, 18 Aprile, il Blocco Tymoshenko-Bat’kivshchyna ha registrato una mozione per la cancellazione degli Accordi di Kharkiv.
Una richiesta per il bene del Paese, come evidenziato dal Capogruppo della principale forza dell’Opposizione Democratica alla Rada, Ivan Kyrylenko, con cui si richiede l’annullamento di patti onerosi per l’acquisto di gas russo.
Pronta la risposta di Oleksandr Jefremov, suo pari ruolo del Partija Rehioniv – la forza politica, egemone nel Paese, a cui appartengono il Presidente, Viktor Janukovych, il Premier, Mykola Azarov, e quasi tutti i membri del Consiglio dei Ministri – che ha bollato come catastrofico l’annullamento del contratto.
Concorde lo Speaker del Parlamento, Volodymyr Lytvyn, che ha illustrato come esso possa essere cancellato solo previa approvazione di uno nuovo.
Contrario anche Aleksej Miller, Capo del monopolista russo, Gazprom, che ha definito l’accordo in essere come il più vantaggioso possibile per un Paese, l’Ucraina, che non appartiene all’Unione Doganale con Russia, Bielorussia, e Kazakhstan.
Gli Accordi di Kharkiv sono stati stretti il 27 Aprile 2010 dai Presidenti ucraino e russo, Viktor Janukovych, e Dmitrij Medvedev, per ribassare la bolletta del gas per Kyiv. Un risibile ritocco, pagato a caro prezzo sul piano politico, con la concessione del prolungamento della permanenza della Flotta Russa del Mar Nero in Crimea, fino al 2042.
La maggioranza ha giustificato tale passo con la necessità di rivedere il patto precedente, siglato, il 19 Gennaio 2009, tra i due Primi Ministri, Julija Tymoshenko e Vladimir Putin.
Con esso, l’Ucraina ha accettato di pagare l’oro blu di Mosca a prezzi di mercato. In cambio, ha ottenuto l’annullamento della clausola Prendi o Paga – che ha obbligato Kyiv a comprare una cospicua quantità di gas, a prescindere dal suo effettivo utilizzo. E, sopratutto, ha potuto trascorrere un inverno finalmente al caldo. Dopo anni di Guerre del Gas con la Russia.
L’ex-Capo di Stato dietro i contratti del 2009
Inoltre, come evidenziato sugli schermi di TVI dal Deputato Nazionale di Bat’kivshchyna, Serhij Vlasenko, le condizioni onerose sono state necessarie a causa dell’azione di disturbo della compagnia RosUkrEnergo.
Intermediario nella compravendita di gas russo, fortemente voluto dall’ex-Capo di Stato, Viktor Jushchenko, ma escluso da trattative precedenti a quelle del 2009.
Tuttavia, per tali accordi la Leader dell’Opposizione Democratica, l’ex-Primo Ministro, Julija Tymoshenko, è stata accusata dalla Procura Generale, che sta indagando per Abuso d’Ufficio.
Matteo Cazzulani
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